Lo stato… dell’anarchismo in Italia. Un punto di vista non-violento … e femminista.

di francesca palazzi arduini

Pop-corn

pare che oggi l’anarchismo sia diventato uno, quello insurrezionalista. la stampa descrive una “galassia”, nella quale tutti* solidarizzano con un anarchico insurrezionalista incarcerato, una galassia emotiva, che strepita, piange, urla, respinge ed attrae …una galassia di senza nome. anonimi  amici di Maria. del resto, non è questo lo stesso risultato ottenuto dell’anarchismo insurrezionalista degli ultimi decenni in Italia? cancellare chi non la pensa alla stessa maniera, esattamente come fanno i mass media di potere. usando un acronimo, FAI, per sbeffeggiare e sovrapporsi alla storica Federazione Anarchica Italiana. così l’anarchismo diventa una pentola di pop corn, pronta a scoppiettare, in libertà. o “informalmente” come dice la sigla-abusante  (‘ognuno decide per sé’, descrive fiabescamente la stampa) ad ogni movimento dell’autoritarismo statale.

Cellule

così “gli anarchici” (ovviamente al maschile),divengono sulla stampa delle “cellule” indipendenti, vestite di nero. Vogliono ricordare qualcosa tipo spy story? L’Isis? I Black bloc? Sta di fatto che i mass media, soprattutto quelli televisivi e web, descrivono l’anarchismo come una specie di mostro acefalo, formicaio con in mano una bomboletta spray, che esce di notte a bruciare auto e fare scritte sui muri… diventa facile impersonare “gli anarchici”, basta una bomboletta e una bottiglia di benzina. Un metodo che è sempre piaciuto a chi ha interesse a diffamare e reprimere chi sta scomodo.

Violenza

Viene da chiedersi, e da chiedere a chi ama fare l’attore in questa tragicommedia dell’occhio per occhio: la repressione al G8 di Genova non vi ha insegnato niente? Allora furono le femministe a dissociarsi dai deliri guerriglieri (‘assaltiamo la zona rossa, i ‘black block‘ fanno parte del movimento’ ecc.), spiegando il rischio di questa retorica e di quella allucinazione. Non furono ascoltate. La tesi del femminismo è che la violenza, sia quella di stato che quella contro lo stato, siano complementari (“antagoniste”) espressioni vetero-patriarcali. Un’altra tesi, anch’essa in contrasto con quella per la quale la violenza ‘proletaria’ non sarebbe violenza ma azione politica legittima, è che l’esercizio strategico della violenza è inversamente proporzionale alla trasparenza e alla libertà (e presenza) sociale di chi lo pratica. E per ‘violenza’ intendiamo non il difendersi dalle manganellate (che lo stato definirebbe “resistenza a pubblico ufficiale”) ma l’uso deliberato dell’aggressione come risposta “strategica”, così come violenza è l’esercizio preventivo della repressione da parte dello stato ed il suo legiferare ad hoc facendo diventare reato ogni azione di protesta: vedi il caso delle azioni non violente dei ragazzi e delle ragazze di Ultima Generazione (la “quiete pubblica”…).

Su questo non c’è bisogno di scomodare l’anarchismo, basta citare Walter Benjamin, un materialista storico, Scritti filosofici: Per la critica della violenza. In quanto a noi “ingenui/e” non-violenti che crediamo al lavoro sui diritti…non serve citare l’antagonismo che fa snobbisticamente carta straccia della cittadinanza, in quanto prodotto di élite: basta citare l’anarco-cristiana Simone Weil: a cui appartiene la frase “non credere di avere dei diritti”.

Neanderthal

l’anarchismo viene quindi descritto sui mass media come un movimento di Neanderthal, nemmeno capace di elaborare il fatto che proveniamo, tutti e tutte, da un millennio durante il quale, a costo di gravi perdite, sono stati battuti il concetto di sovranità del monarca, il concetto di schiavitù, il concetto di neutralità di genere, è stata approfondita l’analisi marxista del Capitalismo, è stato sancito il diritto alla libertà di cura (ah, sì cara…) ed elaborate grandi battaglie civili con importanti risultati non solo teorici ma pratici. In questo filone evolutivo le forme dell’anarchismo sono vissute con decisivi contributi e come importante riferimento critico della forma Stato, del concetto di cittadinanza, della libertà di espressione.

Futuro

L’anarchismo del nuovo millennio, come è teorizzato nella ecologia di Bookchin (al quale si è in parte ispirato il federalismo kurdo) o come ha ipotizzato David Graeber, antropologo anarchico fondamentale in Occupy Wall Street, è un anarchismo non-violento, che si pone domande essenziali e pratiche sulle forme dell’organizzazione politica umana, e che rinasce, dopo le sue fasi storiche, nella critica ai sistemi gerarchici tipica dei nuovi movimenti sociali ed ambientalisti. Su questo futuro occorre scommettere, per una critica della ragion violenta e per fare in modo che l’esperienza del passato serva a non far fagocitare i più giovani dal conformismo, dai nuovi comportamenti che tendono a presentare la “normalità” come apice.

Barometro

per questo lo “scandalo” mediatico dell’anarchismo come insurrezionalista è un barometro del grado di involuzione del sistema democratico oggi. il focus di questi giorni NON E’ la pena sproporzionata inflitta a Cospito (si veda su questo non solo le note dei suoi avvocati ma l’articolo di Donatella Di Cesare su Il Riformista) ma la cancellazione mediatica e nell’opinione pubblica dell’anarchismo come pensiero politico, perché è dalla Polis che viene rigettato, anche se tolto dalla sordina e schiaffato in prima pagina. Il “purché se ne parli” è infatti dipingerlo una volta per tutte come impolitico, o-sceno, contraddittorio anche con se stesso. Se lo stato, ed i media, approfittano di Cospito è per chiudere definitivamente, con uno spottone una tantum, la memoria storica di un anarchismo politico che si era già tentato di manipolare (ricordate Piazza Fontana?) e di usare come capro (ricordate il ferroviere anarchico Pinelli?). Questo lo chiede la devoluzione dei sistemi democratici, per i quali l’anarchismo “sociale” e dialettico è sempre stato cartina al tornasole, catalizzatore di memorie storiche e di movimenti, con la sua attività critica delle gerarchie, del militarismo, del sistema carcerario, dei sistemi di governo.

Organizzazione

alla “devoluzione” del sistema democratico italiano l’anarchismo sociale, di classe, dialettico, ecologista, ha risposto in questi anni con tante iniziative, cercando di restare nel mondo, come lavoratori e lavoratrici, cittadine e cittadini, anche quando durante la pandemia sembrava si fosse perso il lume della ragione, tra editti-decreti di governi d’emergenza, piani di recupero decisi nelle sacre stanze finanziarie, e infodemia. Ora sarebbe il caso che di ricordare che ‘anarchismo è anche organizzazione’ (Colin Ward), non informale ma reale, di realtà che praticano il metodo della condivisione, e che di queste realtà esistono immense banche dati nelle biblioteche e negli archivi storici autogestiti. “Verso l’anarchismo va la storia”? come scrive Alternativa libertaria sulle sue pagine teoriche, citando Giovanni Bovio? Forse, di certo la scomparsa di figure storiche come Paolo Finzi (A rivista anarchica) e di Claudio Venza (storico della Rivoluzione spagnola e molto altro) non ha giovato al movimento anarchico. Ma di certo le forme organizzative nella politica sono al centro di un lungo e proficuo dibattito nel movimento anarchico che gli insurrezionalisti spregerebbero come “socialdemocratico” e che invece è dialettico, incisivo e soprattutto coerente.

Guerra

in definitiva, questo gioco delle parti, oscuro e manipolato, prelude ad uno scenario repressivo generale, simile anche se non parimenti cruento di quello che stanno sperimentando gli stati a regime oligarchico, scenario che recupera vecchi metodi (provocazione, diffamazione, modifica in senso punitivo di alcune leggi, stato di emergenza come alibi per leggi speciali, chiusura degli spazi reali di incontro) e se ne usano di nuovi (distrazione mediatica, creazione di realtà virtuali, normalizzazione dei comportamenti) per condurre senza dissenso ed in un clima di barbarie opinionista, la nuova guerra necessaria agli investitori capitalisti.

*da femminismi.it

 

 

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