IL DISCORSO DELLA NONNA E DELLA SUOCERA

Il blocco etico sociale democratico secondo Barack Obama

di giorgio benigni

 

Con quella certa spocchia da dotti dell’Aeropago, in Europa e in Italia si è spesso guardato alle convention per le presidenziali degli Stati Uniti d’America come a passerelle mediatiche buone per le pagine di costume ma con l’idea che la politica fosse altrove.

Eppure è proprio da appuntamenti come questi che esce fuori lo spirito del tempo, che si può cogliere la cifra ideologica delle forze in campo, della posta in gioco, che emerge l’identità del partito americano, partito coalizionale che, nonostante tutto, era e resta il “moderno principe” della più potente democrazia del mondo.

Si perché a parte i nomi più o meno altisonanti degli oratori il protagonista della convention di Chicago è, e questa volta più di altre, anche per il come si è arrivati alla designazione della candidata presidente Kamala Harris, proprio il Partito Democratico americano con il suo pluralismo, con le sue diverse sensibilità o, per dirla all’italiana, con le sue correnti. E’ il partito, che ha chiesto a Biden di rinunciare alla corsa, ed è il partito che ha designato la vice presidente.

Epperò quella che in Europa sarebbe stata raccontata come un’operazione di palazzo, ecco che attraverso la convention diventa un manifesto politico ideologico in cui il tema principale che ogni oratore è chiamato a svolgere è niente di più e niente di meno del: “chi siamo”.

Senza la pretesa di fare una ricognizione generale di tutti gli interventi può essere sufficiente soffermarsi sul discorso di quello che ad oggi è di fatto uno dei veri capi del Partito Democratico, l’ex presidente Barack Obama.

Il suo “chi siamo” parte dalla definizione di chi è la candidata presidente per cui chiede di impegnarsi a votare e far votare: “qualcuno che lotta per te, qualcuno che si prende cura di te”. In questa visione il governo, l’amministrazione, non sono i nemici del cittadino americano democratico, come invece lo sono spesso per quello repubblicano. Sono, anzi, i suoi alleati.

É il governo che ha il compito di costruire le condizioni perché tutti possano realizzarsi, perché tutti possano sentirsi liberi. La libertà non è un dato della natura è una conquista della politica, ma a una condizione: che la politica se lo dia come compito. Ecco, la dimensione del compito, the task, la dimensione etica, è fondamentale nell’oratoria politica americana. E una convention serve proprio a questo, a ridefinire i compiti che una comunità politica dà a se stessa e alla futura amministrazione.

E quale sarebbe dunque questo compito? Nessuna novità: custodire, preservare e promuovere per il futuro l’idea di America come terra delle opportunità per tutti. E i democratici per Obama sono quelli più titolati a incarnare a interpretare questo mandato che poi non è altro che il contratto sociale scritto una volta per sempre nella Dichiarazione d’indipendenza e nella Costituzione americana: “we the people” . Il compito è costruire il futuro e non temerlo, sperare che sia sempre meglio del presente e del passato, il compito è organizzare la speranza non alimentare la paura. E Obama non ha dubbi: “Kamala è pronta per questo compito”.

E siamo al terzo asse portante del discorso dell’ex presidente. Essere pronti a svolgere questo compito significa essere titolati a guidare il Paese, ad esserne il leader. Obama esplicita la sua idea di leadership come idea di direzione, ma una direzione che corrisponde a una identità e a dei compiti che sono patrimonio collettivo del Partito Democratico e che quindi, la candidata presidente, meglio di tutti incarna e rappresenta.

Ma se questo è, la conclusione è che il presidente e il vice presidente degli Usa non sono, populisticamente, “uno di noi”, non devono essere votati per la loro “normalità” ma al contrario proprio per la loro capacità di leadership. La distinzione tra dirigenti e diretti con l’assegnazione di specifiche e distinte responsabilità ai dirigenti è una grande acquisizione del pensiero democratico realista e il migliore antidoto al populismo. In questa visione della leadership non c’è posto per il culto della personalità ma solo una trasparente, democratica condivisa attribuzione di responsabilità.

L’intervento di Obama si conclude con il ritratto di due donne per lui significative: la mamma di Michelle, morta da poco e sua nonna che lo ha cresciuto. Sebbene diverse senza molto in comune, condividevano però una simile visione della vita. Volevano dare ai figli e ai nipoti qualcosa di meglio. Ma nell’onestà e nell’integrità con la dolcezza e il duro lavoro. Non erano ossessionate da quello che non avevano, ma gustavano quello che avevano e aiutavano gli altri. E più di tutto, volevano vedere i loro bambini fare cose e andare in posti che non avrebbero mai immaginato per se stesse.

É il ritratto del blocco sociale democratico, di una working class e di una middle class che non solo sentono il compito di migliorare la vita dei loro discendenti ma di lasciare il mondo migliore di come lo hanno trovato, che lavorano per sogni e traguardi che forse non vedranno. É un blocco sociale che nelle parole di Obama diventa un blocco etico sociale. Una comunità consapevole di una identità, dei propri compiti e di una leadership che li rappresenta e li realizza.

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