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REPUBBLICA 3.0 – 1-“COPIANDO ARTICOLI DISCREDITI IL GIORNALISMO”

di  massimo alberizzi, Senza Bavaglio on 30 Ottobre 2020
Dopo la pubblicazione sul “New York Times” di un articolo sui Falun Gong  che Repubblica ha copiato, Massimo Alberizzi, membro della Giunta esecutiva della FNSI, ha inviato una lettera al direttore di Repubblica, Maurizio Molinari. Milano, 25 ottobre 2020

Caro Maurizio, con un certo dispiacere devo segnalarti un fatto abbastanza increscioso. La sua gravità mi ha da un lato amareggiato, ma dall’altro indignato. Ieri abbiamo pubblicato sul sito di “Senza Bavaglio” (www.senzabavaglio.info) su loro concessione la traduzione in italiano di un articolo del “New York Times”, uscito nell’edizione online il giorno prima . E’ un’inchiestona sulle infiltrazioni del Falun Gong nei media americani, fatte di disinformazione e fake news in favore di Trump e dell’estrema destra USA. Ecco il testo pubblicato del New York Times. Come vedi è datato 24 ottobre, giorno che mi è stato recapitato perché sono abbonato.

L’articolo è molto lungo e dettagliato. Noi l’abbiamo ripreso e tradotto in italiano

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REPUBBLICA 3.0 – 2- LA LINGUA TAGLIATA

di enzo marzo

Questa lettera, inviata alla rubrica delle “lettere a Corrado Augias”, il 21 ottobre 2020, non è stata pubblicata.

Caro Augias, non si abbatta e continui la battaglia a favore della lingua italiana. Vorrei aggiungere solo due argomenti che aggravano la responsabilità di chi favorisce l’invasione di parole straniere. Primo: la lingua è il patrimonio maggiore di un paese. Il suo “imbastardimento” è il segno sicuro del declino di un popolo. Trovo folle che questa decadenza trovi come principale responsabile proprio il Governo. Non c’è bisogno di scomodare Habermas e la sua affermazione: «Tutte le decisioni politiche esecutive devono essere formulate in una lingua ugualmente accessibile a tutti i cittadini». E’ ovvio. Possibile che a Palazzo Chigi siano così “vetero provinciali”? Proprio nel momento in cui era necessario farsi capire assolutamente da tutti, ovvero in questi mesi di coronavirus, il corrispondente inglese di “clausura” e moltissimi altri termini stranieri introdotti in provvedimenti governativi dimostrano che il nostro ceto politico non sa che il 10% dei nostri studenti è in grado di leggere un testo, ma non di comprenderne i contenuti, e che il 46,1% degli italiani si trova in condizione di “illetteralismo”, non riesce cioè a superare il livello base di comprensione di un brano di prosa. Si tratta di oltre 33 milioni di persone. Secondo argomento: ci tengo molto, e ci ho scritto adesso un libro sopra. Si tratta di come noi giornalisti, in mille modi, anche con la lingua che usiamo, violiamo i diritti dei lettori. Perché il lettore ha il diritto di comprendere. E poi ci lamentiamo che scappano.

Cordiali saluti  Enzo Marzo (enzomarzo@gmail.com)

PER I LETTORI DI QUESTO SITO AGGIUNGIAMO UN POST CHE DEDICHIAMO A CHI VARA JOB ACT E LOCKDOWN

 

https://fb.watch/1t1rFVuUp6/

Corrado Stajano lascia il Corriere dopo 30 anni: “Il Paese si è rotto”

di V.R. [da professione reporter – 9 settembre 2020]

Corrado Stajano lascia il Corriere della Sera. Con una lettera al presidente della Rcs Urbano Cairo, il giornalista e scrittore rinuncia, chiude un’epoca, considera concluso un rapporto che dura da più di trenta anni.

Inspiegabile, incomprensibile? Non vuole fare polemiche, Stajano. A Professione reporter che gli chiede conferma della notizia, dice solo: “Il paese si è rotto”. Poche sillabe che, al di là dei suoi rapporti con il primo quotidiano italiano, contengono uno sguardo e un giudizio di ben più vasto significato.

Tristezza? Lui la chiama “liberazione”.

Negli ultimi mesi la firma di Stajano non è mai comparsa sul Corriere. Da febbraio, da quando Milano e la Lombardia sono stati sconvolti dalla pandemia, il giornale non gli ha chiesto nulla. Lui che ha scritto “La città degli untori (alla ricerca del cuore e dell’anima di una metropoli)” non è stato neppure interpellato. Neanche una telefonata. E del resto il telefono non ha squillato neppure nei venti giorni da quando a via Solferino è arrivata la sua lettera.

Non è un ragazzo, Stajano. Ha scritto sul Mondo, sul Giorno, su Panorama, sul Messaggero, ha pubblicato libri sul fascismo, sulla democrazia, sul terrorismo (Un eroe borghese, Africo). Al Corriere, assunto nel 1987 da Ugo Stille, ha collaborato con Paolo Mieli, con Ferruccio De Bortoli, ha scritto centinaia di articoli, di inchieste, di commenti.  La sua non è una firma qualsiasi. Autore per la Rai di documentari televisivi di argomento politico, sociale, culturale (tra gli altri: “In nome del popolo italiano”; “Le radici della libertà”; “Nascita di una formazione partigiana”, tutti con Ermanno Olmi, ma anche “La repubblica di Salò” e “La forza della democrazia”), Staiano è stato senatore della Repubblica, eletto come indipendente nelle liste del Partito Democratico della Sinistra (1994-1996) e ha fatto parte della Commissione Giustizia e della Commissione Antimafia.

Forse è comprensibile e giusto che uno come lui prenda carta e penna e si dimetta. Una delle poche cose che Professione reporter riesce a strappargli è: ”Ho scritto al presidente, perché il direttore del Corriere io non lo conosco, non l’ho mai visto!”.

Possibile? Un segno dei tempi, che il paese si è rotto, come dice lui? Oppure la spiegazione del perché i giornali perdano tante copie. Un mondo strano quello del nostro giornalismo. Se Stajano va via dal Corriere vuol dire che qualcosa non funziona e che bisogna capirlo presto, prima che sia tardi.

VALENTINA BISTI, INVENTRICE DELL’AUTO-MARCHETTA.OVVIAMENTE L’ORDINE DEI GIORNALISTI DORME SONNI COMPLICI

Il tg1 sempre di più sui carboni ardenti? E il direttore (che di cognome fa proprio Carboni) adesso deve fare i conti con l’ultimo grattacapo. Accade durante l’edizione del Tg delle 13.30. Nella rubrica Billy, dedicata ai libri, viene presentato il volume di Valentina Bisti (ex conduttrice di unoMattina e volto del tg1). Casualmente alla conduzione di quella rubrica c’è proprio la Bisti.

Che “lancia” il servizio sul suo libro. Un episodio alquanto strano, forse imbarazzante, che agita le acque nei corridoi di Saxa Rubra. Non era mai accaduto prima: nessun giornalista del Tg1 aveva mai parlato delle propri libri in quella rubrica. Tra l’altro, da spifferate giunte alle nostre orecchie, sembra che da quando Luverà sia diventato vicedirettore del Tg1 (dal 2018) abbia rinunciato alla conduzione della rubrica Billy (che sembra continui a curare con interviste a vari autori).

E allora: chi ha deciso la messa in onda dell’intervista all’ex conduttrice di UnoMattina durante la sua conduzione? Il direttore Carboni è al corrente di quanto accaduto nell’edizione delle 13.30?

[da Dagospia]

“Working at home”: per i giornali una scorciatoia sbagliata

di raffaele fiengo

L’espressione “Docking station” fa venire in mente la sequenza di “The Wall” dei Pink Floyd. Ma ahimè non con il computer che viene collegato. Mi immagino (scherzo) il giornalista turnista che arriva e viene collegato, direttamente lui, con il cavetto o senza.

“Working at home” durante le settimane paurose del Coronavirus è stato l’unico modo per portare in edicola e nelle case (dove eravamo tutti rinchiusi salvo brevi uscite ammesse per cibo, farmaci, giornali e sigarette) l’informazione qualificata,  bene primario. A Milano ho fotografato più volte la fila all’edicola e mi ha scaldato un po’ il cuore.

Pensare però che sia stato scoperto, come una mela caduta da un albero, un nuovo modo di fare i giornali (economico e innovativo) è una insidiosa e sbagliata scorciatoia.

Esiste un principio solido,  collaudato, una costituzione materiale del giornalismo: «L’impostazione del lavoro giornalistico è il frutto di un’opera comune, al quale ogni giornalista è chiamato a partecipare secondo le sue competenze. Il direttore, e chi lo rappresenta, ha una funzione di guida che esercita solidalmente con l’intero corpo redazionale, nel riconoscimento delle rispettive prerogative».

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E’ UNA BUFALA DIRE CHE I GIORNALI NON SONO VENDUTI –  “Liberi tutti” del Corriere, dove la pubblicità si divora il giornalismo

da “professione reporter”

“Liberi tutti”, pagine del Corriere della Sera del sabato. Dove la pubblicità si tuffa nel giornalismo. O il giornalismo si getta nella pubblicità.

Pagina 31 del Corriere del 20 giugno, titolo: “Fendi, ripartire da Roma”. Paginata sul concerto della violinista Anna Tifu sullo scalone del Palazzo della Civiltà all’Eur, Roma. Il Palazzo, realizzato dal Fascismo per l’Expò 1942 che non ebbe mai luogo, è diventato quartier generale di Fendi. La concertista indosserà tre capi alta moda Fendi.

Pagina 32: “Dallo sport alla musica rap. I nuovi mondi di Bikkembergs”. Brikkembergs, per chi non sapesse, è un marchio di scarpe da ginnastica. Foto del rapper Fedez, tutto vestito di verde, con ai piedi la “capsule collection” di Bikkembergs. “Fedez ha avuto una partecipazione attiva alla realizzazione della scarpa, dandogli una connotazione unisex contemporanea”, ci informa Dario Predonzan,  coo (chief operating officer) dell’azienda Levitas, che fa capo al marchio Bikkembergs.

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I collaboratori sono i nuovi riders, gli editori i caporali

di  andrea garibaldi

Giornalisti come riders? Editori come caporali della piana di Gioia Tauro?

Il paragone, evocato dal segretario della Fnsi, Raffaele Lorusso, è corretto. Lorusso ha anche ricordato l’inchiesta del tribunale di Milano che ha portato a commissariare Uber.  Per caporalato.

Dopo una lunga cavalcata al fianco di medici, avvocati, architetti e notai, il giornalismo assimilato alle professioni liberali finisce qui. Il prestigio sociale, anche a causa di tante cialtronate dei giornalisti stessi, è finito da tempo. La dignità retributiva è all’ultimo miglio.

Dalle cabine di prima classe alla fame. Secondo le nuove tabelle preparate da Caltagirone Editore e inviate ai collaboratori del Messaggero, gli articoli sono pagati da zero a 7 euro, a 13, fino a 39 euro (ma solo oltre le 3500 battute e solo in cronaca nazionale). Ciascun collaboratore non può pubblicarne più di 30 al mese. Incassi ipotetici, quindi, che vanno da 210 a 1170 euro mensili (nel caso, assurdo, di 30 pezzi da oltre 3500 battute).

Naturalmente, lordi.

Il Gruppo Caltagirone ha, nell’insieme, un fatturato di 1,5 miliardi.

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“MA QUANTO E’ BUONO CALTAGIRONE”

di Professione reporter

[e.ma.: Finalmente una buona notizia:   il povero palazzinaro Caltagirone, che era riuscito a far scrivere i collaboratori del suo Messaggero  ricompensandoli con una miseria , ma tale da permettere loro di sopravvivere a pane ed acqua, sta tentando un esperimento che aprirà nuove vie al giornalismo italiano. Sulla base di studi scientifici  prodotti da qualche università di paesi dove ancora persiste lo schiavismo, il palazzinaro, che prende copiosi finanziamenti pubblici, inaugura un nuovo corso che si fonda su un ragionamento ineccepibile: se un collaboratore riesce a scrivere nutrendosi a pane ed acqua, perché non proviamo a sottrargli il pane e vediamo  se non diminuisce la qualità del prodotto? La Federazione nazionale della stampa, da anni complice degli editori, sta assistendo ammirata a questa prova, che se  avesse successo potrebbe essere introdotta persino nel prossimo contratto nazionale.]

Il Messaggero aggiorna le tariffe da fame nel silenzio del sindacato

 

Sono le nuove tariffe imposte dal Messaggero di Roma di Francesco Gaetano Caltagirone ai collaboratori. Un listino tipo barba, capelli e shampoo. il giornalismo però non è solo fatto di un tanto a battuta sul computer. Può esserci qualità ed esclusività anche in 30 righe.

Il nuovo tariffario è prendere o lasciare.

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“PERCHÉ RESTO A REPUBBLICA” – UNA OPINIONE CONTRARIA, OVVIAMENTE CENSURATA

IL 28 MAGGIO MICHELE SERRA , RISPONDENDO A UN LETTORE SUL “VENERDÌ” DI “REPUBBLICA”, HA MOTIVATO LA SUA DECISIONE DI RESTARE A GEDI DI ELKANN (GRUPPO SEMIMONOPOLISTICO NELLA CARTA STAMPATA, CON I SUOI 16 QUOTIDIANI, L’ESPRESSO E ALTRI PERIODICI).   

ENZO MARZO HA INVIATO ALLA RUBRICA  “SERRA RISPONDE AI LETTORI” UN COMMENTO CRITICO CHE OVVIAMENTE NON E’ STATO PUBBLICATO. 

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AVVISATE I DIRETTORI

di enzo marzo

Avvisate Sallusti, il direttore del “Giornale” di Berlusconi, che ieri le mozioni di sfiducia contro il ministro Bonafede sono state bocciate. Lui non se ne è accorto perché ha titolato a nove colonne: “Bonafede dimezzato, grillini azzerati”. La notizia della doppia sconfitta dell’opposizione si è persa nelle nebbie della cattiva coscienza, dell’informazione servile, della consueta presa per i fondelli dei lettori (che però se lo meritano).

Avvisate Belpietro, direttore della “Verità”, che la da lui tanto annunciata e attesa caduta del Governo , ieri, non è avvenuta perché le opposizioni di destra sono state sconfitte. Il caro Salvini ha aggiunto solo un grano al rosario delle sue catastrofiche iniziative. E non pensi , Belpietro, di aver rispettato le regole giornalistiche perché ha dato la notizia su una misera colonnina… Capiamo il “gran dispitto” del Direttore che il giorno prima aveva ordinato al Senato: “Bonafede deve lasciare”. Ma il Senatus si è permesso di non obbedire alla  “Pravda” dell’estrema destra. E’ davvero una “mala bestia”…

LA MANCIA FIAT

Pubblichiamo la lettera inviata da Maurizio Molinari, nuovo direttore di “Repubblica 3.0”, [Repubblica 1.0 era di centrosinistra, Repubblica 2.0 in un giorno è diventata  devotamente renziana, Repubblica 3.0 in un giorno è diventata di destra]. Una volta i giornalisti non erano trattati come camerieri, cui lasciare la mancia per aver portato più piatti al Padrone. [e.ma.]