UNA LETTERA DI ERNESTO ROSSI A UMBERTO TERRACINI
10 gennaio 1944
Caro Umberto1, ti ringrazio di avermi comunicato subito le due buone notizie che mi hanno fatto molto piacere.
Io pure ho ricevuto da Roma una lettera molto amichevole di Bauer, che mi ha consolato. Il contrasto con Bauer, per gli stupidi screzi che sai, era una delle cose che più mi addolorava, perché gli voglio bene e – nonostante le nostre differenti mentalità – lo stimo assai, specialmente per la sua onestà e per la fermezza del suo carattere.
Se tu dovessi andare a Roma avrei molto piacere di discutere prima un po’ con te su molte cose. L’«abilità tattica» degli attuali dirigenti del P. [artito] C.[omunista] è veramente sconcertante e mi conferma sempre più che il P.C. è, come dice Blum nel suo ultimo libro scritto in carcere, «un partito nazionalista straniero», inammissibile nella vita democratica del nostro paese. I dirigenti del P.C. in Italia dovrebbero tener conto che continuando così si alieneranno completamente la fiducia di tutti gli elementi progressisti. Non basta avere un seguito tra le MASSE (accidenti a questa parola!) per fare una politica progressista. Anche Hitler ha avuto un seguito tra le masse. Tale organizzazione e tale direzione può darsi sia la più idonea a raggiungere il successo in un periodo di crisi qual’è quello che si prevede, ma nessuno può dire quello che un tale successo potrebbe significare per il nostro paese: tutto dipenderà da quello che vorrà fare il Kremlino, che fa ormai una Realpolitik così spregiudicata in senso nazionalista da fare apparire in confronto il povero Bismark una candida educanda. E c’è da temere che la guerra abbia ormai formato una classe dirigente nell’U.R.S.S. completamente rivolta ad obiettivi di potenza piuttosto che a scopi di benessere e civiltà.
Io mi sono rallegrato per il tuo ingresso nel partito nella speranza che tu continui ad avere un pensiero tuo, giacché sei uno dei pochissimi comunisti che ho conosciuto che non abbia una mentalità da «funzionario». Ma capisco che, dopo la passata esperienza, la tua posizione sarà molto difficile e per un pezzo dovrai camminare su un filo di rasoio.
In tutti i modi, anche dal punto di vista umano, sarà per me molto interessante seguire le tue vicende.
Non attendo risposta a queste mie considerazioni, che forse troverai eccessivamente ingenue, perché a te dirette, e in questo momento. Ma io, tu sai, non sono un uomo politico ed ho sulle scatole tutti gli abilissimi «manovrieri». Mi piace giocare sempre a carte scoperte, dicendo quel che penso, senza guardare all’opportunità, né per la mia carriera politica (a cui proprio non tengo), né per il mio partito (di cui non ho alcuna intenzione di fare un feticcio). Spero che, qualunque cosa avvenga, vorrai conservarmi la tua amicizia, a cui tengo molto.
Hai notizie della Ravera?
Saluti cordiali, anche all’Ada.
Ernesto
1Umberto Terracini (1895 – 1983), avvocato, esponente di primo piano del Partito Comunista sin dalla sua fondazione, nel 1926 viene denunciato per complotto contro lo Stato; arrestato e deferito al Tribunale speciale è condannato a vent’anni. Nel 1937 è assegnato al confino di Ponza ed è emarginato come «deviazionista»; le critiche alla politica staliniana gli costano l’espulsione dal PCI: egli contesta il provvedimento e fa appello alla Direzione del partito. Ytrasferito a Ventotene, diviene amico di Rossi, che ritroverà nel comune esilio elvetico. Riammesso nei ranghi comunisti, presiederà la Costituente e dal 1946 sino alla morte verrà eletto al parlamento nelle liste del PCI.
Ho conosciuto personalmente Umberto Terracini, la cui indipendenza di giudizio ed il suo carattere senza infingimenti erano note in tutto il PCI; come pure quello di tanti alti dirigenti del Partito, come Fausto Gullo, che avevano avuto percorsi diversi. Ho sempre colto in loro una forte convinzione per un Partito nazionale nient’affatto straniero.
Del resto, anche Togliatti, che maggiormente può essere sospetto di questa sudditanza nei confronti dell’URSS, non solo dette un impulso fondamentale in senso “nazionale non straniero” con la svolta di Salerno, ma lo ribadì a chiare lettere nel Memoriale di Yalta dell’agosto 1964, pubblicato da Luigi Longo. In esso, nella parte conclusiva e rivolgendosi ai “compagni sovietici”, a tal proposito era scritto: “Vi è senza dubbio del nazionalismo rinascente. Sappiamo però che il sentimento nazionale rimane una costante del movimento operaio e socialista, per un lungo periodo, anche dopo la conquista del potere. I progressi economici non lo spengono, lo alimentano. Anche nel campo socialista, forse (sottolineao questo perchè molti fatti concreti ci sono sconosciuti) bisogna guardarsi dalla forzata uniformità esteriore e pensare che l’unità si deve stabilire e mantenere nella diversità e piena autonomia dei singoli Paesi.”.