di angelo bonelli
Nemmeno la saggezza delle due persone ferite dall’animale (difendeva i suoi cuccioli) che si sono dette contrarie alla sua uccisione sembra fermare il presidente della provincia di Trento. Abbiamo incendiato e cementificato boschi, sottratto sempre di più spazi al mondo animale e ora vogliamo che i boschi diventino la nostra dependance urbana
Nel 1982 usciva il film sperimentale Koyaanisqatsi diretto da Godfrey Reggio. Un documentario senza dialoghi e con collage di filmati che portano in un viaggio dentro la forza della natura e della sua bellezza per passare alla trasformazione impressa dall’uomo all’ambiente in un accelerazione progressiva ed impressionante d’immagini accompagnate da una bellissima e coinvolgente colonna sonora di Philip Glass. Koyaanisqatsi, che in lingua Hopi significa vita turbolenta che porta alla distruzione, è una metafora della vita moderna e della nostra società. Immaginiamo un giorno di svegliarci e passeggiare in un bosco o in una foresta e non sentire più alcun rumore, né di incontrare uccelli o animali. Una foresta senza animali muore: sarebbe un incubo. Quello che vorrebbe l’uomo è avere boschi e foreste sempre più simili alle realtà urbane luoghi dove gli esseri umani pensano di sentirsi sicuri come quando passeggiano nella strada sotto casa o nel giardino del proprio quartiere. Le foreste sono un’altra cosa e bisognerebbe andarci con attenzione e con rispetto. Le foreste mettono paura, la paura che avevamo nelle favole raccontate da piccoli, e quando l’uomo ha paura uccide.
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