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LA DIGNITA’ TRA “IL PELO NELL’UOVO” E “ALL’ACQUA DI ROSE”

I politici si accapigliano sulle “porte girevoli” dei magistrati che passano dall’amministrazione della giustizia alla politica per poi tornare alla giustizia pur avendo perduto ogni credito di terziarietà. Nel frattempo, senza alcuna dignità il neo presidente della Corte costituzionale, Giuliano Amato, mostra chiaramente di voler usare il suo ruolo per rifarsi una “posizione” politica per quando fra otto mesi scadrà il suo compito a Palazzo della Consulta. Già era stato criticato l’intervento sguaiato dello stesso giorno della sua elezione (ricordiamolo: per anzianità, e per una prassi discutibile), dove – senza che alcuno glielo chiedesse -aveva voluto regalare agli italiani il suo pensiero a favore del semipresidenzialismo. Amato ha superato le opportunità delle “porte girevoli”, intende stare sulla porta e contemporaneamente “fare politica” e giudicare la legittimità costituzionale delle leggi e degli atti, aventi forza di legge ecc..

In questo paese senza dignità non ha fatto tanto scandalo che colui che dovrebbe essere il garante e massimo custode della Costituzione avesse colto la prima occasione per esprimere il suo “pensiero politico” su come stravolgere le istituzioni. Facendo finta di dimenticare che la revisione della Carta costituzionale e dell’assetto istituzionale è compito della politica e non della più alta magistratura, la quale deve solo accertare che le leggi siano osservanti o no della Costituzione. Ovviamente aveva torto chi pensò che fosse un incidente e che dietro non ci fosse una strategia, in un paese senza dignità dove sono davvero troppi coloro che senza dignità approfittano della posizione raggiunta per accrescere il potere personale senza minimamente preoccuparsi di come questo comportamento mini alla radice le istituzioni. D’altronde non saremmo arrivati a questo punto se da anni in troppi non si dedicassero impunemente alla distruzione del paese. Alla vigilia della decisione sulla costituzionalità di quesiti referendari, l’ineffabile Amato – prima ai suoi tecnici poi addirittura mettendolo per iscritto sul sito dalla Consulta – ha di nuovo esternato e anticipato la decisione: “I referendum sono una cosa molto seria e perciò bisogna evitare di cercare ad ogni costo il pelo nell’uovo per buttarli nel cestino”. E noi, ingenui, che pensavamo che i giudizi della Corte costituzionale fossero sempre frutto di un serio studio giuridico e non “all’acqua di rose” secondo gl’interessi politici (presenti e soprattutto futuri) dei propri Presidenti. Eravamo anche convinti che i giudizi passati mai fossero stati deviati dalla volontà di “buttare nel cestino” ciò che era legittimo, come invece adombra Amato…. Picconando la Corte.

Alcuni giornali hanno trovato l’ultima “uscita” politica di Amato “irrituale o “a gamba tesa”, quindi qualche minima reazione c’è stata; invece è davvero preoccupante che gli altri 14 giudici che compongono la Corte non siano andati dal loro Presidente per leggergli l’art. 134 e seguenti della Costituzione che indica con precisione i compiti e i limiti del loro organismo, non a caso inserito nel Titolo VI – “Garanzie costituzionali”. Per poi avvertirlo che, se egli intende continuare a pervertire il ruolo della Corte con dichiarazioni o ammiccamenti politici, sono davvero ben lieti di accogliere le sue dimissioni. Perché essi hanno una dignità da difendere. E, con la loro, la dignità (quella evocata recentemente da qualcuno) dell’Istituzione a cui sono stati chiamati.

 

LA CORTE COSTITUZIONALE SMANTELLA IL DECRETO SICUREZZA DI SALVINI

Immigrazione, la Corte Costituzionale oggi  boccia (in parte) il decreto sicurezza di Salvini – primo governo Conte.
Doveva cambiarlo il Conte bis, rimasto immobile nel gioco a chi difende meglio i “sacri confini”. Un nuovo schiaffo all’amletico Conte che continua a galleggiare   nel vuoto e alle prediche ipocrite del pd.
Precludere l’iscrizione anagrafica degli stranieri richiedenti asilo, come previsto dal Decreto Sicurezza, è «incostituzionale» secondo la Consulta perché viola l’articolo 3 per cui «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge». La Corte Costituzionale smonta così uno dei pilastri del primo provvedimento bandiera del governo a trazione Lega-M5s fortemente voluto (insieme alla sua successiva riedizione, il decreto Sicurezza Bis) dal leader della Lega e allora ministro dell’Interno Matteo Salvini e dal governo Conte primo.
Una  norma particolarmente odiosa e iniqua che sottraeva alla persona identità, dignità, diritti all’assistenza sanitaria e all’inserimento programmato.
Dopo l’udienza pubblica svolta ieri, oggi la Consulta ha esaminato in camera di consiglio le questioni di legittimità costituzionale sollevate da tre tribunali: Milano, Ancona e Salerno. «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali», recita l’articolo 3.
La norma ritenuta incostituzionale è contenuta nel decreto sicurezza voluto nel 2018 dall’allora titolare del Viminale e dal governo Conte uno: l’articolo 13 del Decreto-Legge D.L. 4 ottobre 2018, convertito con modificazioni dalla L. 1 dicembre 2018, n. 132) e poi ribadita con una circolare inviata a Prefetti e a Sindaci da parte del Viminale vietava di fatto la concessione della residenza anagrafica ai richiedenti asilo.
Da quel momento molte amministrazioni – sottolineano associazioni come per esempio Avvocati di Strada – hanno cominciato a rigettare le domande di residenza dei richiedenti asilo: condizione necessaria per la procedura è infatti l’indicazione di un indirizzo di residenza in Italia. Da allora i dinieghi sono stati impugnati in molte parti d’Italia. E nella stragrande maggioranza dei casi, dicono ancora i legali, i ricorsi sono stati accolti.
Ora la Corte rende giustizia mentre il governo se c’era dormiva o ammiccava

La demolizione delle istituzioni

c’era un folle che, per paura di essere defenestrato dal terzo piano, decise di demolire l’intero palazzo…

di riccardo mastrorillo

Avevamo salutato la nascita del governo Conte 2, come reazione democratica a chi chiedeva i “pieni poteri”. Il rischio di una deriva populista, illiberale e indemocratica, ci apparse lo scorso agosto più evidente, per la salute pubblica, dell’aumento dell’Iva o del paventato “esercizio provvisorio”. Continua la lettura di La demolizione delle istituzioni