La procura chiede il rinvio a giudizio. fra le accuse per il sacerdote toscano, truffa e appropriazione indebita: viaggi, hotel a 4 e 5 stelle , spa e shopping con i soldi dei fedeli.
di laura montanari
Massa. Ostriche e champagne, avanzi di caviale sulla tavola del ristorante: un copione collaudato, un inizio quasi banale. Il lusso ostentato, ma con i soldi dei parrocchiani. La procura di Massa ha chiesto al gip di rinviare a giudizio don Luca Morini, il prete cinquantenne che i fedeli di Sant’Antonio a Caniparola e delle altre parrocchie in cui era stato, avevano soprannonimato “don Euro”.
Alberghi a tante stelle, la carta di credito lasciata all’autista perché pagare quei conti astronomici a don Luca doveva sembrare così volgare. E poi lui mica faceva il prete nelle notti in compagnia di una giostra di giovani escort napoletani, milanesi o brasiliani. Lui si travestiva: diventava Mario, Gianni, Paolo e, a seconda delle occasioni, un magistrato con frequentazioni parlamentari o un imprenditore di successo o un cardiochirurgo della Costa Azzurra. Mai quel che era, cioè il parroco di piccoli paesi della campagna intorno a Massa – Fossone, Avenza e Caniparola – ogni giorno alle prese con le comunioni, il catechismo e le anime da salvare.
Oltre due anni di indagini, dieci mesi di intercettazioni, una sfilza di testimoni, fotografie e video per ricostruire la seconda vita di «don Euro» come lo chiamavano i suoi parrocchiani per quella smania di chiedere sempre soldi: diceva che aveva una famiglia da aiutare, le campane da pagare, una colletta per i poveri o una girandola di altre scusa. Dopo la chiusura delle indagini, la procura di Massa ha chiesto per lui qualche giorno fa il rinvio a giudizio. I reati contestati dal procuratore Aldo Giubilaro e dalla pm Alessandra Conforti che ha condotto tutte le varie fasi dell’inchiesta sono: truffa, autoriciclaggio, appropriazione indebita, cessione di stupefacenti, estorsione nei confronti del vescovo (minacciava di diffondere dossier scottanti sui religiosi) ed estorsione nei confronti di altri soggetti. I carabinieri hanno sequestrato, lo scorso maggio, 700mila euro sul conto corrente di don Luca e altri 150mila investiti in un fondo di diamanti. E questo è quel che resta: spiccioli, dopo la dolce vita e il rastrellamento di elemosina, donazioni, fedi e anelli dei parrocchiani.
Massa, escort e lusso: la dolce vita di “don Euro”. La procura chiede il rinvio a giudizio
La parrocchia di Caniparola dove è stato don Luca (foto: Laura Montanari)
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Il fatto è che ci sono altre ombre su questa storia, un grande raggiro secondo le accuse, perpetrata alle spalle dei fedeli ignari. Una storia che comincia a emergere nel 2015 quando un escort napoletano, Francesco Mangiacapra, scopre per caso che il “giudice” con cui certe volte si accompagna in orge e notti di sesso a pagamento e che gli ha promesso un lavoro («so di posizioni aperte in parlamento») è in realtà un prete. Si sente raggirato e avverte così la curia toscana che magari proprio a digiuno di informazioni su don Euro non doveva essere dal momento che il nomignolo, per esempio, era risaputo e quella voracità di denaro poteva far suonare qualche allarme. Invece la curia lo sospende “per malattia” (è tuttora in quiescenza) soltanto quando viene a sapere che la trasmissione televisiva delle “Iene” si occuperà di lui.
Fiutando lo scandalo che sta per scoppiare, siamo a tre anni fa, don Luca viene allontanato dalla parrocchia e sospeso inizialmente per “malattia” (non tornerà più nella sua chiesa). La curia gli trova un rifugio in una villetta a schiera (comprata per 200mila euro) in un quartiere di Massa. Gli danno una domestica per 800 euro mensili e le bollette pagate. Sul campanello di una delle abitazioni di via Taffaria, c’è il suo nome e una vicina dice: «Lo cercava anche un prete nei giorni scorsi, ma da un po’ non si vede in giro». Inutile chiamarlo, il campanello è col codice a tastiera. Lui poi è rimasto in silenzio dall’inizio dell’inchiesta, si è avvalso della facoltà di non rispondere. Del resto le foto sono piuttosto esplicite: lui che sniffa cocaina, lui che bacia un escort, lui beato nella vasca idromassaggio, lui nella discoteca gay, lui a Barcellona, lui che fa regali costosi. A proposito della spa: ne aveva scelta una con un nome pio, in Umbria (“Ai Cappuccini”), così al vescovo poteva raccontare meglio che aveva bisogno delle cure per il suo fegato balordo e il vescovo gli ha versato un contributo in denaro in parte sottraendolo alle “Pie fondazioni legate”, in parte frugandosi nelle tasche (4mila euro).
La domanda è: perché il vescovo cedeva a quelle richieste? Per debolezza o perché temeva il “dossier” su “fatti incresciosi” commessi da altri preti che don Euro avrebbe potuto spifferare? La magistratura ha chiesto il rinvio a giudizio anche per il vescovo Santucci (appropriazione indebita e tentata truffa legata, quest’ultima, al tentativo di accreditare, a don Luca, una malattia al fine di aumentare il premio di un’assicurazione) e per un ex sacerdote amico, Emiliano Colombi, accusato di aver “ripulito” i soldi del parroco girandoli sul proprio conto corrente. Probabilmente non sapeva cosa facesse don Euro o forse ne era succube. Di certo sospetti e voci ne giravano parecchie nei paesini intorno a Massa: “Alla confessione al posto delle preghiere chiedeva soldi” racconta una parrocchiana a Caniparola. “Prendeva anche anelli e fedi, diceva che doveva aiutare persone in difficoltà”.
In paese si narra anche dell’acqua del lavandino sistemata in boccettine e venduta come “acqua di Lourdes” o della raccolta per i poveri che aveva indotto una cooperativa di cavatori (nella zona ci sono diverse le cave di marmo) a donare qualche migliaio di euro. O le suore di un convento (episodio entrato nell’inchiesta condotta dal sostituto procuratore Conforti) che hanno pagato 400 euro per una messa di suffragio per le consorelle, euro che don Luca, secondo le accuse, si è intascato e non ha mai versato alla Diocesi.
Nell’inchiesta ci sono diverse testimonianze di giovani
escort che raccontano gli incontri in hotel e ristoranti stellati, una volta anche su uno yacht, i regali costosi e griffati, i viaggi a Barcellona, Londra, Parigi. Spiega Francesco Mangiacapra (che ha pubbicato il libro “Il numero uno. Confessioni di un marchettaro”, Iacobelli editore, in cui si accenna anche alla vicenda di don Euro): “A lui piaceva ostentare il lusso, fingersi potente”. Con i soldi dei parrocchiani, almeno così secondo l’inchiesta.
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