di giuseppe civati
Sì, cara Meloni, il Manifesto di Ventotene è di sinistra. Più a sinistra delle attuali forze rappresentate in Parlamento.
La rivoluzione europea, per rispondere alle nostre esigenze, dovrà essere socialista, cioè dovrà proporsi la emancipazione delle classi lavoratrici e la realizzazione per esse di condizioni più umane di vita.
I suoi estensori non erano per una indistinta abolizione della proprietà privata. Consigli ai suoi colleghi di leggere l’articolo 42 della Costituzione
(«La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti»).
Nel Manifesto di Ventotene troviamo anche una critica alla statizzazione generale dell’economia, peraltro, per i suoi esiti burocratici che conducono alla costituzione di un regime:
La bussola di orientamento per i provvedimenti da prendere in tale direzione non può essere però il principio puramente dottrinario secondo il quale la proprietà privata dei mezzi materiali di produzione deve essere in linea di principio abolita e tollerata solo in linea provvisoria, quando non se ne possa proprio fare a meno. La statizzazione generale dell’economia è stata la prima forma utopistica in cui le classi operaie si sono rappresentate la loro liberazione dal giogo capitalista; ma, una volta realizzata in pieno, non porta allo scopo sognato, bensì alla costituzione di un regime in cui tutta la popolazione è asservita alla ristretta classe dei burocrati gestori dell’economia.
Per Spinelli e Rossi e Colorni:
Il principio veramente fondamentale del socialismo, e di cui quello della collettivizzazione generale non è stato che una affrettata ed erronea deduzione, è quello secondo il quale le forze economiche non debbono dominare gli uomini, ma – come avviene per forze naturali – essere da loro sottomesse, guidate, controllate nel modo più razionale, affinché le grandi masse non ne sieno vittime.
Quanto al riferimento alla dittatura, è presto chiarito anche questo passaggio:
Il Manifesto parla di «crisi rivoluzionaria» – si potrebbe dire «momento rivoluzionario» e colloca l’iniziativa del nuovo partito anch’esso «rivoluzionario» nel contrasto alla dittatura fascista, «ovunque vi sieno degli oppressi dell’attuale regime».
La dittatura era quella fascista, come lei saprà, cara Meloni, e c’era proprio quando loro scrivevano il Manifesto e non in un generico carcere (come lei ha scritto sui social) ma dal confino politico di Ventotene, dopo aver trascorso in carcere o, appunto, al confino, per ragioni squisitamente politiche, la maggior parte della loro vita di adulti.
Attraverso questa dittatura del partito rivoluzionario si forma il nuovo stato, e intorno ad esso la nuova vera democrazia.
Lei ha letto questo passaggio, ma le manca il seguente:
Non è da temere che un tale regime rivoluzionario debba necessariamente sboccare in un rinnovato dispotismo. Vi sbocca se è venuto modellando un tipo di società servile. Ma se il partito rivoluzionario andrà creando con polso fermo, fin dai primissimi passi, le condizioni per una vita libera, in cui tutti i cittadini possano partecipare veramente alla vita dello stato, la sua evoluzione sarà, anche se attraverso eventuali secondarie crisi politiche, nel senso di una progressiva comprensione ed accettazione da parte di tutti del nuovo ordine, e perciò nel senso di una crescente possibilità di funzionamento, di istituzioni politiche libere.
L’obiettivo sono le istituzioni politiche libere e l’assicurazione a tutte e tutti di condizioni per una vita anch’essa libera. Peccato non abbia letto anche questo passo. Avrebbe aiutato. E avrebbe consentito a lei e ai suoi colleghi un ripasso rispetto alla eredità politica di quella fiamma che ancora portate sul simbolo.
Per approfondire: Il manifesto di Ventotene, a cura di Giuseppe Civati.
da https://ossigeno.net/si-cara-meloni-il-manifesto-di-ventotene-e-di-sinistra-e-andrebbe-letto-un-po-meglio/