di andrea ciandri
Il governo Carneade è nato dall’esito di una strana e inedita inversione della procedura costituzionale di formazione del governo, che presuppone prima un incarico, o un preincarico, all’esponente politico, o al “tecnico”, che il Presidente della Repubblica ritiene idoneo ad assumere l’incarico di Presidente del Consiglio; poi le consultazioni di quest’ultimo con i gruppi parlamentari e l’elaborazione di un programma di governo sul quale chiedere la fiducia alle Camere; quindi l’accettazione dell’incarico e la proposizione dei ministri al Capo dello Stato.
Non si era mai visto, nella storia della Repubblica e del Regno, un governo che tenta di nascere su un accordo programmatico elaborato prima che il futuro premier riceva l’incarico, senza che a tale accordo abbia preso parte. Così come mai, fino ad ora, era accaduto che la lista dei futuri ministri venisse discussa dai leader delle forze politiche di maggioranza, prima ancora di indicare, al Presidente della Repubblica, il soggetto cui affidare l’incarico di formare il governo.
Il mancato rispetto della prassi costituzionale da seguire per la formazione dell’esecutivo ha fatto sorgere il sospetto che ad essere eluso sarebbe stato anche l’art. 95 Cost., che attribuisce al presidente del consiglio la direzione e la responsabilità della politica generale del governo.
Giuseppe Conte era stato proposto, o per meglio dire imposto, a Mattarella, per ovviare non solo al veto di Salvini su Di Maio premier, ma alla volontà di entrambi di guidare il governo, instaurando una sorta di inedita diarchia. La sua è una figura atipica: né tecnica, né politica, ma neutra; neutra come una “testa di legno”. Difetta in lui non soltanto l’esperienza di governo, ma l’autorevolezza politica per assumere l’indirizzo dell’attività di governo. Difficilmente potrà essere primus inter pares. Il governo Conte è un governo bicefalo, e i cervelli che lo guideranno saranno quelli di due novelli statisti, Statista Uno (Di Maio) e Statista Due (Salvini), il che è tutto dire.
Non capisco perché Mattarella si è prestato a questo. Prima di concedere ai “diarchi” il tempo di elaborazione del programma (alias contratto) di governo avrebbe dovuto pretendere l’indicazione di un candidato premier di spessore politico, che sovrintendesse, dopo l’incarico, alle trattative contrattuali e assumesse su di se la responsabilità del contenuto dell’accordo.
In Germania Angela Merkel ha prima ricevuto l’incarico, poi ha elaborato il “contratto di coalizione” con i socialisti, dopo ha formato il governo e ha ottenuto la fiducia.
Giuseppe Conte, invece, è spuntato fuori dal nulla dopo che l’accordo fra Salvini e Di Maio era stato siglato; non risulta neppure che abbia partecipato alla sua stesura. Egli è stato incaricato di dare esecuzione al programma di governo, recitando il ruolo di presidente del consiglio. Altro che avvocato del popolo! Sarà il procuratore speciale di Statista Uno e Statista Due.
L’attribuzione dell’incarico di formare il governo è un atto presidenziale discrezionale, che spetta unicamente al Presidente della Repubblica. La nomina dei ministri, è anch’esso un atto presidenziale, ma cosiddetto complesso, alla cui formazione concorrono sia la volontà del Capo dello Stato che quella del Presidente del Consiglio incaricato. Mattarella aveva quindi più ragione di opporsi a Conte che non a Savona, per questo il suo contegno, pur condivisibile nelle determinazioni finali, è apparso anomalo e non lineare.
Infondate e indegne sono state le accuse di attentato alla costituzione mossegli: il Capo dello Stato può rifiutarsi di nominare un ministro che ritiene inadeguato, anche se non per le proprie capacità, ma per le sue idee sull’Euro e sull’Europa. Egli ha il dovere di proteggere l’Italia dalle conseguenze nefaste che potrebbero derivare da un governo irresponsabile che “giochi” a mettere in discussione i trattati europei, il cui rispetto è imposto dalla Costituzione, agli artt. 11 e 117.
Condivido quello che è stato scritto.
Penso che il sistema di un governo responsabile non sia nato per caso.
La democrazia moderna deve tenere sotto controllo il dato economico, produttivo, finanziario ed altro ancora. Ciò si può fare solo con una serie di decisioni fra loro coerenti e queste sono possibili solo sulla base di un comune indirizzo politico e di competenze tecniche adeguate. Non è possibile fare ciò con decisioni caotiche ed estemporanee.
A prescindere dalle molte critiche rivolte alla democrazia ateniese (ad es., da Rousseau, ma già anche da Socrate) vorrei anche ricordare la differenza che separa lo jus dicere della democrazia medievale dallo jus condere dello Stato moderno: non si tratta di codificare consuetudini, ma di guidare, per quanto occorra, le dinamiche complessive del sistema.
abbracadabbra
abbracadabbra.
non ho mai scritto sciocchezze come questa