di franco pelella
Michele Serra ha ricordato mercoledì scorso, su “La Repubblica”, le date maggiormente simboliche della crisi del Pd e della leadership di Renzi. La prima data è il 23 novembre 2014, quando alle elezioni regionali dell’Emilia Romagna si dimezzò il numero dei votanti arrivando al 37 per cento. La seconda data è il primo giugno 2017, quando Antonio Campo Dall’Orto si dimise da direttore generale della Rai, impallinato dai cacicchi dei partiti (Pd compreso); quelle dimissioni costituirono la fine del sogno di autonomia del servizio pubblico e, quindi, la fine di uno dei cardini del renzismo. La terza data è il 19 giugno 2015, quando Fabrizio barca presentò il rapporto sullo stato del Pd romano. Michele Serra, però, ha dimenticato una quarta data, forse più importante delle altre. Si tratta del 15 novembre 2016, quando Vincenzo De Luca, in vista del referendum sulla riforma costituzionale, radunò presso l’Hotel Ramada di Napoli 300 sindaci campani del Pd. In quell’occasione il Governatore della Campania fece il famoso discorso della “frittura di pesce”. In pratica De Luca invitò i sindaci a portare al voto favorevole alla riforma costituzionale il maggior numero di persone possibile utilizzando qualsiasi mezzo o promessa, compresa una frittura di pesce. In quell’occasione divenne chiaro a tutta l’opinione pubblica nazionale che Renzi, in barba alla promessa di rottamazione, aveva stretto un’alleanza con il rappresentante più retrivo del vecchio notabilato meridionale.