Pensiero del giorno tra una task force e l’altra, nella selva dei 1450 commissari ,assistendo al dibattito/non dibattito in parlamento su recovery fund e plan.
Heri dicebamus:
CALAMANDREI SUI PROFESSIONISTI DELLA POLITICA,
“Un tempo potevano far parte delle assemblee parlamentari anche uomini insigni della loro professione, che, nelle loro brevi comparse in Parlamento, potevano, quando si presentasse un argomento di loro competenza, portare nella discussione il contributo della loro scienza e della loro esperienza. Oggi chi voglia continuare a coltivare gli studi bisogna che rinunci a ogni incarico parlamentare: e chi viceversa vuol dedicarsi alla professione parlamentare, bisogna che si contenti di addestrarsi in una tecnica politica di carattere pratico e superficiale, che forse non si può neanche chiamare cultura, ma soltanto abilità.
Questo spiega perché oggi alla Camera siano sempre più rari (a quanto è stato detto) i deputati capaci di leggere un bilancio, o di apportare nella preparazione delle leggi una sicura conoscenza specifica della materia da regolare: questo spiega perché il maggior zelo di molti di essi sia indirizzato, piuttosto che a seguire le discussioni, ad apporre giornalmente sul registro delle presenze la firma che permetterà, alla fine del mese, di trovare più pingue la busta paga. Ma questo spiega anche il perché di certi inesplicabili atteggiamenti politici, di certi cambiamenti di opinioni dall’oggi al domani, di certe impennature subito smorzate nella più disciplinata sottomissione, che altrimenti apparirebbero effetti di malafede o di follia. No, la ragione è un’altra: è una ragione professionale. L’esercizio di una professione extraparlamentare era un tempo garanzia non solo di competenza, ma altresì di indipendenza: se un deputato onesto assumeva, per seguire la sua coscienza, un atteggiamento politico che rischiava di mettere in pericolo la sua rielezione, poteva guardare al suo avvenire di privato con tranquillità, perché, anche se non rieletto, la sua situazione sociale ed economica era indipendente dalla rielezione. Ma oggi quei parlamentari (che sono ormai la maggioranza) per i quali non esser rieletti vorrebbe dire ricadere nella miseria e nella oscurità devono pensarci due volte prima di assumere atteggiamenti indipendenti che alle prossime elezioni potrebbero significare mettere in giuoco il pane della famiglia.
Ai parlamentari d’oggi, per essere coerenti e indipendenti, occorre una forza di animo molto maggiore (vicina all’eroismo) di quella che bastava cinquant’anni fa: sanno che, se non saranno rieletti, si riaprirà per loro, in età già matura, il problema dell’esistenza: e che sola speranza potrà essere per loro, come avveniva sotto il fascismo a ogni «cambio della guardia», il premio di consolazione di qualche impiego di partito. […]