SHOAH

  di roberto fieschi

La tragedia del secolo scorso, la Shoah, non ha solo messo in luce le responsabilità degli Himmler, degli Eichmann, dei criminali nazisti e di chi con loro ha collaborato (durante il Terzo Reich si valutano oltre 15 milioni di vittime: 6 milioni gli ebrei, ovvero i 2/3 degli ebrei d’Europa).

Ha fatto emergere anche le debolezze, gli egoismi, a volte la viltà degli stati, dei governanti e di molte persone dei Paesi democratici che combattevano il nazismo.

Di fronte al rigurgito di razzismo attuale, sia pure di piccoli gruppi di estremisti, e di fronte al diffuso sentimento di ostilità verso chi, fuggendo da guerre e fame, cerca ospitalità, vale la pena di fare un riesame autocritico di quanto accadde a cavallo degli anni Quaranta del secolo scorso.

Riprendo da appunti pubblicati anni fa.

Non solo le SS tedesche organizzarono ed effettuarono il massacro di ebrei, zingari, comunisti. In alcuni degli Stati alleati della Germania le organizzazioni fasciste terrorizzarono, derubarono e uccisero gli ebrei. La Guardia Hilinka, in Slovacchia, la Guardia di Ferro in Romania, gli Ustascia in Croazia e le Croci Frecciate in Ungheria furono responsabili della morte di migliaia di ebrei all’interno delle proprie nazioni. In Ungheria, Slovacchia, Croazia, Bulgaria e nella Francia di Vichy la polizia e l’esercito svolsero un ruolo fondamentale nella realizzazione della politica tedesca di deportare gli ebrei verso i centri di sterminio dell’est

Il governo fascista emanò le sue leggi razziali nel 1938, ma la persecuzione antisemita non assunse la ferocia di quella nazista, almeno fino all’occupazione del paese da parte dei tedeschi; gli ebrei italiani erano solo 50000, ben assimilati, con molti matrimoni misti.

Lituani, lettoni, ucraini, rumeni, polacchi, autonomamente o inquadrati nelle SS e nella polizia ausiliaria, contribuirono efficacemente ai pogrom, ai rastrellamenti e alle esecuzioni, fornirono personale alle SS nei campi di sterminio. Alla fine della guerra 25 delle 38 divisioni della Waffen-SS erano formate da personale volontario straniero, per una percentuale superiore al 50%.

Dopo i pogrom del 1938, le nazioni dell’Europa occidentale e delle Americhe temettero un’ondata di rifugiati. Nonostante gli appelli di molte personalità, nessuna delle maggiori potenze prese misure di ritorsione, né provvide a fornire vie di scampo al gran numero di perseguitati.

Un caso che fece molto scalpore: nel 1939, quando la persecuzione degli ebrei era in pieno svolgimento, gli Stati Uniti rifiutarono di accogliere 939 profughi ebrei salpati nel maggio da Amburgo a bordo della St. Louis. La nave fu obbligata a fare ritorno in Europa.

Dei 908 passeggeri che rientrarono in Europa, 254 morirono durante l’Olocausto; 288 passeggeri trovarono invece rifugio in Gran Bretagna. Dei 620 che rientrarono nel continente, 366 sopravvissero alla guerra.

Nella seconda metà del 1941, nonostante le notizie degli stermini di massa perpetrati dai nazisti fossero filtrate in occidente, il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti pose limiti ancora più rigidi all’immigrazione.

Il polacco Jan Karski viaggiò pericolosamente per mezza Europa nel tentativo di comunicare alle forze Alleate dei massacri di Auschwitz; alla fine del 1942 riuscì a entrare nel ghetto di Varsavia, dove vide gli orrori subiti dagli ebrei. In seguito si recò a Londra dove consegnò un rapporto al governo polacco in esilio e alle autorità britanniche. In seguito incontrò il presidente americano Franklin D. Roosevelt, cui fornì gli stessi dati e una richiesta di intervento; Roosevelt si limitò a esprimere l’indignazione del suo paese. La sua missione non ebbe alcun risultato.

Il 10 luglio 1941, sotto ordini dei soldati tedeschi, gli abitanti polacchi di Jedwabne circondarono i loro vicini ebrei e tutti coloro che riuscirono a trovare. Il sindaco Marian Karolak fece radunare tutti gli ebrei nella piazza centrale della città, dove vennero circondati da uomini armati che cominciarono a colpirli con pietre e bastoni. Successivamente la maggior parte degli ebrei rimasti in vita dopo le percosse (oltre 300) venne rinchiusa in un granaio al quale venne appiccato fuoco: morirono bruciati vivi.  Le rivelazioni sugli omicidi a Jedwabne hanno causato uno shock in Polonia.

Nel settembre 1941 a Babi Yar, alle porte di Kiev, in Ucraina, SS tedesche, con l’appoggio della polizia ucraina e di collaborazionisti locali massacrarono alcune decine di migliaia di ebrei in una delle peggiori carneficine della storia recente.

Il numero di ebrei in Polonia crollò dai 3,5 milioni del 1939 ai 200000 del 1945, ai 9.000 di oggi. Oltre un milione è distribuito nell’Europa Occidentale.

Orrori simili non accaddero solo in Polonia. Numerose furono, nell’Europa Orientale, le violenze successive alla Seconda Guerra Mondiale ai danni dei sopravvissuti all’Olocausto. Gli storici valutano il numero di ebrei assassinati dal novembre del 1944 alla fine del 1947 da 1.000 a 1.500.

Nell’estate 1945, a guerra finita, quando già si sapeva del genocidio nazista, nelle repubbliche sovietiche dell’Asia Centrale vi furono esplosioni di antisemitismo; in settembre a Kiev (Ucraina) gli ebrei furono aggrediti e i disordini proseguirono per diversi giorni.

L’episodio più noto è il pogrom di Kielce. Nel 1939 gli ebrei di Kielce erano 24000, un terzo della popolazione; dai lager torneranno in 200 e, di questi, 42 perderanno la vita nel pogrom scatenato dai loro vicini di casa. Il 4 luglio 1946 si era sparsa la voce che alcuni ebrei avevano rapito un bambino polacco per usarne il sangue. La popolazione della cittadina si riunì nei pressi degli edifici abitati da ebrei e, nell’indifferenza delle forze dell’ordine, linciò i residenti: furono uccise quarantadue persone, mentre altre ottanta furono ferite o picchiate. Invece di condannare l’episodio, il vescovo locale, Czeslaw Kaczmarek, difese gli autori del pogrom.

La lista è largamente incompleta.

https://www.7per24.it/2017/01/27/giorno-della-memoria-shoah-anche-qualche-riflessione-autocritica/

 

Gli stessi ebrei, in determinate situazioni, ebbero anche un ruolo nella loro stessa distruzione.

Nei territori occupati, nel 1939-40, vennero istituiti o ampliati i ghetti, destinati a raccogliere gli ebrei della zona e gli ebrei furono chiamati a eleggere i Consigli dei ghetti (Judenrat), I Consigli organizzavano la vita nel ghetto; dovevano trasmettere gli ordini delle SS. In molti casi venivano convinti a formare consigli incaricati di fornire gli elenchi per le deportazioni, nella speranza di colpire solo alcune categorie (i poveri, i comunisti) risparmiandone altre. La complicità degli Judenrat si palesava via via che il processo Eichmann prendeva consistenza, tuttavia non può essere considerato come collaborazione attiva, volontaria, di pari grado e responsabilità a quella nazista dello sterminio.

In Italia recentemente abbiamo assistito addirittura al riesumare dei Protocolli dei Savi di Sion (1). Il senatore Elio Lanutti ha rilanciato su Twitter il link del sito in cui è scritto: «‘Il gruppo dei savi di sion’ e Mayer Amschel Rothschild, l’abile fondatore della famosa dinastia che ancora oggi controlla il sistema bancario internazionale, portò alla creazione di un manifesto: I protocolli dei savi di sion. Suddiviso in 24 paragrafi, viene descritto come soggiogare e dominare il mondo con l’aiuto del sistema economico, oggi del globalismo, dei banchieri di affari e finanza criminale».

Il Senatore, di fronte a una pioggia di pesanti critiche, in seguito ha chiesto scusa e ha fatto autocritica.

Alcuni giorni fa la Comunità ebraica di Roma ha scelto di presentare una denuncia contro il senatore Elio Lannutti per istigazione all’odio razziale.

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(1) Si tratta di una “falsificazione propagandistica antisemita, redatta probabilmente da un agente della polizia segreta russa, apparsa in forma abbreviata nel 1903, e integralmente nel 1905, ma diffusasi soprattutto negli anni successivi alla Prima guerra mondiale“ http://www.treccani.it/enciclopedia/protocolli-dei-savi-anziani-di-sion-i/

Nel 1921 il “Times” di Londra ha provato la loro falsità, definendoli «un plagio grossolano» e  il Tribunale di Berna nel 1934 ne ha ribadito l’impostura, ma hanno continuato a circolare come autentici per decenni; il nazismo li accreditò come veri.

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