La resistenza di Harvard nell’era Trump

di angelo perrone
Donald Trump ha intrapreso una campagna senza precedenti contro le università più prestigiose degli Stati Uniti, con particolare attenzione a Harvard. Questo attacco si basa su accuse (l’antisemitismo nei campus, la diffusione della cultura “woke” radicale e antiamericana), che prendono spunto da episodi reali ma amplificati e distorti.

Trump, con tali pretesti, ha minacciato di tagliare miliardi di dollari in fondi federali destinati alla ricerca e di revocare le esenzioni fiscali per le università che non si conformano alle sue richieste, le quali investono alla fine la stessa missione educativa e civile degli istituti.

Tra le richieste figurano il controllo su programmi accademici, criteri di ammissione degli studenti e politiche di assunzione del personale. Le restrizioni includono anche la minaccia di vietare l’accesso agli studenti stranieri, un provvedimento che potrebbe avere gravi ripercussioni sulla diversità e sull’inclusione nei campus americani. Il congelamento dei fondi ha già portato alla chiusura di laboratori di ricerca e al ridimensionamento del personale in diverse università.

L’attacco all’autonomia universitaria è diretto alla libertà accademica, un pilastro della società americana e delle libertà democratiche. Le università, storicamente luoghi di critica e innovazione, rischiano di essere sottoposte a controllo politico.

Harvard, in particolare, ha resistito alle pressioni, rifiutandosi di modificare la governance, le pratiche di assunzione e le politiche di ammissione, difendendo la libertà accademica come principio fondamentale, anche a costo di subire la riduzione dei finanziamenti pubblici.

Alan Garber, presidente dell’università, ha espresso la posizione dell’ateneo: «Nessun governo—indipendentemente dal partito al potere—dovrebbe dettare cosa le università private possono insegnare, chi possono ammettere e assumere, e quali aree di studio e ricerca possono perseguire». Le parole sono diventate un simbolo della resistenza di Harvard e hanno ispirato altre istituzioni accademiche a seguirne l’esempio.

Nonostante il congelamento di 2,2 miliardi di fondi federali, l’università ha continuato a difendere principi fondamentali, sottolineando che la ricerca e l’insegnamento non possono essere sottoposti a verifiche politiche.

La resistenza di Harvard e di altre istituzioni accademiche è un segnale importante, ma il rischio di un’erosione dei diritti costituzionali sul fronte dell’istruzione rimane alto. Le università, storicamente luoghi di dibattito e innovazione, rischiano il controllo politico.

La politica di Trump, limitando l’autonomia delle istituzioni educative, mina il loro ruolo come centri di pensiero critico e progresso sociale. La riflessione sul valore della libertà accademica e sulla necessità di proteggerla da interferenze politiche mostra che, in tutto l’Occidente, sono gravemente minacciati i valori della democrazia liberale.

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