STATI GENERALI DEL LIBERALISMO 2023 – Archivio liberale sul Divorzio in Italia

FONDAZIONE CRITICA LIBERALE

Archivio liberale sul Divorzio in Italia
ILLUSTRAZIONE DEL PROGETTO E NOTIZIE
SULLA CONSISTENZA DEL FONDO ARCHIVISTICO
Franco Caramazza (Vice Presidente Fondazione Critica liberale)

A maggio del prossimo anno saranno i 50 anni del Referendum sul Divorzio. Per il significato che ha avuto per il Paese, e per noi liberali, noi di Critica non faremo passare questo anniversario sotto silenzio. Intanto cominciamo oggi ad istituire l’Archivio Liberale per il Divorzio, che ha sede in Via delle Carrozze.

Va subito detto che l’iniziativa dell’Archivio prende corpo grazie alla generosità di Beatrice Rangoni che ha messo a disposizione, e affidato alla cura della Fondazione Critica Liberale, le carte del Comitato liberale per il Divorzio che si formò attorno all’iniziativa di Antonio Baslini. Archivio ricco di carte utili a ricostruire quella vicenda così decisiva per la maturazione dei diritti civili nel nostro Paese.

Ma, insieme alla gratitudine nei confronti di Beatrice per la sua generosa disponibilità, va sottolineata, in premessa, un’altra circostanza: le carte sono già tutte ben ordinate. Per noi si tratta solo di inventariarle, catalogarle e studiarle. E questo ordine che troviamo nelle carte dà ragione di un metodo sistematico di lavoro politico, esemplare, che ha sempre contraddistinto la lunga e significativa militanza politica di Beatrice, non solo sul Divorzio ma anche su altre battaglie liberali di grande rilievo.

Due parole sul divorzio.

La Legge a firma di Antonio Baslini e Loris Fortuna è del dicembre 1970. Si trattò innanzitutto di una legge di iniziativa parlamentare, cosa sempre più rara per un parlamento espropriato troppo spesso dal Governo. Si trattò di una legge liberale e socialista, figlia di un centro-sinistra “di popolo”, una legge liberal socialista – non so se con il trattino o senza – cui hanno concorso tutte le forze democratiche, laiche e radicali. Gli apparati di partito non furono contenti di tale iniziativa e tentarono un compromesso pasticciato tipo Art. 7, ma le carte d’archivio ci diranno di più su questi aspetti.

Non è che prima non esistesse il Divorzio.

Vi erano due modalità: Divorzio all’italiana, per motivi d’onore. Come ci ha spiegato in modo insuperabile Pietro Germi, bastava procurare un amante a tua moglie e farsi cogliere in un momento d’ira per gelosia mentre maneggiavi una pistola trovata lì per caso e il divorzio era cosa fatta. Un po’ cruento come metodo ma efficace. E, d’altra parte, si sposava bene con la concezione tribale per cui la donna è proprietà dell’uomo. Concezione, come ci dicono purtroppo le cronache, dura a morire ma, ahimè, come dice una mia amica quando ragioniamo su questi fatti, “in fondo gli uomini so’ primitivi”.

Il secondo metodo era la Sacra Rota. Più pulito, senza spargimenti di sangue, ma bisognava avere una buona dose di ipocrisia e soprattutto bisognava avere il privilegio di conoscere un Monsignore.

Avvenne dunque che i liberali, da un lato avendo in uggia le superstizioni e i comportamenti tribali e dall’altro essendo testardamente convinti che i diritti devono essere di tutti altrimenti non sono tali ma sono appunto privilegi, si decisero a battersi per il Divorzio.

1974, 50 anni fa si tiene il primo referendum nella storia della Repubblica (dopo quello Istituzionale), una grande prova di democrazia, un confronto acceso ma civile. Dopo il voto delle donne nel ’46 (prima alle amministrative e poi al Referendum e all’Assemblea Costituente), segnò il secondo allargamento della democrazia partecipata (anche se a nostro giudizio, qualche esagerazione negli anni successivi ci fu, si passò dai referendum monotematici ai referendum omnibus, come è d’uso per gli emendamenti alla Legge di stabilità, in unico articolo e 127 commi e passa, si scrive maxiemendamento ma si legge abuso di potestà legislativa e, nel nostro caso, abuso di referendum). Comunque, per un liberale se il popolo va alle urne non c’è che da gioirne.

Il Referendum passò con il 60% dei voti e testimoniò la avvenuta secolarizzazione della società italiana. Qualcuno sostiene che il Divorzio fu figlio dell’esplosione della civiltà dei consumi, che si andava affermando grazie al miracolo italiano degli anni ’60. È una tesi affascinante, e anche utile perché ci consente, in via definitiva, di emendare dalle loro colpe per aver introdotto il Divorzio Antonio Baslini e Loris Fortuna e di attribuire finalmente tutta l’intera colpa del Divorzio all’Ing. Dante Giacosa, il brillante progettista della FIAT 600.

Ma di tutto ciò avremo modo di parlare in modo più documentato quando fra qualche tempo – breve – saranno a disposizione dei ricercatori le carte d’Archivio che sono conservate in Via delle Carrozze e che sono ordinate a cura di Mirella Longo.

Ad una prima ricognizione, si tratta di 6 faldoni articolati in fascicoli e contenenti corrispondenza fra esponenti politici impegnati sul Divorzio, trascrizioni di dibattiti, opuscoli, foto e materiale propagandistico. A questi si aggiungono 36 faldoni con un totale di 1.598 fascicoli con circa 45 mila ritagli stampa sul Divorzio, che abbracciano il periodo 1966 – 1976.  Nell’Archivio Liberale per il Divorzio sono conservate, inoltre, le trascrizioni di tutte le Tribune politiche dedicate al tema e 7 volumi rilegati di ritagli stampa sul Referendum sul Divorzio.

Si tratta di una quantità notevole di materiale destinato ad arricchirsi, in quanto altri Fondi archivistici sull’attività politica che ha visto protagonista Beatrice Rangoni sono stati messi ugualmente a disposizione della Fondazione Critica Liberale. E siamo certi che anche questi fondi, su cui stiamo lavorando – e da altri sullo stesso tema che eventualmente amici liberali che hanno vissuto quei tempi volessero riversare nell’Archivio Liberale per il Divorzio – getteranno luce significativa sul più generale contesto politico e ideale di quegli anni di lotte su temi liberali in cui si rese concreta, e arrivò al successo, l’iniziativa del Divorzio.

Con l’auspicio che, studiando quelle carte, possa rigenerarsi quello spirito e quell’impegno comune di forze democratiche che consentì al nostro Paese, in un confronto libero e aperto, di compiere un passo decisivo nel cammino di una maturazione civile.

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