La Corte di Cassazione decenni fa stabilì per i giornalisti un principio sacrosanto: scrivere mezza verità equivale a scrivere una falsità. È il caso di questi giorni. L’Inps diffonde col contagocce verità parziali, le conferma, le corregge in parte, alimenta il polverone dopo averlo creato. Prima coinvolge 5 parlamentari che avrebbero fatto domanda e incassato i famigerati 600 euro mensili, non violando la legge ma comportandosi da veri pezzenti indegni del ruolo che ricoprono. In più, si aggiunge, che gli amministratori pubblici che si sono comportati nello stesso modo sono 2000. Più o meno. All’incirca. Si mettono nello stesso sacco presidenti di regione, assessori e consiglieri regionali, consiglieri comunali di metropoli e di paesetti. Che ovviamente riscuotono emolumenti tra loro imparagonabili. In aggiunta, poi, il Presidente dell’Inps garantisce che nessuno di Italia viva è tra i deputati “incriminati” che hanno incassato (ma nello stesso tempo non smentisce che nessuno tra loro abbia presentato la domanda), salvando parzialmente i renziani ma spargendo ad ampie mani il sospetto su tutti gli altri. Mezze verità che corrispondono a una gigantesca falsità.
Il Presidente dell’Inps si sarebbe dovuto già dimettere molte settimane fa per l’evidente incapacità dell’Istituto di gestire la fase Covid, ma lasciamo perdere questo capitolo e concentriamoci su quello che è l’attuale inaudito scandalo. Tridico, o chi per lui, fa incrociare dei dati, e trae una notizia: cinque parlamentari sono dei “pezzenti” perché hanno approfittato di una legge mal scritta per aggiungersi ai loro 13 mila euro mensili anche le 600 euro emergenziali, e due migliaia di amministratori pubblici non sono da meno. Tranquillamente la notizia viene fatta uscire: è una bomba atomica contro il sistema parlamentare e contro tutte le rappresentanze locali. Una bomba sparata nel mucchio da un personaggio che oltre che incompetente è un irresponsabile o un furbastro che oggettivamente ha abusato dei suoi poteri per alimentare dolosamente la già non poca sfiducia dei cittadini nelle istituzione democratiche. E, dato che la bomba avrebbe avuto un effetto assai limitato se la notizia fosse stata collegata all’elenco dei nomi dei “pezzenti” e quindi fosse stata circoscritta ai veri responsabili, il presidente dell’Inps si trincera dietro la scusa della protezione della privacy. La notizia quindi c’è, eccome. Ma è solo mezza, e quindi è falsa.
Ma come può rispondere Tridico alla domanda: “ma se non ha fatto e non può fare (secondo lei) i nomi, e quindi portare le prove, si rende conto che ha avallato o compiuto solo un’operazione da squadraccia antiistituzionale a favore del qualunquismo nazionale?”. E ancora: “quale sarebbe il suo giudizio se un giornalista scrivesse che nella presidenza e nel consiglio di amministrazione dell’Inps siedono un paio di assassini, ma ovviamente – per garantire la privacy – senza fare i nomi?”.
Ogni minuto che passa è un minuto perso per Tridico, che avrebbe già dovuto dimettersi immediatamente. E, a dir a verità, anche il presidente Conte, in assenza di spontanee dimissioni, ha già perduto troppo tempo, perché avrebbe dovuto rimuoverlo e sostituirlo con un persona devota allo stato di diritto e alle norme elementari della democrazia parlamentare.
Ps. Dato che nel nostro paese la farsa si accompagna sempre alla tragedia, anche in questa occasione non è mancata la pagliacciata: Salvini, alla fine di marzo, dichiarò che bisognava «fidarsi degli italiani» e fare come in Svizzera dove lo Stato senza controlli preventivi versava fino a mezzo milione a chi avesse presentato una semplice richiesta. Poi, scoppiato lo scandalo Inps, ha invocato «le dimissioni» dei deputati pezzenti, ma qualcuno deve avergli tirato la giacchetta e avvisato che molto probabilmente c’erano di mezzo anche parlamentari e politici della Lega Ladrona, e così, devoto come sempre alla linea del “qui lo dico e qui lo nego”, dopo poche ore ha aggiustato il tiro e la richiesta di dimissioni è diventata una semplice “sospensione”.