di alessandro giacomini
In occasione dell’inizio del nuovo pontificato, con data 28 maggio, in tutte le scuole pubbliche vi sarà l’obbligo di esporre la bandiera, la circolare è del commissariato del governo per tutte le scuole di ogni ordine e grado.
Un gesto che, forse in buona fede, vuole rendere omaggio a una figura religiosa importante per molti.
Ma è proprio nelle buone intenzioni che, spesso, si nasconde il cedimento della laicità.
Le scuole pubbliche sono e devono restare luoghi laici e inclusivi, spazi dove ogni alunno, indipendentemente dal proprio credo religioso o dall’assenza di esso, si senta rappresentato e rispettato.
Esporre un simbolo ad omaggiare una confessione religiosa, per quanto radicata nella storia del Paese, non è un atto neutro.
È un messaggio.
E il messaggio che trasmette è:
“Questa religione è più importante delle altre”.
In un’Italia che è per Costituzione uno Stato laico (art. 7 e art. 8), e in una scuola che dovrebbe educare al rispetto del pluralismo, queste scelte sono sbagliate e anacronistiche.
Il rispetto per il papa e per i credenti cattolici si può esprimere a livello personale, non con atti ufficiali di istituzioni pubbliche.
La laicità non è ostilità verso la religione.
È garanzia di libertà per tutti.
È tutela, anche per i cattolici, da qualunque ingerenza dello Stato nella sfera spirituale.
Ma è soprattutto la condizione perché nessuno, in una scuola pubblica, si senta “fuori posto”.
E allora, ci chiediamo: ma la laicità, che fine ha fatto?
Perché, se proprio vogliamo essere equi, allora diamoci da fare.
Una bandiera nuova per ogni nuova guida spirituale.
Quando nasce un nuovo Dalai Lama: issiamo il vessillo tibetano.
Quando viene nominato un nuovo Patriarca ortodosso: striscioni a tema.
Quando c’è l’equinozio d’autunno: simboli pagani per tutti.
E ovviamente, festa grande per il compleanno di Darwin.
Altrimenti, la smettiamo con le ipocrisie.
La scuola pubblica è di tutti, e non può permettersi scivolate simboliche di questo tipo.
Se vogliamo davvero educare al rispetto e alla convivenza, partiamo dal rispetto delle regole: niente simboli religiosi nelle istituzioni pubbliche.
Perché no, non basta dire “è la nostra tradizione”. Anche certe abitudini, a un certo punto, si superano:
come, ad esempio, i banchi di legno e il pennino nel calamaio.