Forse l’Europa è a una svolta epocale. È stata sempre al centro dei processi di civilizzazione, e sul suo campo sono stati combattuti e vinti terribili scontri, armati e no, di interessi e di valori. La sconfitta dei nazionalismi, dei fascismi e dei comunismi sembra aver lasciato anche la democrazia molto indebolita. Eppure mai come in questo momento è necessario che la politica riacquisti la sua centralità perduta. Come incubi, si riaffacciano e addirittura s’intrecciano politiche e disvalori che pensavamo fossero stati superati per sempre. Nonostante le riflessioni tutte convergenti per l’eliminazione degli egoismi nazionali che hanno portato nel Novecento a centinaia di milioni di morti e alla decimazione di intere generazioni, pare impossibile ma la paura verso grandi disegni razionali sta dando forza al comunitarismo, al “ritorno al villaggio” e alle superstizioni. Siamo di fronte al rinascere di politiche irresponsabili. Il tutto mentre il mondo, sospinto dalla tecnologia, corre velocemente verso innovazioni che ci offrono nuove opportunità sulla strada dell’uguaglianza ma anche problemi che richiederanno a ciascun individuo e alle genti prove durissime.
Tre questioni s’impongono con tutta evidenza.
Prima: l’uomo sta distruggendo il pianeta e ha creato per sé un ambiente sempre più mortifero. Seconda: le prove per ora quasi tutte perdenti, e tra loro contrastanti, di nostalgie per tristi passati si avvalgono di nuove tecnologie in grado di portare al massimo perfezionamento quello che nel ‘900 fu definito “lo stupro delle masse” e che ora si può definire “manipolazione populista”. Terza: effettiva, contemporanea, crisi sia delle forze politiche conservatrici moderate sempre più chiuse nella difesa di privilegi acquisiti sia delle forze socialiste e comuniste. Purtroppo nel secolo scorso la sinistra si è andata identificando soprattutto nel comunismo, e la ferma decisione dei suoi gruppi dirigenti di ridurre a sé stessi ogni forma di pluralismo politico ha fatto sì che quando il comunismo si è dissolto non sono restate che macerie e, come in Italia, piccoli burocrati trasformisti. Nel secondo dopoguerra, il socialismo, là dove è stato vincente, ha operato una vera rivoluzione democratica e, sposato col migliore pensiero liberale, ha aperto una lunga stagione lotte e di acquisizione di diritti e di benessere. Ora tutto ciò è finito. Il socialismo si è piegato ad amministrare le politiche neocon e ha perduto valori e rappresentanza persino dei ceti emergenti. Il risultato è sotto gli occhi di tutti.
Tutti si definiscono democratici. Persino Trump e Orbàn. Sotto certi aspetti hanno persino ragione. Oggi il potere può qualificarsi “democratico” giacché la democrazia, sempre più scissa dal liberalismo, è diventata dappertutto “recitativa”. È una “forma” comodissima per tutti perché capace d’essere svuotata e distorta da qualunque potere, che successivamente trae da essa una sua pseudo-legittimazione. Addirittura in Italia si propone di truccarla malamente in “democrazia diretta”, con strumenti incontrollabili e caricaturali per realizzare la più forte concentrazione decisionale in una sola persona, di fatto capo per diritto ereditario. Dappertutto la democrazia tradizionale è diventata “totalitaria”: impone leggi elettorali truffaldine, decide che i rappresentanti del popolo siano nominati dai capi di partiti personali, stabilisce monopoli sull’informazione, interviene, per es. nell’Est europeo, sulla magistratura. Sospinta da una logica spartitoria, con il ripetuto consociativismo e l’italico inciucismo, ha ridotto al minimo lo spirito conflittuale e persino quello competitivo.
Senza lo stato di diritto, senza la limitazione e la separazione dei poteri, senza regole valide per tutti e non create volta volta per il proprio utile, con l’assenza di media indipendenti, senza contenimento del peso del denaro, senza alcuna trincea contro la manipolazione delle masse, con il perseguimento di un’istruzione sempre più degradata, la democrazia recita maldestramente sé stessa. Diventa una caricatura sempre più improbabile ed è alla mercé del primo demagogo che poi parla “in nome del popolo” che ha truffato.
Ovviamente stiamo parlando anche dell’Italia, dove etica pubblica e privata sono precipitati nel pozzo. E dove ormai vigono soltanto demagogia, arrivismo e trasformismo.
Ma non si può cedere, non solo al pessimismo ma neppure al realismo. Il paesaggio è visibilmente e realisticamente davvero pessimo. Per molti irrecuperabile. Ma bisogna saper cogliere alcuni aspetti positivi. Nello schieramento “democratico” occorre prendere atto che ha vinto l’autolesionismo delle forze che si dichiarano ancora socialiste. Siamo in una fase di superamento dei vecchi schemi e gli ultimi risultati elettorali mostrano come un enorme spazio abbandonato dagli sconfitti sia disponibile al nuovo, solo se si è in grado di prospettare le questioni precedentemente accennate corredandole di soluzioni realistiche. Si è dimostrato che l’elettore europeo è alla strenua ricerca di una nuova offerta politica. Approfittiamone.
Noi crediamo che nessuno possa chiudersi nel proprio specifico e coltivare il proprio orticello di voti. Senza mostrare di accorgersi che i problemi sono tutti correlati.
Aldilà del nome che si assume, alla crisi si può rispondere soltanto con un “partito della democrazia”, che ponga con forza la questione della degenerazione della democrazia. Che denunci le deformazioni attuali, ne individui i fenomeni e le cause, e che dica a voce alta che “il re è nudo”. Per chiarezza si dovrebbe persino avere il coraggio civile di dire: “se questa è la democrazia, noi siano antidemocratici”. Il primo modo per farlo è operare con la testimonianza e con l’esempio. Partendo da sé stessi. Senza i trasparenti imbrogli demagogici del M5s. Bisogna discutere nuove forme organizzative e abbandonare tutto ciò che ha fatto fuggire il cittadino da strutture falsificate e ha rinchiuso i “professionisti della politica” nell’orto dei loro interessi burocratici. Il nostro è un invito alla fantasia, persino all’utopia.
Alla decadenza delle forze tradizionali hanno risposto positivamente in tutt’Europa liste che si richiamavano esplicitamente a politiche verdi, ecologiche, ambientaliste, animaliste. Molte tra queste hanno avuto persino il coraggio di allargare il proprio discorso a idealità liberaldemocratiche. La risposta positiva non è mancata.
Capiamo che ciò prevede una frattura col passato. L’arricchimento drastico di un paradigma.
Siamo convinti che la parola d’ordine vincente per un futuro “verde” sia “inquinamento”. La parola stessa rimanda immediatamente all’inquinamento atmosferico, terraneo e marino. Ma combattere soltanto questo inquinamento è velleitario se non si capisce che l’atmosfera, la terra e i mari sono inquinati perché è inquinato il potere. Perché sono inquinate la politica, la democrazia, spesso la mente degli individui. Certamente non è un tradimento allargare l’ecologia rivolta alla natura con l’ecologia della mente. Se i verdi non capiscono che le loro istanze di oggi sono solo parte di un corpus più complesso di diritti, sono velleitari. Senza cittadini più liberi, più consapevoli, più informati, i “verdi” non faranno un passo avanti e si ritroveranno rinchiusi in una testimonianza infruttuosa. Anche perché purtroppo lo specifico verde può essere facilmente rubato, senza che chi lo spaccia si assuma alcun impegno. Per pura demagogia elettorale.
Come le tartarughe marine che ci mostrano in tv, anche noi umani e le nostre organizzazioni sociali e le nostre istituzioni sono costrette a ingoiare imposture, demagogie, trasformismi mortiferi. Nel nostro paese siamo arrivati a un punto di rottura. Forse una forza politica che abbia il coraggio di partire di nuovo, senza settarismi, senza politichese, e con obbiettivi chiari, potrebbe avere grande fortuna. Con una critica puntuale alle indecenze della politica attuale può mettersi in consonanza con quei troppi cittadini che sono delusi o consapevoli del tradimento compiuto dalla politica di questi decenni. Votano otturandosi il naso o fuggendo nell’astensione, se non materialmente facendosi emigranti.
Occorre puntare su parole d’ordine chiare, e battere e ribattere su queste. Le prime che ci vengono in mente aprono problemi immensi: libertà; giustizia; solidarietà; pluralismo dappertutto; diritto al lavoro; superamento del lavoro; diritti civili e sociali (che son facce della stessa medaglia); erosione continua della soggezione alle nomenclature pubbliche, economiche ed ecclesiastiche; diritto all’istruzione e alla formazione permanente; restituzione agli individui d’ogni potere su sé stessi; riduzione del potere parentale; riconoscimento legislativo e culturale di tutti i “generi” e dell’uguaglianza vera tra i “generi”, senza alcuna forma di protezionismo; Stato sociale, ora divorato dalla corruzione di massa e dall’evasione. Senza sviluppo sostenibile e keynesianamente senza spesa pubblica il paese è destinato a decadenza irreversibile. E ovviamente l’ambiente naturale. Con l’avvertenza che tutto ciò ha come premessa indispensabile l’indipendenza degli strumenti comunicativi.
Si capirà che un filo rosso lega tutte queste affermazioni: è la limitazione del potere, la limitazione dei poteri. E forse anche la prefigurazione di un compito storico per un’Europa federale, che consista nel recuperare un’egemonia culturale nei confronti degli Stati Uniti ormai in profonda crisi valoriale, contestando loro la riduzione di ogni rapporto civico e interpersonale soltanto a “consumo”, “merce” e “denaro”.
La Fondazione Critica liberale da decenni sta approfondendo queste questioni e senza poter fare moltissimo ha assistito alla decadenza di tutte le forze politiche, delle istituzioni e, cosa più grave, del tessuto civile. Non ha mai avuto, né l’ha adesso, velleità di diretta pratica politica. E quindi, come sempre, si mette a disposizione per discutere, programmare, progettare assieme.
10 luglio 2019
Io credo che questo articolo sia estremamente importante e apra la necessità di porre al centro la questione della democrazia ecologica ove accanto alla questione ambientale si affrontino i temi della pace, della nonviolenza,della trasparenza e soprattutto della democrazia in genere.
Oggi l’incontro fra ecologia e liberali può portare a nuovi ed importanti sviluppi.
Si tratta di cominciare a lavorarci ed io sono disponibile.
Danilo Bruno-storico,membro del consiglio federale dei Verdi e dell’esecutivo regionale ligure
Pienamente aperti e disponibili a proseguire il confronto e il costruttivo dibattito che abbiamo avuto modo di avviare con Antonio Caputo e Pierfrancesco Pellizzetti qui a Genova a Palazzo Ducale, proprio nel corso di un evento organizzato da Critica Liberale durante la campagna elettorale. Evento purtroppo poco partecipato ma dove Possibile e i suoi comitati in liguria sono stati rappresentati da me e Riccardo Pagliettini, trovandosi in piena sintonia con le analisi e le proposte di lavoro ribadite anche in questo articolo. Temi che ci trovano partecipi e disponibili da subito.
Roberta Burroni – Comitato scientifico nazionale Possibile e coordinamento Liguria Possibile
Abbiamo avuto già occasione di affrontare queste tematiche con piacere e interesse durante la campagna elettorale in un incontro a Palazzo ducale a Genova con Antonio Caputo e Pierfranco Pellizzetti. Un incontro non molto partecipato al quale abbiamo partecipato io e Riccardo Pagliettini e che sarebbe da riproporre al più presto in un confronto ampio, per le prospettive politiche che pone e che largamente condividiamo. Siamo da subito disponibili ad organizzarci e aprire una collaborazione in tal senso.
Roberta Burroni – Comitato Scientifico nazionale Possibile e coordinamento comitati Liguria Possibile
Sono totalmente d’accordo con l’amica Roberta anche perché una coscienza etica e nonviolenta non può prescindere dal pensiero di Mazzini, da quello del liberalsocialismo e da altri grandi pensatori come Capitini, Danilo Dolci,…e dalle riflessioni del Papa.
Bisogna però che tutte e tutti ( Civati in primo luogo) abbandonino i toni intolleranti usati fino ad oggi.
Danilo Bruno
Storico, socio ICOM, vicepresidente della sezione Sabazia dell’istituto internazionale di studi liguri
Responsabile organizzazione verdi liguri
Membro dell’esecutivo regionale ligure
Consigliere federale nazionale
Credo, Danilo, che lo spirito e la proposta che sta portando alla nostra attenzione la Fondazione Critica Liberale con questo articolo, ribadiscano lo spirito e la proposta con cui personalità come Caputo, ad esempio, hanno accettato di candidarsi con EuropaVerde alle elezioni europee. Civati, in questo momento è in giro per l’Italia a portare avanti una proposta aperta a tutte e tutti e che si basa su quel patrimonio comune di idee e pensieri ormai riconosciuto e rappresentato proprio da Alexander Langer, proponendo l’avvio di un processo che porti ad una vera e propria “costituente ecologica”, con queste parole:
“Se si vuole riconoscere ed ancorare davvero la desiderabilità sociale di modi di vivere, di produrre, di consumare compatibili con l’ambiente, bisognerà forse cominciare ad immaginare un processo costituente, che non potrà avere, ovviamente, in primo luogo carattere giuridico, quanto piuttosto culturale e sociale, ma che dovrebbe sfociare in qualcosa come una *Costituente ecologica*. In fondo le Costituzioni moderne hanno il significato di vincolare il singolo ed ogni soggetto pubblico o privato ad alcune scelte di fondo che trascendono la generazione presente o, a maggior ragione, la congiuntura politica del momento. Se non si arriverà a dare un solido fondamento alla necessaria decisione di conversione ecologica, nessun singolo provvedimento sarà abbastanza forte da opporsi all’apparente convenienza che l’economia della crescita e dei consumi di massa sembra offrire.”
Questi i toni e le idee che mi sembrano assolutamente “assonanti” con la proposta e la disponibilità che la Fondazione Critica Liberale ci sta offrendo, e che sono certa, condividiamo entrambi.
Roberta Burroni – CS Possibile e coordinamento comitati Liguria Possibile
Ciao,
se venire a Roma e pretendere le dimissioni del gruppo dirigente dei Verdi per sostituirlo è l’avvio di un dialogo credo che tra Possibile e noi passi la medesima differenza che passa fra chi si crede una sorta di fondatore di una nuova religione e un gruppo di persone,che lottano per la democrazia e la libertà
Mi spiace Roberta ma temo che il problema Civati si riduca tutto a questo:io sono solito come Critica Liberale e Caputo usare la mia testa tanto che sono stato espulso dai comunisti italiani a suo tempo mentre alcune e alcuni militanti di Possibile?Non sono in grado di dirlo e non parlo dei presenti ovviamente perche’ ti conosco e ti voglio bene
Mi dispiace che con il procedere dei commenti rispetto alle dichiarazioni di reciproche disponibilità a incontrarsi sulle proposte dell’articolo della Fondazione Critica Liberale, stia emergendo qualcosa di diverso e direi contrapposto all’invito dello stesso articolo.
Per quanto concerne Possibile, i cui valori fondanti e i contenuti organizzativi e programmatici sono quelli del Patto Repubblicano e del suo Manifesto ai quali tutti possono accedere dal sito https://www.possibile.com, non posso far altro che ribadire la piena condivisione su quanto proposto e disponibilità a ragionare in maniera ampia e aperta come sempre su queste tematiche e idee programmatiche.
Non avendo potuto partecipare personalmente alle assemblee tra candidati di EuropaVerde svoltesi dopo le elezioni, se è quelle di cui parli e alle quali Civati non ha presenziato, non so a cosa ti riferisci, ma ritengo avremo modo di parlarne altrimenti senza tediare con ulteriori commenti su questo articolo, con il rischio di sviare l’attenzione dai temi proposti di alto valore ricacciandoli a livelli e modalità di dibattito politico (che è la cosa che peraltro ci stanno chiedendo di non fare) anche per non ripercorrere errori già fatti.
Concludo semplicemente ribadendo tutta la piena disponibilità e interesse a confronto sui temi proposti, magari organizzando iniziative congiunte e pubbliche sulle prospettive offerte, con una discussione ampia e partecipata, soprattutto rivolta ai giovani e alle giovani.
A presto. Roberta