riccardo mastrorillo
Molti storici pongono nel 1215, con la firma da parte del Re d’Inghilterra della “Magna Carta”, la nascita del sistema parlamentare. Quella carta stabiliva che il sovrano non potesse esigere tasse senza il consenso del Parlamento. Per questo motivo in qualsiasi paese del mondo, la legge di bilancio e la legge finanziaria, vengono votate coscientemente dal Parlamento.
Quello che è accaduto e che sta accadendo in questi giorni è di una gravità inaudita, la maggioranza di governo, che, ricordiamo, non è espressione di un voto popolare, in quanto i due partiti erano candidati in diverse e opposte coalizioni, ha, di fatto, presentato la legge di stabilità nel tardo pomeriggio del 23 dicembre. Non è qui che vogliamo analizzare la cialtroneria estrema con cui si è presentato alla pubblica opinione una cosa, si è minacciato uno scontro istituzionale con la Commissione Europea, per poi cedere, quasi su tutto, alle rigide regole di stabilità imposte dall’Europa. Quello di cui parliamo è la conseguenza di questa cialtroneria. L’imposizione, ad un Parlamento già largamente delegittimato, di un vero e proprio ricatto: stravolgere i principi della democrazia parlamentare, approvando senza poterlo nemmeno leggere, un provvedimento di tale portata, ovvero, da un lato, passare il Natale in Parlamento, dall’altro intraprendere la via, a questo punto obbligata, dell’esercizio provvisorio del bilancio. Poiché la fretta è nemica del bene, ci aspettiamo di scoprire altri e più gravi disastri nei prossimi giorni.
Questo atteggiamento largamente diffuso e disgustoso di considerare gli istituti di democrazia parlamentare come mere funzionalità burocratiche da aggirare, è assolutamente da combattere, con qualsiasi mezzo, perché in gioco ci sono quei valori superiori che garantiscono la libertà.
Le responsabilità di quello che è successo è chiaramente e inequivocabilmente della maggioranza di governo, dei membri del Governo, tutti, ma anche di tutti i componenti dei gruppi parlamentari della Lega e del Movimento 5 stelle. E’ arrivato il momento in cui è indispensabile fare una scelta netta tra la democrazia parlamentare e la dittatura populista. E a questa scelta sono chiamati oggi a decidere ognuno dei parlamentari, perché il principio del “senza vincolo di mandato” serve proprio a questo, ed è ancora per fortuna in vigore.
L’obiettivo comune, non solo di 5 stelle e Lega, di rendere il parlamento un’inutile orpello della generazione borghese, si è consumato, ma il lavoro di erosione continua e costante non è partito ieri: ci sono altri e ben più consapevoli colpevoli, forse più responsabili perché vi hanno lavorato con sagacia e determinazione e non, come è accaduto in questi giorni, dove sono giunti a questo, per quella tipica casualità che deriva dalla somma di incapacità e ignoranza.
Il primo colpevole è Berlusconi, fu lui a inventare il geniale escamotage del maxiemendamento, composto da un unico articolo e oltre 700 commi, interamente sostitutivo del disegno di legge del Bilancio di previsione dello Stato e bilancio pluriennale per il triennio successivo, sul quale, forzando l’interpretazione della Costituzione e dei Regolamenti Parlamentari il suo governo pose la fiducia. Accadde 15 anni fa, e all’epoca, colpevolmente, anche l’opposizione non ne fece una questione di principio. Del resto, non a caso, nel marzo del 2009 Berlusconi, ad un’assemblea dei deputati del Pdl, aveva proposto di cambiare i regolamenti parlamentari e di fare votare solo i capigruppo con voto proporzionale ai deputati. Anche questo sogno lo realizzerà probabilmente questa maggioranza che, a gennaio proporrà la riduzione dei parlamentari e l’abolizione dell’art.67 della Costituzione, quello per intenderci del “senza vincolo di mandato”.
Il secondo è Monti, fu lui a introdurre la pessima abitudine di approvare, nei consigli dei ministri, “i titoli” dei provvedimenti, rimandando la stesura del testo ad un lavoro successivo, abitudine mutuata dalla sua frequentazione dei Consigli di Amministrazione delle società, ma che ha portato negli anni all’abuso delle “furbate” in barba a uno dei principio cardine della democrazia parlamentare: la trasparenza nella legislazione e il tempo di approfondimento prima di deliberare. Con le conseguenze che abbiamo conosciuto nella scorsa legislatura, dove qualche provvedimento ha subito più di una modifica nel corso dello stesso anno di approvazione, per correggere errori.
Altro responsabile è il Partito democratico nella sua complessità, che nel corso della scorsa legislatura ha prodotto una serie interminabile di strappi, violazioni dei regolamenti parlamentari, e anch’esso ha fatto un largo e smodato abuso della questione di fiducia, in materie nelle quali era palesemente illegittimo. Non da ultimo, anch’esso, modificando, all’ultimo minuto, i contenuti della legge di bilancio, anche se non con la sfacciata cialtroneria cui abbiamo assistito in questi giorni.
Possiamo comprendere chi critica la modalità di approvazione della legge di bilancio in uso nel passato, quando attraverso gli emendamenti approvati in parlamento, talvolta, le misure venivano stravolte, ma forse allora sarebbe stato opportuno affrontare con calma e approfondita competenza, una modifica di queste modalità. Sapere che il Parlamento deliberi su testi nemmeno letti è un fatto che ci trasmette un’angoscia mortale.
D’accordo su tutto. E sull’angoscia che trasmette a noi cittadini la prospettiva dell’ introduzione nella Costituzione del vincolo di mandato, una autentica violenza alla liberta’ di espressione dei parlamentari. Mi consola solo il fatto – anche se mi rendo conto che e’ una consolazione molto amara – di non aver assistito all’ennesimo balletto degli emendamenti alla finanziaria presentati a fini clientelari o per compiacere le lobbies, una consuetudine di cui sono stati protagonisti parlamentari di tutte le forze politiche della seconda repubblica, nessuna esclusa.