di monica frassoni
In questi giorni, sono usciti alcuni articoli sul perché anche in Italia non ci sia un partito Verde in grado di raccogliere consenso e voti, complici le temperature e il meteo pazzerello, le fibrillazioni nel governo giallo-nero, che riaprono il tema dell’alternativa e delle sue caratteristiche, e i sondaggi in Germania, che danno a giorni alterni Cdu e Verdi al vertice come primo partito; quasi tutti i commenti si concludono con il lamento sui Verdi italiani, l’auspicio di un salutare innesto di verdi tedeschi o di una indolore trasformazione verde del Pd.
Confrontando le altre esperienze, penso che un limite vero dei Verdi italiani sia sempre stato di non avere investito seriamente in organizzazione, formazione e strutture e di essere rimasti in alcuni periodi affascinati dall’idea del leader o della figura famosa come scorciatoia al consenso, lasciando spesso i loro eletti un po’ soli e non essendo efficaci nella difesa collettiva degli importanti risultati raggiunti e non solo in materia ambientale. Ciò detto, è anche un fatto che i contenuti e l’approccio non sono diversi da quelli degli altri partiti verdi in Europa. Tav, Ilva, autostrade, rifiuti, polemiche su parchi e infrastrutture si ritrovano pari pari con altri nomi ovunque.
Il punto è che in Germania una buona parte della opinione pubblica, anche grazie a scuola e media un po’ meno conformisti dei nostri, sa che in tempi di cambi climatici non si può più dover scegliere fra salute e ambiente, e che bisogna investire miliardi in green economy e scuola, non in autostrade o tunnel inutili. Inoltre, il nostro sistema politico ed elettorale, che balla a seconda degli umori di chi sta al potere, non è esattamente lo stesso che quello della stabile Germania con le stesse regole dal dopoguerra ad oggi. È poi a dire poco paradossale che auspichi un forte partito verde chi, come Walter Veltroni, ha avuto un ruolo centrale nell’eliminazione dei partiti progressisti fuori dal Pd, con l’illusione della vocazione maggioritaria che fece precipitare Romano Prodi e l’iniqua legge sullo sbarramento al 4% alle elezioni europee o Carlo Calenda, che da ministro andava in giro a dire che le rinnovabili sono care per giustificare il blocco dei decreti. Ma è inutile perdersi sulle analisi del passato.
È più che mai necessario che ci sia una forza politica autonoma capace di coniugare direttamente la crisi climatica con quella sociale e di imporre proposte di avanguardia per salvare l’ambiente e allo stesso tempo disegnare una società sostenibile, aperta e plurale, non solo in materia ambientale. Io penso che non serve reinventare la ruota. Si può e si deve partire dai risultati di Europa Verde, un 2,3% insufficiente – ed è un problema- a mandare deputati a Strasburgo, ma pur sempre un risultato che dimostra un interesse per un voto verde. E bisogna in modo organizzato e sistematico presentare delle liste Verdi alle prossime elezioni regionali costituendo dei comitati aperti impegnati su poche cose.
Ma per potere avere un impatto sui media e sul territorio, bisogna che il mondo delle associazioni comprenda di avere un ruolo politico di stimolo e che ora la situazione è troppo grave per non porsi il problema della rappresentanza democratica. Bisogna che il mondo dell’Industria e si faccia sentire e prenda la responsabilità di sostenere apertamente una rappresentanza verde. Bisogna che media e giornalisti, e soprattutto i direttori e dirigenti, si sentano coinvolti e diano spazio alle voci verdi, senza cedere sempre al cicaleccio delle contrapposizioni tra Di Maio e Salvini o alla tentazione di fare chiacchierare di clima a chi non ne sa molto.
Ecco perché penso sarebbe interessante organizzare una due giorni di riflessione, una sorta di Stati generali dell’ecologia in cui politica, associazioni non solo ambientaliste, settori produttivi, lavoratori, lavoratrici, possano discutere liberamente di come organizzare una risposta all’emergenza climatica alla quale corrisponde una emergenza sociale e democratica. Insomma è ora di muoversi. Un forte partito verde anche in Italia è uno strumento indispensabile per il contrattacco.
*Monica Frassoni è Co-Presidente del Partito Verde Europeo
L’articolo è stato pubblicato sul Fatto quotidiano 2-8-2019