UN NO AL REFERENDUM ATAC DI ROMA

di andrea costa

L’11 novembre i cittadini romani si pronunceranno, con voto consultivo, sul Referendum radicale di mettere a gara tutti i servizi di trasporto pubblico di linea e non di linea Essa viene presentata come l’alternativa in grado di modificare una situazione collassata poiché, si argomenta, Il problema ha origine nella condizione di monopolio in cui viene svolto il servizio, mentre la concorrenza determinerebbe migliori prestazioni e migliori indirizzi e controlli da parte del Comune.  Ma è proprio così?

Atac è indifendibile per la disinvolta gestione che la caratterizza da molti decenni, con produzioni di debito, invecchiamento delle vetture e delle infrastrutture, obsolescenza tecnologica, incapacità gravi nell’organizzazione del personale. Una “mala gestione” costellata da fenomeni di corruzione, prodotta da una elefantiaca dirigenza frutto del clientelismo partitico. È lampante la corresponsabilità di questa dirigenza e del Comune, unico azionista di Atac, nella crisi di Atac.

RESPONSABILITA’ DEL COMUNE. Il quale è colpevole non solo per come vertici inadeguati gestiscono l’azienda, ma ancor più perché le politiche comunali di governo della città e della mobilità presentano un deficit strutturale impressionante in termini di regolazione della mobilità privata, intermobilità, tutela dell’ambiente e del paesaggio, investimenti, tecnologie, finanziamenti. Sintomaticamente non c’è alcuna iniziativa del Comune, e della Regione, che esamini l’evoluzione delle forme di mobilità, per governarle, ed è occasionale pure l’attenzione a quegli interventi minori e fattibili che potrebbero alleviare le condizioni disastrose di viaggio. L’assenza di direttive e controlli del Comune, e della Regione, i mancati finanziamenti comunali, regionali e statali sono le cause dell’indebitamento dell’azienda e del caos della mobilità.

PRIVATO E PUBBLICO. I cittadini romani possono  guardare alle periferie dove il Comune ha affidato il 20% circa del servizio ad un Consorzio di imprese private (TPL). Lì la situazione è ancora più grave che nella parte di città servita da Atac. E il confronto con altre capitali europee chiarisce che le società pubbliche che ne gestiscono i servizi, oltre ad essere ben amministrate hanno come programmatori Enti pubblici capaci di governare i complessi problemi del settore. Laddove i fallimenti della privatizzazione si sono resi irrimediabili si è determinato un avvio di rinazionalizzazione come nelle ferrovie inglesi. In un contesto concorrenziale è difficile imporre standard normativi a tutela dell’utenza, dei lavoratori, dell’ambiente non più garantiti dall’intervento pubblico. Ma c’è una ulteriore notazione: l’Atac è una società per azioni, ovvero un’impresa in cui la proprietà interamente pubblica non ne modifica lo scopo di lucro (nel nostro caso con effetti disastrosi).  Prevalgono così sugli obiettivi sociali le valutazioni economiche ed è per questo che i problemi Atac li ha finora affrontati al modo delle aziende private: con i tagli di linee e fermate, la precarizzazione del lavoro, il dumping sociale, l’appalto di proprie funzioni primarie a ditte esterne all’azienda, il silenzio sulle osservazioni e proposte degli utenti.

LO STATUS QUO DELLA LIBERALIZZAZIONE. Tutti questi aspetti sostanziali i Radicali li liquidano sostenendo che, in caso di gara, la programmazione “resta” al Comune. Mai parola fu più ingannevole! Resta qualcosa che non c’è ed è concausa del disastro! Questo occultamento testimonia che le cose con il sì “resteranno” come sono oggi, non potendo i punti critici della mobilità – che condizionano Atac – neppure essere sfiorati da aziende private. Lo può fare solo un Ente pubblico di governo, come è in tutte le altre capitali europee. Se non si prende di petto questo punto fondamentale la concorrenza resta del tutto marginale,  ininfluente con alte probabilità, semmai, di aggravare la situazione con ulteriori tagli di corse, incessante degrado delle vetture e delle infrastrutture, sicuro aumento delle tariffe.

L’ALTERNATIVA allo status quo del concordato preventivo e della liberalizzazione referendaria è l’avvio di un processo di drastico cambiamento del “piano industriale” di Atac, e delle politiche della mobilità, nonché la ricostruzione della capacità effettiva del Comune di governarlo mediante una nuova organizzazione del servizio in una dimensione di effettiva e non formale partecipazione decidente. Ciò condensa un programma di autentica rinascita del servizio pubblico che oggi non c’è.

Trasformazione di Atac S.p.A. in Azienda Speciale, ovvero, secondo la legge, un ente strumentale del Comune senza scopo di lucro. Vi possono essere diverse varianti che sarà necessario approfondire per individuare quella migliore. Un altro tipo di trasformazione potrebbe però essere la riassunzione del servizio all’interno delle strutture amministrative del Comune. Le ipotesi qui suggerite sono contemplate nell’ordinamento giuridico italiano e non contestate dall’ Europa e sarà compito del dibattito pubblico indicare la strada giusta, per l’alternativa migliore.

VOTARE NO. Porre rimedio alla degenerazione di un’azienda pubblica, ripristinando un servizio efficace ed efficiente per la cittadinanza comporta la ricerca di vie concrete e non la somministrazione di ricette già confezionate o di miraggi. Quello che è certo è che in caso di vittoria del sì, il problema uscirà definitivamente dal campo visuale dei cittadini romani e dei loro rappresentanti. Per essere gestito da altri. Ragione ad un tempo necessaria e sufficiente per VOTARE NO.

 

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