di riccardo mastrorillo
Il 12 maggio di 50 anni fa si svolgeva in Italia il primo referendum abrogativo della storia italiana.
Il referendum si tenne per abrogare la legge Baslini/Fortuna che il 1 dicembre del 1970 aveva introdotto il divorzio in Italia.
Prima di commemorare e rivendicare quella grande vittoria della democrazia e della cultura laica, di cui noi siamo eredi e custodi gelosi e intransigenti, prendiamo atto che le istituzioni, i giornali (con poche encomiabili eccezioni) le televisioni hanno ignorato colpevolmente questa ricorrenza.
Se guardiamo l’involuzione dello strumento referendario negli ultimi anni potremmo perderci e non cogliere il momento storico del referendum del 1974. Un referendum voluto e pensato dalla Democrazia Cristiana nella convinzione che la società italiana fosse rimasta prevalentemente conservatrice se non reazionaria. Fu invece una grande vittoria della modernità, che dimostrò quanto la società italiana fosse più evoluta e aperta dei rappresentanti in parlamento: molti, anche nei partiti laici erano convinti che avrebbe vinto il si all’abrogazione. Antonio Baslini condusse la campagna invece con la convinzione che l’avrebbe vinta, dimostrando come fosse più in connessione di tanti suoi compagni di partito e di tanti colleghi politici dell’epoca.
La vittoria della modernità aprì la strada ad una stagione di riforme del diritto di famiglia che negli anni a seguire segnarono finalmente il riconoscimento giuridico della parità tra uomo e donna.
Probabilmente non sarebbe stato possibile, senza quella vittoria, ottenere da un parlamento dove sia a destra che a sinistra, la maggioranza era marcatamente reazionaria, la disponibilità ad approvare la riforma del Diritto di Famiglia (Legge 19 maggio 1975, n. 151), che fu approvata a larga maggioranza con il voto contrario solo del Movimento Sociale.
Non mancarono, nella campagna referendaria, esponenti Cattolici che si batterono per garantire la libertà dei cittadini, in base al principio che le convinzioni morali del Cattolicesimo non potessero essere imposte anche a chi cattolico non fosse o, quantomeno, non le condividesse.
Avevamo proposto formalmente l’emissione di un francobollo commemorativo, ci sarebbe bastato anche commemorare il primo referendum abrogativo nella storia d’Italia, un momento di democrazia diretta comunque oggettivamente fondamentale, eppure anche su questo non abbiamo ricevuto risposta.
Ricordare quella grande vittoria della laicità dello Stato quasi in solitudine e nel colpevole e deliberato oscurantismo reazionario dei poteri italiani ci rattrista. Oggi dovrebbe essere una festa, ma comprendiamo come le istituzioni in questi 50 anni siano involute in un deprecabile perbenismo, tale che anche “Divorzio” possa sembrare una parola rivoluzionaria.
Nel 1974 l’Italia confermò di essere annoverata tra le nazioni civili e moderne, il popolo italiano diede una dimostrazione di maturità democratica e di evoluzione sociale assolutamente ammirevole.
Parteciparono al voto l’87,72% degli aventi diritto i “Si” a favore dell’abrogazione furono 13.157.558 pari al 40,74% e i “NO” a difesa del divorzio furono 19.138.300 pari al 59,26% . Una vittoria netta e straordinaria in quanto si espressero a favore del divorzio, anche rispetto alla totalità degli aventi diritto al voto il 50,84% degli elettori.