[nella foto: Ivano Marescotti]
Su “MicroMega on line” l’attore Ivano Marescotti, comunista doc, candidato alle ultime Europee per la lista l’Altra Europa con Tsipras, ha deciso di “ingoiare il rospo”: il prossimo 4 marzo andrà a barrare il simbolo del M5S «come argine a Berlusconi, alle destre xenofobe e contro qualsiasi ipotesi di inciucio».
Lei, Marescotti, si definisce orgogliosamente comunista. Ma nel 2018 che vuol dire essere comunisti? Lei dice: «Innanzitutto, va precisato che il mio comunismo non ha niente a che vedere con lo stalinismo: l’Unione Sovietica negli anni 30-60 era molto più simile al fascismo in Italia di quanto si pensi. Oggi, per me, essere comunista significa identificarsi con le lotte dei comunisti italiani nel secolo scorso. Sono cresciuto al suono di “viva il comunismo e la libertà”, due parole mai disgiunte una dall’altra. Significa semplicemente progettare una società anticapitalistica e provare ad organizzare le classi sociali più deboli e subalterne. Per mantenere una utopia necessaria e, per dirla con Luciana Castellina: “per non rinunciare a all’obbiettivo di coniugare libertà con uguaglianza, qualcosa che non è mai riuscito ad alcuna rivoluzione”».
Caro Marescotti: Non capisco perché ti ostini a dichiararti “comunista” storico, mentre affermi di voler coniugare Giustizia e Libertà.
Più semplice richiamarsi alla lezione, da nessuno raccolta , degli anni ‘30 del movimento “Giustizia e Liberta’ ” di Carlo Rosselli, che non era “comunista” e che quando venne barbaramente assassinato da sicari del regime fascista, Togliatti definì senza alcuna vergogna, “agente dell’Ovra”.
Caro Marescotti, facciamo i conti col passato, senza fare del becero anticomunismo ovviamente, ora che il comunismo storico non c’è più: E basta con gli ossimori, di’ anche Tu qualcosa di “sinistra”!