LA “NEOLINGUA” AL TEMPO DEL GOVERNO PENTALEGHISTA

di enzo palumbo

Nel vocabolario della lingua italiana, edito dalla premiata casa editrice “Rousseau”, fornitrice della Real Casa di S. M. Casaleggio II°, alla lettera C, la parola “condono” non esiste; subito dopo la parola “condominio”, proprio quando un lettore disinformato si aspetterebbe di vedere stampato il verbo “condonare” e poi tutti i suoi derivati,  una minuscola e quasi illeggibile nota a piè di pagina avverte che per tutte le parole che cominciano con “condo” occorre andare alla lettera P, a partire dalla parola “pace” e relativi derivati, come l’espressione “pace fiscale”, che sta a indicare la  straordinaria stagione di “serenità collettiva” da poco instaurata per rendere finalmente giusti ed equi i rapporti tributari tra  i cittadini tartassati e lo Stato tartassatore degli ormai debellati regimi.

Mi è venuto in mente questo scherzoso riferimento alla lingua artificiale immaginata e descritta da George Orwell nel suo famoso libro “1984”, in cui il regime gestito dal Grande Fratello, allo scopo di schiavizzare il popolo fingendo di servirlo, aveva sostituito con nuove espressioni lessicali la lingua del passato, spregiativamente definita “archelingua”, così da rendere impossibile ai sudditi di  esprimersi secondo desuete e libertarie pratiche linguistiche, ormai considerate eretiche e severamente punibili.

E quindi, per stare all’attualità, nello stesso immaginario vocabolario accade che il trattamento di quiescenza appena più alto della media diventi “pensione d’oro”, il sussidio ai più indigenti diventi “reddito di cittadinanza”, il pensionamento anticipato diventi “quota 100”; ogni diritto legittimamente acquisito diventi “odioso privilegio”, il forfait fiscale per qualche partita IVA diventi “flat tax per tutti”, l’aumento di alcuni trattamenti di quiescenza diventi “pensione di cittadinanza”.

In coerenza con la neolingua, il condono varato dal governo pentaleghista e i suoi corollari variamente denominati (rottamazione, saldo e stralcio, cancellazione) vengono per l’appunto nobilitati come “pace fiscale”, così nascondendo sotto uno spesso velo d’ipocrisia la vergogna che gli attuali protagonisti della politica, inopinatamente catapultati al governo del Paese dopo essersi ferocemente scontrati per tutta la campagna elettorale, devono avere provato guardandosi nello specchio degli impegni assunti coi cittadini, ai quali hanno chiesto di votarli su programmi palesemente inconciliabili, così che ciascun elettore, votando uno ha implicitamente votato contro l’altro dei due protagonisti di questa estemporanea stagione politica.

Lo sconcerto che si prova aumenta se si pone mente ai presunti limiti che sono stati posti per infittire il velo dell’ipocrisia, e che finiscono per rendere questo condono ancora più vergognoso di quanto già non sia di suo.

Invero, col limite del 30% posto all’incremento di reddito rispetto a quello già dichiarato, e con l’ulteriore limite di € 100.000 per ognuna delle cinque annualità condonabili con apposita dichiarazione integrativa, si producono, tra le altre, i seguenti paradossali effetti:

1) chi, per fare solo un esempio, ha dichiarato un imponibile IRPEF di € 75.000, potrà fare una dichiarazione integrativa per ulteriori € 22.500/anno, e quindi, con aliquota al 20%, pagherà € 4.500/anno, cioè € 22.500 per i cinque anni condonabili, mentre con aliquota al 43% dovrebbe pagare € 48.375, con un risparmio di € 25.875;

2) invece, chi ha dichiarato un imponibile IRPEF di € 300.000, potrà integrarlo per altri € 90.000/anno, e quindi, con l’aliquota al 20%, pagherà € 18.000/anno, cioè € 90.000 per i cinque anni condonabili, mentre con aliquota al 43%, dovrebbe pagare € 193.500, con un risparmio di € 103.500, che è quattro volte quello del primo più modesto contribuente.

L’esempio è riferito ai redditi soggetti a IRPEF, al netto delle addizionali locali, ma siccome il condono riguarderà anche tutti gli altri tributi (su redditi societari, locativi, previdenziali, esteri, professionali) e anche l’ IVA (con qualche particolarità dovuta alla sua natura d’imposta comunitaria), la forbice dell’ingiustizia andrà via via allargandosi man mano che si estenderà il campo di applicazione, e il vantaggio del secondo ipotetico contribuente, quello più abbiente, aumenterà man mano che crescerà l’importo  dell’imponibile dichiarato, e il grande evasore, dopo essersi come tale palesato, si sarà in tal modo anche procurato un formidabile scudo che lo proteggerà dall’accertamento dei reati collegati ai suoi illeciti penali, a partire dalla fraudolenta dichiarazione e sino al riciclaggio.

E non basterà a salvare la loro anima la pantomima delle accuse di manipolazione che i due partiti di governo si stanno velenosamente scambiando per cercare di sottrarsi alle responsabilità politiche e morali di questa scellerata manovra, fatta a spese dei contribuenti onesti che, per vocazione o per costrizione, hanno sempre dichiarato tutto il loro imponibile, sottoponendolo ai tanti balzelli della nostra fiscalità nazionale e locale, e che, per sovrappiù, resteranno anche esposti per altri tre anni alle verifiche fiscali, subendo, oltre al danno di aver pagato troppo e subito, anche la beffa di vedere premiati gli evasori conclamati, rimasti esenti da ogni ulteriore accertamento.

Uno schifo così non si vedeva da un pezzo, e doveva arrivare il “governo del cambiamento” per farci sperimentare questa sgradevole sensazione.

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