di antonio caputo *
Mi spiace molto non potere partecipare all’importante Convegno della Fondazione Critica liberale, cui mi lega un profondo idem sentire, laico, libertario e liberalsocialista , in occasione del sul cinquantesimo anniversario, in ragione di impegni professionali non differibili. Auguro a tutti Voi buon lavoro, nel solco del filo rosso che da Gobetti va a Salvemini , da Rosselli all’azionismo , da Ernesto Rossi a Bobbio, nostri “maggiori”. In tempi molto tormentati per chi come noi coltiva ideali e principi propri di una compiuta democrazia rappresentativa non solo formale, che vive nella separazione dei poteri e nel loro bilanciamento intrinseco e estrinseco, capace di promuovere e realizzare Giustizia e Libertà, voci come quella di Critica sono necessarie come l’aria. Affronteremo a breve la scadenza decisiva per le sorti dell’unione dei popoli europei e della civiltà europea liberaldemocratica e laica, delle elezioni europee.
È necessario che la libera voce di quanti si riconoscono nei nostri valori suoni con forza. La sfida della democrazia del capo o dell’investitura, di quella che Emilio Gentile ha definito democrazia recitativa alla democrazia e alla sovranità del popolo, in una fase caratterizzata da personalizzazione e digitalizzazione della politica, impone di trovare nuovi percorsi per dare e conservare linfa vitale alla sostanza della democrazia, i principi e la pratica di giustizia e libertà, e veder non morire quegli aneliti.
Incombe ora , non solo in Italia , il rischio di una svolta autoritaria, cominciando dallo svuotamento di significato del parlamento, sotto gli occhi di tutti da oltre un ventennio e il riemergere di tentazioni “presidenzialistiche”.
Rischio adombrato, e non solo, da ultimo e sorvolando su Italicum e riforma Renzi/ Boschi e connessi precedenti come la devolution, in alcune proposte di “riforme “(in)-costituzionali avanzate dal governo gialloverde, il governo dei due populismi, uniti e nel contempo divisi col fatidico e anticostituzionale “contratto di governo”.
Dalle autonomie differenziate, o meglio secessione dei ricchi, progetto disgregativo dell’unità della repubblica già sognata dal Giuseppe Mazzini e realizzata con la costituzione repubblicana ,nel contempo attentato alla universalità ed esigibilità su tutto il territorio del paese dei diritti fondamentali (dalla salute all’istruzione e la scuola, che Piero Calamandrei definì organo costituzionale), all’ambiente; all’imposizione del vincolo di mandato imperativo a carico del parlamentari in tal modo asserviti al capo del partito che li ha nominati; ad un referendum definito “propositivo” che snaturerebbe la democrazia parlamentare rappresentativa contrapponendo il mezzo plebiscitario senza limiti alla libera discussione di un libero parlamento rappresentativo.
Viene in soccorso il sogno profetico e ad un tempo precettivo di Albert Camus , espresso nel corso di una Conferenza tenuta ad Atene nel primo dopoguerra, 1947, “Il futuro della civiltà europea” prima del Trattato di Roma che segnò l’inizio di un percorso ancora incerto verso una vera unità europea.
L’Europa, diceva Camus usando espressioni di grande attualità che paiono indirizzate tuttora a contrastare la micidiale spinta del nazionalismo xenofobo, falsamente identitario e falsamente sovranista , «è costretta da una ventina di lacci in un quadro rigido all’interno nel quale non riesce a respirare, mentre dovrebbe essere “una società di popoli libera dai miti della sovranità, una forza rivoluzionaria che non si appoggia alla polizia e una libertà umana che non sia di fatto asservita al denaro».
Quel sogno che rivive nelle pagine attuali del Manifesto di Ventotene attraverso la penna di Altiero Spinelli e Ernesto Rossi.
L’originalità rivoluzionaria, l’attualità del Manifesto il cui titolo è Per un’Europa libera e unita, Progetto di manifesto, sta nel proporre un concreto programma di azione rivolto a realizzare la Federazione europea.
Il federalismo di Ernesto Rossi, fondato su basi politiche ed economiche di cui si avverte l’attualità in un contesto politico caratterizzato dalla riproposizione del mito nazionalista, xenofobo sovranista e anche con forti spinte di non solo latente razzismo, di cui sono portatori movimenti e pulsioni populiste e disgregatrici dell’ideale di federazione europea, all’opera in Europa e nel mondo, è di ascendenza risorgimentale e nasce nel secondo Risorgimento, la Liberazione dal nazifascismo.
Nasce questo ideale, ad un tempo utopia concreta, nel momento più buio della storia novecentesca, proiettando l’orizzonte della lotta di Liberazione dal nazifascismo oltre il mito dei nazionalismi contrapposti, una sorta di inveramento del mazziniano “Unire l’Italia, per unire l’Europa, per unire il mondo”, un ideale internazionalista che deriva dall’incontro col pensiero federalista di Gaetano Salvemini, Arcangelo Ghisleri e Luigi Einaudi e con la critica einaudiana, nelle Lettere politiche di Junius pubblicate sul “Corriere della Sera” fra 1917 e 1919, del dogma della sovranità assoluta degli Stati nazionali.
È un sogno, un ideale che val la pena sognare, pensare e rendere attuale.
I 50 anni di “Critica” segnino un percorso vivo da percorrere insieme, colmando tanti vuoti da riempire con le nostre comuni speranze e le nostre indifferibili azioni.
*Antonio Caputo è Presidente coordinatore della Federazione italiana dei Circoli di Giustizia e Libertà e candidato nelle prossime elezioni europee nella lista Europa verde-Possibile, collegio Nord-Ovest.
INTERVENTO SCRITTO IN OCCASIONE DEGLI STATI GENERALI DEL LIBERALISMO DELLA FONDAZIONE CRITICA LIBERALE 22-23 MARZO 2019
Condivido e ricordo che Keynes definiva, nel 1926, la democrazia liberale come quella che realizza un equilibrio tra efficienza economica, giustizia sociale e rispetto dei diritti individuali. Auguri di lunga vita a critica liberale.