(dopo il caso della riforma costituzionale torna la violazione dell’art. 72 della Costituzione)
di andrea pertici*
Giungerà ad approvazione domani 30 dicembe la legge di bilancio per il 2019. Se questo non avvenisse si andrebbe in esercizio provvisorio, con sicure ripercussioni negative sull’economia.
Per raggiungere questo obiettivo, il Governo Conte, come i precedenti, metterà la fiducia sul maxi-emendamento che ha presentato pochi giorni fa.
Naturalmente, interessano anzitutto le questioni di merito, che la gestazione della legge non ha ancora consentito di conoscere con precisione. Certamente hanno avuto particolarmente risalto le misure per il finanziamento del reddito di cittadinanza e per quota100. Sul primo, come noto, sono sostanzialmente d’accordo, purché sia ben fatto, rappresentando una misura di assistenza all’inserimento lavorativo. Ritengo infatti che un Paese civile debba garantire ai suoi consociati “un minimo”: una pensione minima, un salario minimo, un reddito minimo. Perché deve essere salvaguardata anzitutto la dignità delle persone. Questo deve essere finanziato recuperando risorse dove ve ne sono di più, anche imponendo alcuni sacrifici, essendo insopportabile sentire lamentele di vitaliziati e pensionati da 10, 20 o 30mila euro che temono limature del loro reddito. Su “quota 100” ho maggiori perplessità, soprattutto perché si tratta di una misura che colpisce ancora una volta i più giovani, ai quali viene già lasciata una bella eredità di debito pubblico (che in realtà è già stata lasciata a noi, loro immediati predecessori).
Ciò di cui, però, più si discute è il percorso con cui si giunge all’approvazione della legge di bilancio. Infatti, il vero testo di questa è arrivato molto tardi, a seguito della presentazione di un maxi-emendamento formulato dal Governo, dopo una lunga trattativa con la Commissione europea, che aveva minacciato l’avvio di una procedura d’infrazione se il testo approvato fosse stato quello inizialmente presentato.
Il ritardo con cui la trattativa è stata aperta e condotta ha determinato che il Parlamento dovesse lavorare negli ultimi giorni dell’anno (per evitare il già evocato rischio dell’esercizio provvisorio), in modo serrato, con forzature anche delle procedure parlamentari. In particolare, non è stata completata la fase di approvazione in Commissione, richiesta, invece dall’art. 72 della Costituzione.
Deve precisarsi, però, che:
NON E’ LA PRIMA VOLTA che una legge di bilancio (prima “di stabilità” e prima ancora “finanziaria”) viene approvata tra Natale e Capodanno;
NON E’ LA PRIMA VOLTA che si procede con un maxi-emendamento del Governo. Anzi, questo è quanto, da anni, avviene sistematicamente, per evitare che al convoglio di questa legge ciascun parlamentare possa tentare di aggiungere il proprio piccolo vagone, facendo saltare i conti;
NON E’ LA PRIMA VOLTA che sulla legge di bilancio (di stabilità o finanziaria) viene posta la fiducia, essendo questo lo strumento per far cadere tutti gli emendamenti e assicurare la compattezza della maggioranza parlamentare;
NON E’ LA PRIMA VOLTA che non viene rispettato l’art. 72 della Costituzione, secondo il quale “ogni disegno di legge … è… esaminato da una commissione e poi dalla Camera stessa…”.
Da quest’ultimo punto di vista la violazione ha già riguardato importanti proposte di legge, a partire, nella scorsa legislatura, da quella di riforma costituzionale. Esattamente: per riformare l’intera seconda parte della Costituzione si era proceduto in violazione della Costituzione stessa. E questo senza che coloro che oggi lamentano la violazione dell’articolo 72 facessero una piega, se non per sostenere come non si trattasse di una violazione o comunque ciò fosse necessario. Oggi, avendo cambiato idea, propongono addirittura un conflitto di attribuzione di fronte alla Corte costituzionale. La validità dei difensori coinvolti potrà consentire un’impostazione del ricorso che superi, se del possibile, i limiti che hanno portato alla dichiarazione d’inammissibilità di cui all’ordinanza 149 del 2016. Tuttavia, c’è da chiedersi quali sarebbero eventualmente le conseguenze di questo accoglimento, il che ci porta a ritenere che, da un punto di vista politico-istituzionale, questa non fosse l’occasione migliore per porre il problema.
Ma i parlamentari del Pd hanno ritenuto diversamente, considerando accettabile approvare le proprie proposte di modifica della Costituzione in violazione delle regole di procedura ivi previste, ma inaccettabile che proposte di legge presentate da altri vengano approvate con le stesse violazioni procedurali.
Almeno hanno confermato una regola aurea della politica: quella dei due pesi e delle due misure.
A chi, come noi, invece, aveva già sostenuto come la Costituzione dovesse essere rispettata sempre, rimane il rammarico che un pronunciamento della Corte non sia stato sollecitato prima. Oggi tutto sarebbe più chiaro.
*professore ordinario di diritto costituzionale all’Università di Pisa