[e.ma.] LA GRANDE TRUFFA. Uno dei non minori mali che affliggono la politica italiana è nella più che trentennale truffa che l’ignoranza e la malafede hanno perpetrato nel linguaggio politico e nella battaglia delle idee. Così “scientificamente” si è voluto regalare la bandiera liberale a un demagogo millantatore che fino ad allora aveva fatto affari di bassa lega con il partito socialista. L’etichetta di “liberale” a Berlusconi è servita e serve ancora a dare uno straccio di dignità politica a chi ne è totalmente sprovvisto. I complici sono molti: si va da Bertinotti alla stampa padronale, persino al Pd sempre incline all’inciucio e al compromesso di potere. Il tutto si inserisce in un equivoco costruito ad arte, che fa confondere e identifica il liberalismo col liberismo, e neppure con quello classico della scuola italiana, ma con la versione “selvaggia” di quello austriaco e americano. Fino ad arrivare a sfondare ogni diga persino del buon senso e del ridicolo: cosi si scambia il missino Tatarella con Croce, Dell’Utri con Einaudi; diventa liberale, anzi liberale doc, un putiniano-razzista-clericale come Fontana. Come ci si possa, la mattina, guardarsi allo specchio senza ridere o vergognarsi, non si sa proprio. Ci si strofina su Meloni come nel 1922 i fascioliberali su Mussolini.
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il richiamo democratico alla serietà
di riccardo mastrorillo
Hanno votato ai referendum il 20,9% degli elettori. É l’affluenza più bassa nella storia dei referendum abrogativi in Italia. Era l’obiettivo dichiarato che come comitato “ilNOmedianteilNON” ci eravamo prefissati. Questi referendum sono stati favoriti in ogni modo: l’accorpamento con le elezioni amministrative (mai ottenuto in nessuno dei precedenti), una mobilitazione straordinaria delle televisioni, in particolare il servizio pubblico che ha messo in campo 75 confronti nelle tribune referendarie, in ogni telegiornale della Rai o di Mediaset è stato dato ampio rilievo ai referendum e sono stati spiegati, in modo impeccabile, tutti i quesiti. Risultano patetiche le proteste,in particolare dei leghisti, che scimmiottando vergognosamente le proteste di Marco Pannella, nel periodo storico dei veri referendum abrogativi, si sono abbandonati a deplorevoli pagliacciate. Continua la lettura di il richiamo democratico alla serietà
UNA SVOLTA POLITICA CHE DEVE CONTINUARE
di enzo marzo
La bocciatura dei 5 referendum sulla giustizia da parte del popolo italiano è stata chiara e netta. E con proporzioni così eclatanti che rende questa consultazione di portata storica. Non per il solo scampato pericolo di un maldestro taglia-e-cuci, ma soprattutto per il rilievo politico della sconfitta: hanno fallito – per la prima volta da troppo tempo – la demagogia e il populismo. È stato sconfitto l’avventurismo cialtrone dei Salvini, dei Renzi, dei Calenda e dei potenti più o meno pregiudicati, ovvero di tutto quel blocco sociale e politico che vive di privilegi e di illegalità, e incrementa a dismisura le disuguaglianze tra i cittadini. È stata sconfitta la “sinistra di destra” che, per conservare il potere, ormai da troppo tempo rincorre opportunisticamente elettori e rappresentanti proprio della peggiore politica illiberale.
I cittadini hanno respinto i quesiti chiesti non dai cittadini ma dai consigli regionali, cioè dalla parte più mediocre della nostra classe dirigente. È stata respinta la solita manovra radicale che truffaldinamente voleva trasformare i referendum abrogativi in propositivi. Ma si sa che i radicali, da decenni, pur di stare sul palcoscenico per qualche attimo, spettacolarizzano masochisticamente il suicidio loro e delle politiche che strumentalizzano. I cittadini hanno risposto avvalendosi del loro diritto di respingere la manovra rifiutando di votare. L’entità del risultato dimostra che la loro è stata una decisione assolutamente politica.
Il mancato voto di oggi significa richiesta impellente di un ritorno alla serietà, alla politica vera, alle sedi istituzionali, alla democrazia parlamentare. La questione della crisi della giustizia, che c’è ed è grave, deve essere affrontata nella sede appropriata. Il Parlamento dovrà discutere approfonditamente una riforma complessa (magari non in questa legislatura, che sicuramente è la peggiore nella storia repubblicana): la crisi della giustizia civile e penale colpisce tutti i cittadini e non si può ridurre a un conflitto di potere tra corporazioni o a un revanscismo ormai datato. Speriamo che il segnale dato oggi sia l’inizio di una vera svolta politica.
Comitato ilNOmedianteilNON
via delle Carrozze, 19 – 066796011
info: Riccardo Mastrorillo 3293251004
DIFENDI IL REFERENDUM NON ANDARE A VOTARE
DUE GIUGNO . LA DEMOCRAZIA DI PIERO GOBETTI
Per noi la democrazia è il regno dell’iniziativa.
Piero Gobetti
In questo 2 giugno 2022 ci sono buone ragioni per tornare su Piero Gobetti. La festa della Repubblica cade a 100 anni dalla Marcia su Roma che ha introdotto nel nostro Paese uno dei regimi più infami che la storia abbia mai conosciuto. Gobetti ha combattuto il fascismo con la sua vita, le sue idee, la sua opera di organizzatore di cultura e di editore. All’intellettuale antifascista dedicheremo il convegno La nostra cultura politica. A 100 anni dalla fondazione della “Rivoluzione Liberale” (27 e 28 ottobre 2022). Il Gobetti editore sarà al centro del programma di lavoro del Centro studi nel 2023 – la casa editrice Piero Gobetti inizia la sua attività il 20 marzo 1923. L’auspicio è che il prossimo Salone del Libro di Torino sia dedicato all’editore ideale.
Il nucleo del messaggio gobettiano può essere riassunto nella contrapposizione tra fascismo e democrazia, con le sue parole tra la «tirannide» e il «regime di moderna democrazia diretta e laica»,
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Un po’ di logica, per non divagare sull’Ucraina
di riccardo mastrorillo
Assistiamo ad un fiorire di ricostruzioni e considerazioni “col senno del poi” sugli errori, che avrebbero commesso gli Stati Uniti e l’Europa dal crollo del muro di Berlino in poi. L’idea più fantasiosa è indubbiamente l’idea che la NATO avrebbe dovuto proporre l’adesione alla Russia.
Tutte le considerazioni semi giustificatrici del comportamento di Putin, che contengono spesso l’ipocrita assicurazione: «Vorrei essere chiaro. Quel che ho appena descritto non giustifica nulla di quel che sta accadendo» (D’Alema), si basano su convinzioni e pregiudizi personali, tra cui, in fondo, un antiamericanismo inconscio, retaggio di antiche ideologie. Anche Paolo Maddalena non si smentisce: «Tutti vorremmo aiutare Kiev, la quale giustamente lamenta di essere stata abbandonata, ma purtroppo essa è la prima vittima di questo balordo sistema economico predatorio neoliberista che spinge gli Stati all’egoismo e non alla collaborazione». Questa affermazione promana da una concezione folle e cioè che possa esserci un sistema economico che obblighi alla collaborazione. Continua la lettura di Un po’ di logica, per non divagare sull’Ucraina
la guerra in casa
riccardo mastrorillo
Stiamo ai fatti: l’Ucraina, a prescindere dalla sua storia e dalla composizione etnica delle sue genti, è uno stato indipendente ufficialmente riconosciuto (anche dalla Russia) almeno dal 1991. Nella serata di lunedì 21 febbraio il Presidente Russo Putin ha annunciato di riconoscere le due Repubbliche secessioniste russofone di Donetsk e Lungansk in quanto Stati indipendenti e ha inviato truppe Russe nei territori sotto controllo dei secessionisti. Compiendo, di fatto, un atto di guerra, violando con evidenza assoluta il diritto internazionale. Oggi ha aggravato la situazione attaccando direttamente il territorio ucraino, mettendo in pratica le peggiori prospettive ipotizzate dai servizi di informazione degli USA. Continua la lettura di la guerra in casa
L’ITALIA LUNAPARK
di enzo marzo
1. Un sospiro di sollievo. Anzi, qualcosa di più di un sospiro di sollievo.
Nell’Italia Lunapark siamo usciti miracolosamente dal Tunnel dell’Orrore. Non si può ragionare sulla vicenda presidenziale senza ricordare e dare la priorità a questo dato psicologico e di fatto.
Entrino, entrino signori. Saliti sul carrello traballante abbiamo imboccato un lunghissimo corridoio di molte settimane in cui ha aleggiato concretamente il Pregiudicato e i suoi fantasmi. Con l’appoggio dichiarato della maggioranza parlamentare meno una manciata di voti. Una bazzecola per chi, i deputati, se li può anche comprare. Il rischio di un’Italia rappresentata da un truffatore dello stato drizzava i capelli in testa. Anche perché era da rabbrividire l’acquiescenza dell’intera destra nonché il mancato scandalizzarsi degli organi di disinformazione. In più, di contorno, c’era la grancassa dei pennivendoli, degli slurpisti di professione, persino degli ex estremisti di sinistra che intonavano le laudi per lo Statista di Arcore ed esortavano gli italiani a essere «riconoscenti» e a «chiedere scusa» al loro Padrone e alla sua combriccola di collusi con la mafia, di corruttori di giudici, testimoni, avvocati ecc. per aver osato uscire dal coro quando si andava compiendo lo sterminio di ogni etica pubblica nel nostro paese.
Non era fantasia perversa solo per impaurire i bambini, è stato un tragico rischio reale.
60 anni senza Luigi Einaudi
di riccardo mastrorillo
con uno scritto di Luigi Einaudi
60 anni fa moriva Luigi Einaudi, non possiamo non ricordarlo come maestro indiscusso di libertà e di uguaglianza. In questo brano che vi riproponiamo è condensato il suo pensiero rivoluzionario e attuale, e si fa chiarezza assoluta su cosa sia liberalismo e cosa sia conservatorismo. In questo brano vi è uno dei pochi accenni che Einaudi fa a Keynes (di cui ad aprile abbiamo commemorato i 75 anni dalla morte), accenno tutt’altro che polemico, ma anzi rivelatore della stima che Einaudi provava per l’economista Inglese. L’accenno allo scopo “redistributivo” della fiscalità generale mette pace sul significato Einaudiano del liberismo: alla faccia dei liberaloidi reazionari che pensano che la flat tax sia una soluzione “liberale”. Grazie Einaudi nostro faro e nostro custode di valori. Ne riparleremo ancora nell’annuario di Critica liberale che uscirà a breve.
Giustizia e libertà
di luigi einaudi
Corriere della Sera», 25 aprile 1948 – Il buongoverno. Saggi di economia e politica (1897-1954), Laterza, Bari, 1954, pp. 117-122 Continua la lettura di 60 anni senza Luigi Einaudi
can can finale della Repubblica italiana: “per Berlusconi al quirinale”
di enzo marzo
Fino a poco tempo fa la lettura dei giornalacci-trash di destra, assunta masochisticamente per volontario obbligo di conoscenza, mi amareggiava la giornata. Le sconcezze di Vittorio Feltri e di Sgarbi, le turpitudini di Borgonuovo, il servilismo di Giordano, le rocambolesche avventure rossobrune di Sansonetti, l’immarcescibile inciucismo verdiniano del “Foglio” mi mettevano di cattivo umore, perché vi vedevo le prove più degradate della disfatta del giornalismo nostrano. Mi chiedevo: possibile che non si possa leggere una sana opinione di destra? Adesso mi sono arreso: la risposta è no, non è possibile, e non resta che prenderla sul ridere. D’altra parte, mi piace questa concorrenza senza freni tra fogli più o meno leghisti e berlusconiani, ma col cuore meloniano, che non sanno più a chi obbedire e si scontrano tra di loro. Belpietro, stretto tra tanti concorrenti, per acciuffare qualche copia tra i militanti di Forza Nuova si è fatto tutto no-vax e no-greenpass. Preso dalla disperazione presto si assesterà su posizioni tolemaiche. Sallusti, che qualche mese fa scriveva col pennino intinto nello sdegno contro il ridicolo golpe dei trumpiani a Washington, e se la prendeva con i seguaci nostrani, ora si è riallineato con gli alleati di sempre. Immobile, stretto tra le nostalgie storaciane e il piduismo eterno di Bisignani, è invece “il Tempo” fermo al Regime.
Ma ora un punto li unisce: far finta di credere alla candidatura di Berlusconi al Quirinale.
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IRRICEVIBILE
di raffaello morelli
Non è dato sapere quale tipo di conseguenze avrà in Italia la nota verbale conosciuta il 22 giugno (tramite un articolo sul “Corriere della Sera”) ma presentata cinque giorni prima all’ambasciata italiana dal Segretario vaticano per i Rapporti con gli Stati, monsignor Gallagher. Tuttavia una cosa va detta subito. Soprattutto visto che mercoledì 23 alla Camera c’è stato – come previsto prima di importanti incontri UE – un dibattito con il Presidente Draghi. E della nota non si è parlato, nonostante lui stesso avesse annunciato alla vigilia che avrebbe fatto un commento strutturato, qualora il tema gli fosse stato posto. Siccome nessun deputato lo ha posto.
La cosa da dire subito a scanso di equivoci che già si stanno profilando, è che la nota verbale di Gallagher costituisce un atto diplomatico di estrema gravità per l’Italia. Di fatti essa afferma che “alcuni contenuti della proposta legislativa in esame presso il Senato (ndr, il controverso disegno Zan) riducono la libertà garantita alla Chiesa cattolica dall’articolo 2, commi 1 e 3 dell’accordo di revisione del Concordato“. Tali parole, in apparenza manifestano il giudizio del Vaticano sulla proposta (del tutto legittimo dal punto di vista delle istituzioni laiche), ma nella realtà hanno l’evidente pretesa di ritenere il Vaticano parte inaggirabile del processo legislativo italiano. La conferma viene non solo dalla lettura del testo, ma dal fatto che la CEI aveva già più volte manifestato il suo giudizio preoccupato sul ddl Zan, Dunque, non è un caso il passaggio da un organo come la CEI interno al dibattito culturale italiano, alle note verbali internazionali. Significa che il Vaticano intende tirare in ballo le norme concordatarie, ritenendo che esse determinino le decisioni dei Governi e delle Camere dell’Italia.
Pertanto la risposta italiana alla nota è un concetto solo: irricevibile (formulato nei termini degli usi diplomatici). Sotto questo profilo la prima dichiarazione corretta è stata quella del Presidente della Camera che ha detto ad Agorà su Rai3 “noi come Parlamento non accettiamo ingerenze. Il Parlamento è sovrano e tale rimane sempre”. Ma sarebbe stato meglio se il principio fosse stato ribadito dal titolare dei rapporti internazionali, il Ministro degli Esteri Di Maio (ad ora nelle nebbie) . Nel pomeriggio del 23, al Senato, il Presidente del Consiglio Draghi ha compiuto un passo in più. Il giorno prima aveva fatto sì un commento corretto – “dovranno essere valutati gli aspetti segnalati da uno Stato con cui abbiamo rapporti diplomatici” – ma parziale, dato che aveva sorvolato sull’aspetto segnalato sopra, cioè l’inaccettabile pretesa vaticana che le norme concordatarie determinino le decisioni dell’Italia. Al Senato ha precisato “il nostro è uno Stato laico, non confessionale. Il Parlamento è libero di discutere e legiferare e il nostro ordinamento è in grado di dare tutte le garanzie verificare che le nostre leggi rispettino sempre i principi costituzionali e gli impegni internazionali, tra cui il Concordato con la Chiesa”. Molto meglio ma non del tutto sufficiente, perché non esprime il concetto decisivo. La nota è irricevibile.
Tra l’altro, se questo concetto di “irricevibilità” non sarà espresso, sarà compromessa l’autonomia del Senato nel decidere sul testo del ddl Zan approvato dalla Camera. E’ un testo che deriva da un giusto intento di convivenza civile e che adopera strumenti assai impositivi. Se non sarà espresso il concetto di “irricevibilità”, qualunque decisione del Senato sarebbe tacciata di essere frutto dell’ingerenza vaticana. Questo è un altro motivo che spinge ad essere subito chiari nel merito della questione istituzionalmente più rilevante. Le istituzioni della Repubblica sono laiche non solo a parole.
2 giugno: la Repubblica incompleta
di angelo perrone
La scelta repubblicana e la Costituzione democratica, fondata sui valori di libertà e solidarietà, furono le basi della ricostruzione dopo la guerra e il fascismo. Il Paese deve saper affrontare le sfide del tempo, facendosi carico della precarietà del presente. L’urgenza di ritrovare il sentimento di fiducia e di coesione sociale
Il 2 giugno 1946 è la data che mette insieme la fatica di fare i conti con il passato e il coraggio di avventurarsi verso il nuovo: un mondo ancora da definire, esposto a cambiamenti imprevedibili, che richiede consapevolezza. Le due esigenze definiscono il compito svolto da quella generazione, e l’impegno assegnato a quelle future.
La data è fortemente identitaria per gli italiani, ne indica la presa di coscienza rispetto al passato, segnato da sangue e sventure, e la volontà di impostare l’avvenire, con un obiettivo primario: trasformare la curva faticosa dell’esistenza in un cammino di speranza.
Quel giorno è segnato da una doppia ricorrenza. La vittoria della repubblica sulla monarchia, e l’elezione dell’assemblea costituente, per fissare nuove regole, ispirate ai valori della Resistenza e della rinascita come paese unito e solidale. Un passaggio storico, a suffragio universale, e, per la prima volta, con il contributo delle donne. Il cui voto fu, verosimilmente, decisivo per la scelta della repubblica.
Il nostro sguardo è rivolto a vicende ormai scolpite nel tempo, ma è sollecitato da quanto è accaduto in seguito proprio in conseguenza di quelle scelte: i problemi risolti, quelli lasciati insoluti, gli altri che all’epoca non erano nemmeno immaginabili, e che solo le trasformazioni successive hanno fatto emergere. In tutta la loro drammaticità. L’attualità della data è in questa complessità.