Archivi categoria: astrolabio
Le colpe dell’architettura
marco cianca
Urla. Gemiti. Colpi sulle bare, macabri tamburi per evocare i defunti e ammonire i vivi. Dolore e rabbia si fondono sempre quando le istituzioni, in tutte le sfaccettature, vengono ritenute responsabili di tragedie annunciate. Accade durante ogni funerale, è avvenuto a Scampia per le vittime delle Vele. Tre morti e 14 feriti, tra cui 7 bambini, a causa del cedimento di un ballatoio, lo scorso 22 luglio. Degrado, omissioni, errori, ritardi, mancati restauri, menefreghismo. La procura ipotizza il reato di omicidio colposo. Ma l’Avvenire va oltre le polemiche contingenti. Scrive Elena Granata, in un editoriale del quotidiano cattolico: “Il peccato è originale, e sta tutto in quella convinzione paternalista che pensava di intervenire sul bisogno di casa e sulle povertà, concentrando i propri sforzi intorno alla quantità e non alla qualità delle risposte. È quell’utopia urbanistica che ha realizzato, per conto dello Stato, tra gli altri, lo Zen a Palermo, il Satellite a Pioltello, il Pilastro a Bologna, per citare solo alcuni esempi. Utopia che viene ancora celebrata come un tempo glorioso in cui la meglio gioventù di architetti intellettuali era affascinata da quel monumento intoccabile all’architettura socialista che è l’Unités d’habitation di Le Corbusier”. Continua la lettura di Le colpe dell’architettura
Il problema Conte
di angelo perrone
Giuseppe Conte, ex Presidente del Consiglio e attuale leader del Movimento 5 Stelle, cerca di posizionarsi, in una congiuntura difficile, come leader politico capace di attrarre voti, consensi ed elettori. L’obiettivo è tornare al potere, chissà come, in una fase saldamente nelle mani della destra. Di sicuro, ad ogni costo, anche con chiunque, come in passato.
Fronteggia all’interno il suo ex mentore e quasi omonimo Giuseppe Grillo in una contesa impari (a suo favore: il richiamo del potere contro il fallimento del passato), gestisce le anime in pena del mondo grillino combattute tra la necessità di sopravvivere e i richiami movimentisti di un tempo.
Mantiene un atteggiamento ambivalente con il Partito democratico per consolidare il suo controllo sul M5S e aumentare l’influenza politica. Tesse una tela complicata con gli interlocutori, fatta di avvicinamenti e critiche, concordia e improvvise virate. E guarda anche oltre. Ci sono strette di mano, bicchierate di birra davanti ai fotografi. Poi sdegnate prese di distanza, altezzose interviste per rimarcare diversità e contrapposizioni ideali, che è bizzarro rivendicare. Continua la lettura di Il problema Conte
Ecologismo e materialismo due alleati nella diversità
di riccardo mastrorillo
Il successo della lista Alleanza Verdi e Sinistra alle ultime elezioni europee si basa su vari fattori. Dobbiamo sgombrare il campo intanto dall’equivoco in cui molti cadono, cioè considerare i voti di preferenza dati ai “personaggi” candidati come voto estraneo, se non addirittura capziosamente conquistato. Se è pur vero che molti, anche elettori di formazioni politiche minori di estrema sinistra, hanno votato AVS per sostenere Lucano e Salis, come numerosi elettori del Pd hanno votato AVS per sostenere Marino e Orlando, in tutti e quattro i casi le organizzazioni di partito, sia Europa Verde che Sinistra italiana, hanno lavorato, in quelle circoscrizioni, dando indicazioni decise per votare quei nomi. Al massimo potremmo considerare in circa 300.000 i voti, non ripetibili, dati ad AVS, solo per sostenere uno dei 4 personaggi. Il confronto con i numeri dei candidati strettamente di partito ci può suggerire un valido aiuto, per il confronto. Continua la lettura di Ecologismo e materialismo due alleati nella diversità
la magnani e la meloni
-La Magnani de noantre? Giorgia Meloni tra tautologie e fraintendimenti
di francesca palazzi arduini
Esce su Il Foglio il 31 agosto una intervista di Francesco Gottardi alla femminista storica Alessandra Bocchetti. Segue uno tsunami di pianti e indignazioni, seguito poi da altre emotive dichiarazioni di apprezzamento della figura di Meloni di tenore meno analitico, con rimpiattini tra influencer. Emblematico e distopico, nei giorni successivi, il rimprovero di Selvaggia Lucarelli, influencer appunto, a Cathy La Torre, attivista Lgbtq e influencer, per essersi azzardata a dare giudizi politici, cosa che a suo dire le influencer non sono accreditate a fare. Il crogiolo che parla alla padella.
I pilastri della società
di Marco Cianca
Vili, indifferenti, furbi, prudenti, cinici, scettici, rabbiosi, prepotenti, egoisti, cattivi, invidiosi, brutali, spietati, ignavi. Sono tante le sfumature dell’umana negatività. E vengono tutte in mente, spinte dall’orrore per la morte di Satnam Singh, buttato davanti casa dal padrone. Come un sacco dell’immondizia, lì, dissanguato, con accanto il braccio. Un fantoccio rotto, uno schiavo senza tempo. Succedeva migliaia di anni fa, succede oggi.
Perché meravigliarsi o indignarsi? Ipocrisia allo stato puro. Quando compriamo i pomodori al supermercato, magari cercando i prodotti in offerta, è ben chiaro che più il prezzo risulta basso, maggiore è il peso dello sfruttamento. Non fa una grinza. Risparmio per il consumatore, profitti comunque assicurati ai produttori, morte nei campi. In genere, prevale la dissociazione cognitiva, una sorta di rifiuto del problema. Come pagare in nero l’idraulico o il meccanico per non sobbarcarsi l’Iva, oppure acquistare ad un mercatino merce dalla dubbia provenienza.
Una strada per Berlusconi?
di vittorio coletti
Si possono capire quelli di Portofino. Desiderano intitolare le loro strade ai paperoni del mondo, in segno di gratitudine per il contributo che hanno dato alla crescita del valore immobiliare delle loro case. Basta che siano morti da almeno dieci anni e possono offrigli il nome di un caruggio, memori delle loro palanche. Ma ha fatto male il prefetto di Genova a concedere loro di intitolare una strada a Silvio Berlusconi, morto troppo fresco per salire agli onori toponomastici, visto che la legge non consente titolazioni di vie e luoghi pubblici a chi non è morto da almeno dieci anni, salvo deroga del prefetto ”per casi eccezionali, quando si tratti di persone che abbiano benemeritato della nazione” (legge 1188 del 1927). E qui sta il punto. Berlusconi ha “ben meritato della nazione” (non, si badi, di Portofino)? Alcuni milioni di italiani, che sono sicuro di rappresentare, ne dubitano e sono inclini a pensare che il Defunto abbia fatto più male che bene al nostro Paese, specie se si considera il bene che poteva fargli e che invece non gli ha fatto. Questi italiani hanno disapprovato le sue scelte politiche, hanno detestato il suo stile, lo sdoganamento della destra fascistoide, il fastidio per quella davvero liberale, l’abbassamento brutale del linguaggio politico.
QUEL RAMO DI COMO IN MANO ALLA MAFIA E ALLA BUROCRAZIA
di tebaldo di navarra
La notizia che Clooney vende la sua villa a Laglio sul Lago di Como potrebbe essere confinata nel pettegolezzo dei rotocalchi. Invece, per gli oriundi e soprattutto per gli stranieri che hanno la seconda casa in Italia, è una cosa seria. Burocrazia e fisco non solo sono esosi ma non sempre chiari fino ad arrivare al paradosso di Roberto Benigni e Massimo Troisi che alla fine della scena mandano la parolaccia liberatoria al gabelliere. L’Italia dovrebbe avere – da Paese della Unione europea – un livello di civiltà nelle relazioni umane in generale dando servizi pubblici e chiedendo una equa contropartita agli utenti. Invece non è così. La previdenza e il servizio sanitario pubblico sono a dei livelli così bassi che il contribuente dovrebbe chiedere molti soldi indietro delle tasse pagate. George Clooney è un noto attore che ha valorizzato il turismo nell’area del Lago di Como dove l’ambiente e la bellezza creano una cornice di sogno. Eppure non c’è corrispondenza tra il bello della natura e il brutto della cosa pubblica a prescindere dai colori politici che si alternano nelle amministrazioni locali e al governo.
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LO CHEF GIUDIZIARIO PROPORRÀ UN MENÙ SCRITTO DA ALTRI
di maurizio fumo
Bisogna riconosce a Nordio Carlo (ministro) almeno un pregio: dice quel che pensa (anche se, non sempre, pensa alle conseguenze di quel che dice). La concezione del PM quale “monopolista” dell’azione penale, non è un lapsus; è, viceversa, una significativa indicazione di come il Nostro vorrebbe ricostruire i meccanismi processuali, partendo – ovviamente – dalla separazione delle carriere. Di tale separazione, in realtà, non vi è alcuna necessità, posto che, attualmente, chi vuole fare “il salto” dalla Requirente alla Giudicante (più raro è il caso contrario) deve cambiare distretto di Corte d’appello. E, se nella regione nella quale ha esercitato la precedente funzione, vi sono più distretti (es. Lombardia, Campania, Sicilia), deve comunque andare in un distretto di una regione diversa. Non basta: può fare ciò solo quattro volte nel corso della sua carriera (quattro regioni!), dopo essere stato almeno cinque anni in ciascuna funzione (5 x 4 = 20); inoltre deve essere selezionato in base a una “procedura concorsuale, previa partecipazione ad un corso di qualificazione professionale, e subordinatamente, ad un giudizio di idoneità allo svolgimento delle diverse funzioni, espresso dal Consiglio superiore della magistratura, previo parere del Consiglio Giudiziario” Così prescrive l’art. 13, comma 3, del Decreto legislativo 160/2006 (Nuova disciplina dell’accesso in magistratura, nonché’ in materia di progressione economica e di funzioni dei magistrati, a norma dell’articolo 1, comma 1, lettera a), della legge 25 luglio 2005, n. 150).
Tanto per la precisione!
Non stupisce quindi che tali “passaggi” siano – ormai da anni – statisticamente insignificanti.
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IL MONOPOLIO DELLA GIUSTIZIA
di maurizio fumo
- A) “Il giudice, quando non accoglie la richiesta di archiviazione, dispone con ordinanza che, entro 10 giorni, il pubblico ministero formuli l’imputazione: entro due giorni dalla formulazione della imputazione, il giudice fissa, con decreto, l’udienza preliminare”.
- B) “Il P.M. è il monopolista dell’azione penale e quindi razionalmente non può essere smentito da un giudice sulla base di elementi cui l’accusatore stesso non crede”.
La prima frase (A) riproduce il quinto comma dell’art. 409 del codice di procedura penale (tutt’ora in vigore, non inventato dal GIP di Roma); la seconda (B) proviene da “fonti” del Ministero della Giustizia, palazzo nel quale (solo ora, evidentemente) si sono accorti che questo controllo del giudice sul P.M. (“monopolista”) non va bene.
Cospito e la banalità del male
di angelo perrone
Tra gli effetti collaterali della vicenda di Alfredo Cospito, autore di una protesta estrema contro il regime di carcere duro, c’è anche la rinascita della galassia anarchica. Un evento inaspettato rivelatosi grave. La vicenda del detenuto ha fatto riemergere, in certi ambienti, passioni sopite, pulsioni eversive, eccitazioni protestatarie. Ne sono derivati scontri, manifestazioni violente, danneggiamenti.
Poi questa storia ha sollecitato infinite discussioni su temi cruciali: funzione della pena e trattamento dei detenuti, moralità e disinteresse dei gesti pubblici, valutazione dei ricatti contro lo Stato. E ancora altro. Il caso, di difficile decifrazione, non deve essere semplificato. È stato sicuramente affrontato in ritardo e in maniera inadeguata. Tuttora mancano idee, oltre che soluzioni.
IL LIMBO DELLA POLITICA
di marco cianca
«Per la prima volta non sono andato a votare. Ma quello che mi sgomenta di più è che non mi importa niente, nemmeno dei risultati». A parlare così è un convinto cultore della democrazia, talmente attaccato ai suoi valori fondanti che la notte prima del referendum voluto da Matteo Renzi dormì con il testo della Costituzione sotto il cuscino paventando insani stravolgimenti. Adesso constata con tristezza, quasi sorpreso, di essere anch’egli caduto nel gran calderone dell’astensionismo. Il limbo della politica.
«Or discendiamo qua giù nel cieco mondo». Non c’è impeto, non c’è calore, solo sospiri «ne l’aura che trema». Ecco, tutto si può dire delle elezioni nel Lazio e in Lombardia, sulle quali gli analisti già si stanno sbizzarrendo, tranne che ci sia passione, intesa non come sofferenza (questa, almeno a sinistra, abbonda), ma nel significato di tensione emotiva. Tali non possono certo essere definiti il livore e il senso di rivalsa che trasudano a destra.
Effetto Fedez &C: sinistra asfaltata, titola “Il Giornale”. Canta la destra”, fa eco “Libero”, precisando nel sommario «La sinistra s’aggrappa a Fedez, Egonu e Zan e finisce asfaltata. Doppia sberla». «La sinistra vince solo a Sanremo», gongola “La Verità”. «C’è solo il centrodestra», esulta “Il Tempo”, aggiungendo: «A pochi giorni dalle primarie altra batosta per i Democratici». «Se la sono presa in quel posto», chiosa in strada una verace sorella d’Italia.