di carlo greppi
Verrà il giorno in cui i nostri figli e i nostri nipoti ci chiederanno conto di tutto questo. Leggeranno sui libri di storia della guerra ai migranti di questi anni, studieranno le nostre leggi, guarderanno sgomenti i titoli dei nostri giornali, ascolteranno i discorsi dei nostri governanti carichi d’odio. Vedranno nitidamente dei mandanti, degli esecutori, dei complici, degli spettatori. Ci chiederanno, se saremo ancora vivi, chi sapeva cosa, e perché non ci siamo opposti con ogni mezzo a questa barbarie.
Noi risponderemo che non era così chiaro, quello che stava accadendo,
che il presente sfugge quando ci sei immerso dentro, che avevamo un amico, un fratello che simpatizzava per quel partito criminale o per quell’altro partito complice, che avevamo i cazzi nostri, che erano bravi a distrarci, che ci faceva comodo, diamine, avere un nemico un po’ più a sud, con la pelle un po’ più scura, che parlava male la nostra lingua. Che non siamo mica dei santi, maledizione, che avevamo le nostre debolezze anche noi, che avevamo bisogno di certezze e c’era qualcuno che ce le forniva. Che bisogna sempre individuare un “loro”, perché esista un “noi”, e che senza di “loro” noi ci saremmo sentiti perduti.
Poi forse diremo che no, i veri barbari erano “loro”, loro che venivano a cercare chissà cosa, qua da noi, e che era giusto assassinarli o farli assassinare da altri, meglio se lontani dai nostri occhi, al di là delle “nostre” coste, diremo che il nostro mare e i nostri muri ci impedivano di vedere. Che sapevamo, ma non sapevamo, che volevamo, ma non volevamo.
Diremo un sacco di cazzate, quando quel giorno arriverà. E poi ci commuoveremo rievocando i tempi andati, e continueremo a dire altre cazzate. Tipo che la storia non si deve ripetere, tipo che i “giovani” devono – devono, devono – imparare dagli errori del passato, tipo che quando eravamo giovani noi c’erano dei valori, almeno. C’era la patria, c’era la nazione.
E i nostri figli, i nostri nipoti, ci guarderanno negli occhi e non ci diranno niente. E dovranno, semplicemente, fare i conti con la vergogna di essere nostri figli, di essere nostri nipoti.