di vincenzo ferrari
Poche riflessioni a caldo sulla catastrofe.
- Conte non voleva far cadere Draghi, ma dissociarsi da lui su alcuni punti per mantenere le mani libere nelle elezioni del marzo 2023, che non voleva affrontare in condizione di vassallaggio nei confronti del Pd. Non ha previsto che Draghi, il quale aveva ottenuto la fiducia nel primo voto, si sarebbe dimesso. Il tutto si è trasformato in un assist alle destre che nel secondo voto hanno provocato la caduta del governo. Conte ha sbagliato tattica e Draghi, per conto suo, non avrebbe dovuto dimettersi. Due errori gravissimi.
- Letta ha segnalato da tempo la necessità di costituire il “campo largo”, che in effetti avrebbe vinto le elezioni o comunque non le avrebbe perse con questo scarto. Conte, Calenda e Renzi lo hanno impedito. Per contro, Letta ha commesso il madornale errore mediatico di dichiarare con grande enfasi “mai più con il M5S”, assumendosi interamente la paternità della rottura di un’alleanza fruttuosa e facendo dimenticare che anche il M5S, meno enfaticamente, dichiarava la stessa cosa. Si è trattato di un errore, ancora gravissimo, che è andato ad aggiungersi ad altri, come la campagna sottotono, i manifesti mai apparsi, la contrapposizione “da pari a pari” con la sola Meloni, i temi importanti (es. salario minimo) mai strillati ma suggeriti sottovoce, il linguaggio della ragione con un elettorato aduso agli slogan, ecc. Così ha confermato il risultato del 2018, palesando il limite forse strutturale del suo partito.
- È stupefacente che i leader della sinistra (quanto meno, diciamo, di opposizione alla coalizione di destra), ovvero Letta, Conte e Calenda, non abbiano capito il peso decisivo dei collegi uninominali, ignorando ciò che uno studente di scienza politica sa sin dalle prime lezioni, che cioè la legge elettorale contribuisce a determinare le strategie dei partiti. Salvo il povero Letta, gli altri non hanno speso una parola seria sugli effetti terribili che questa balordaggine avrebbe avuto sul piano costituzionale e su quello dei diritti fondamentali.
- Presentare il M5S come la nuova sinistra è una semplificazione pericolosa. Senza la battaglia sbagliata della Meloni contro il reddito di cittadinanza, il M5S, che ha comunque perso metà dei voti del 2018, sarebbe molto più in basso (anche se non sarebbe scomparso, come alcuni credevano). Ha reso il grande servizio di conquistare alcuni collegi che possono essere determinanti per evitare il golpe costituzionale prossimo venturo, ma andiamo piano a considerarlo forza trainante progressista per il futuro. Non dimentichiamo le sue scelte nella passata legislatura, l’alleanza con Salvini, e i cambi di casacca di moltissimi suoi parlamentari.
- Presentare Conte come il cavaliere sena macchia e senza paura che sfida lancia in resta i grandi poteri finanziari che governano il mondo è puro romanticismo politico. In fondo ricalca la propaganda di Orbán contro Soros e le ricorrenti invettive contro i complotti giudaico-massonici. Come ogni leader politico, anche Conte ha avuto e avrà a che fare con le grandi multinazionali e le grandi banche. Non avrebbe ottenuto il credito europeo poi trasfuso nel Pnrr se non fosse così. Questo vale anche per la Meloni, che Draghi, si dice, starebbe presentando nei salotti buoni dell’alta finanza per rassicurarli e fors’anche informando di problemi economici che né lei né i suoi compagni di partito conoscono se non per sentito dire.
- Lo stesso vale per la cd. Agenda Draghi. A parte l’orribile riforma della giustizia, non si capisce dove si dirigano le critiche contro quel percorso, in parte già compiuto o vincolato. Già ieri sera Crosetto diceva che la “manovra” del 2023 Meloni dovrà farla assieme a Draghi. I problemi economici, in grande misura (benché non solo) dipendenti dalla tremenda situazione internazionale, hanno una loro consistenza oggettiva, misurabile numericamente. È del tutto lodevole redistribuire qualche spicciolo ai disoccupati e agli inabili al lavoro, ma non sono questi numeri che spostano il quadro.
7 È indispensabile e indifferibile riunire le forze di opposizione dentro e fuori dal Parlamento per evitare che la Costituzione venga stravolta. Questo verrà tentato ad ogni modo dall’attuale maggioranza, che sul punto, almeno sul presidenzialismo, sarà compatta. Non illudiamoci che frange della destra si oppongano a questo disegno, a cominciare da Berlusconi, che lo persegue da una vita ed è disposto a tutto pur di puntare, attraverso la presidenza del Senato, alle dimissioni di Mattarella e alla presidenza della Repubblica. Magari non ci riuscirà, ma ci tenterà. Ed è ingenuo dire, come scrive oggi Travaglio sul Fatto, che la maggioranza che si va a formare almeno sarà politica e non aziendalistica. Berlusconi può ancora muovere parecchi fili.
Eccalla’! Ritorna il draghismo allo stato puro, anzi solido. Peccato per la riforma Carabia scritta nelle segrete stanze di CL ma tutto il resto son rose e fiori. Anche il riarmo. Calenda leader di sinistra! Come no, con la Carfagna e la Gelmini al seguito e Renzi che fa capolino fuori dalla porta. Forse l’estensore di questo articolo non legge Critica L. e non ha visto lo spassoso Coerenzia. E poi i soliti luoghi comuni tipo Conte che ha governato con tutti, cosa che si legge ogni mattina su Il Giornale e La verità.Domandina domandina: se i 5S non avessero governato con Salvini come avrebbe potuto essere costituito il governo visto che Renzi si era accomodato sul divano (tanto prendeva un bel RdC)?