LA STORIA E IL PACIFISMO

Del resto, per comprendere l’assurdità dell’idea stessa di pacifismo, basta rifarsi alla figura del celebre teologo tedesco Bonhoeffer. Questi era un ammiratore di Gandhi e della sua idea di nonviolenza. Ma quando Hitler cominciò a seminare il terrore cambiò radicalmente posizione, al punto da partecipare all’attentato fallito contro il Führer e subire la conseguente impiccagione. Il ragionamento di Bonhoeffer non faceva una piega: portare avanti il pacifismo di fronte a un nemico violento e sanguinario significa aderire a una posizione idealistica e irresponsabile, che paradossalmente lascia campo libero al violento e quindi fa gli interessi della violenza stessa.

Infine, vi sono coloro che sostengono l’impossibilità per Nato e Usa di innalzarsi a paladini del bene. Peccato che la Storia e la politica non sono comprensibili attraverso le categorie del bene e del male assoluti. Anche la Francia e l’Inghilterra di prima della Seconda guerra mondiale non rappresentavano certo il bene assoluto di fronte al nazismo, avendo colonizzato e sterminato etnie di mezzo mondo in nome dell’imperialismo e dell’esportazione della civiltà. Stessa cosa è valsa per gli Usa e per la sua missione imperiale in nome di un “destino manifesto”. Ciò è tanto vero che lo stesso Gandhi – in pieno secondo conflitto mondiale in corso – arrivò a dire che per lui Occidente e nazifascismo erano indifferenti, in quanto entrambi paladini di violenza e imperialismo.

Quanto ci si è pentiti di non aver fermato Hitler finché si era in tempo? Quanto potremmo pentirci di non averlo fatto con Putin?

[ripreso dal blog di Fatto quotidiano, titolo originario: Ucraina, l’uomo non impara mai dalla Storia: forse vale anche per i pacifisti di oggi]

Un commento su “LA STORIA E IL PACIFISMO”

  1. Corsi e ricorsi storici direbbe Vico. Ma siam proprio sicuri che sia corretto interpretare la guerra russo/ucraina con il metro di giudizio del 1940? Allora non esistevano potenze nucleari, oggi si. E siamo anche certi che la persecuzione dei russofili del Donbass sia assimilabile al pretesti addotti da Hitler per invadere la Cecoslovacchia? Domande cui si possono legittimamente dare risposte diverse senza per questo che gli uni (chi sostiene l’invio di armi agli ucraini) vengano tacciati di essere servi degli Usa e gli altri (i “pacifisti”) di essere “putiniani”. Si puo’ discuterne. Anche questa è politica. Per quanto riguarda il mio pensiero mi piace ricordare il motto “soldato che fugge combatte ancora”. Che, data la disparità di forze in campo, apprezzo oggi più di ieri.

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