LIBERALI, ILLIBERALI, NON LIBERALI E PANDEMIA

di raffaello morelli

Puntualmente, con la pandemia,  sta emergendo la (purtroppo) profonda cultura illiberale  radicata in Italia, vale a dire la cultura che opera contro le condizioni della libertà. Le cure della pandemia, come il green pass (nel prosieguo indicate con “tessera verde”), sono trattate non per quello che sono – delle terapie  molto utili nel vivere – bensì per  i limiti che imporrebbero alla libertà individuale. Perciò, gli illiberali si stracciano le vesti e si scagliano contro la tessera verde paragonata ai comportamenti dei peggiori regimi dispotici. Qui si vuol ricordare agli illiberali – i quali non a caso riscoprono solo ora il concetto di libertà ostacolato in decenni – che cosa la libertà significhi per i liberali e quale ruolo costruttivo abbia in una società democratica.

Gli umani vivono nella realtà del mondo e, per viverla meglio, cercano da sempre di conoscerne di più il funzionamento. Dunque il primo punto liberale è che la conoscenza serve a capire il mondo, e che non  sovrappone al mondo il prodotto delle scoperte fatte conoscendo. In questo quadro, i liberali usano il metodo sperimentale dell’osservazione dei fatti, da cui astrarre  ipotesi conoscitive  sottoposte poi a verifica. E hanno innanzitutto capito che  l’efficacia di tali procedure dipende dall’essere portate avanti dall’iniziativa individuale che si confronta con le iniziative degli altri individui e, in base all’esperienza, giunge ad individuare  le scoperte più feconde. Dunque, altri  due punti liberali sono il metodo sperimentale e la metodologia individuale.

Quest’ultima metodologia è stata (ed è) sempre snobbata dai non liberali (cioè coloro che non mettono la libertà al primo posto del convivere). In superficie dicono che è una manifestazione di egoismo. Nella sostanza, perché essa – che è  il nucleo del convivere liberale – inibisce ogni concezione che voglia imporre la visione della convivenza fideistica e totalizzante (religiosa od ideologica). Una simile prospettiva atterrisce i non liberali, perché affida le scelte ai cittadini diversi, marginalizzando la finta partecipazione dei cittadini  che li relega ad essere spettatori senza poter scegliere.

Oggi sono invece in auge gli illiberali, i quali vanno oltre. Utilizzano strumentalmente la metodologia individuale dei  liberali, richiamandone soprattutto la parola libertà senza coglierne il suo significato in chiave liberale. Fanno un uso improprio del termine “libertà” perché, volendo stare come sempre dalla parte dei gruppi vincenti al momento e percependo che attualmente tutti vorrebbero essere liberi (a prescindere dalle condizioni per l’esserlo), evocano questo termine e il presunto stupro fattone dalla tessera verde,  al fine di essere credibili presso i cittadini adusi alla protesta senza curare i meccanismi che la risolvano.

Un simile modo di agire viola in pieno i tre  punti sopra (conoscenza, sperimentazione, metodo individuale) e quindi non rientra nell’ottica liberale. Secondo l’ottica liberale,  la libertà individuale non rende il cittadino privo di relazioni con gli altri, ma anzi le presuppone e le regola. Perché tutti diano il contributo motore alla convivenza. E quindi occorre che lo stato ci sia. Per favorire le norme di convivenza decise dai cittadini e per impegnarsi a sciogliere i nodi che si formano nella vita e, restringendo la libertà, frenano l’attività motrice. In generale e nello specifico della salute nel convivere.

In più è essenziale mantenere di continuo la consapevolezza che le vicende e le sfide della vita sono dominanti rispetto agli strumenti istituzionali con cui si affrontano. Pertanto, molto giuste e descrittive le parole del Presidente Mattarella, il virus (la realtà vivente) limita la  libertà (la costruzione umana per viver meglio). La quale però resta attiva. E tramite la conoscenza scientifica, reagisce all’insidia naturale e sperimentalmente adotta la strategia del vaccinare il massimo numero possibile dei singoli cittadini. Il che non dà  certezze assolute (concetto estraneo alla cultura liberale) ma, sulla scorta dell’esperienza, crea difese d’importante efficacia verso l’estendersi del contagio e verso la gravità del singolo decorso del virus.

Il mondo degli illiberali non si è mai speso a favore del costruire la libertà, e ora usa questa parola quale emblema del   rifiuto della realtà che sostituiscono col mondo utopico vagheggiato. Agli illiberali non interessano i fatti (come quello che in questo 2021 il 99% dei deceduti per Covid19  non era vaccinato). Sono gratificati dal lanciare anatemi irrazionali, come fanno anche illiberali colti, quali Cacciari, Agamben e Freccero, riuscendo in questo modo a mantenere il proscenio.

Un primo loro anatema è che la tessera verde creerebbe cittadini di serie A e di serie B. Una semplice assurdità. La tessera verde interviene a seguito della scelta di non rendere obbligatori i vaccini, fatta appunto per restare coerenti con il permettere la libera decisione di ciascuno sulla propria salute. E siccome gli individui sono (in Italia) decine di milioni mentre le terapie esterne abbastanza funzionanti ad oggi sono solo due (il distanziamento individuale e le mascherine) e quella interna più efficace è il vaccino, emerge la necessità di proteggere i vaccinati da tutti coloro che non hanno ritenuto di  corazzarsi con il vaccino. Da qui la tessera verde per entrare in certi  luoghi. Una protezione di tipo statistico, che non discrimina i cittadini ma prende atto delle scelte sanitarie che ognuno di loro ha fatto ed evita che quelle scelte possano attentare alla salute di altri individui conviventi. La libertà nel convivere intesa in modo coerente (cioè dando a ciascuno uguali diritti legali), non può imporre a qualcun altro le proprie decisioni.

Ed invece gli attuali illiberali, oltre al primo anatema, paragonano la tessera verde ai passaporti interni una volta obbligatori per i cittadini URSS oppure alla  Cina che intende continuare i controlli anche passata la pandemia oppure alla stella gialla imposta agli ebrei dal nazismo. Il motivo sta nella loro mentalità  contrastante la logica della libertà. Riscoprono Marcuse un cinquantennio dopo e paventano la deriva di una società del “sorvegliare e punire” descritta da Foucault. Ma una cosa sono i controlli di origine sanitaria, una cosa tutta diversa i controlli politici. È la stessa libertà che promuove i primi mentre avverte e si attiva per evitare i secondi. La tessera verde non è qualcosa che oscura le minoranze. Al contrario, ne accetta l’esistenza e insieme si prefigge di tutelare  le maggioranze dalla pandemia.

Il mondo degli illiberali sta chiuso nella certezza sul dover essere  della loro verità e aborre la variabilità sperimentale della scienza. Al punto da considerare una contraddizione il fatto che gli stessi vaccini riportino l’inesistenza di condizioni sperimentali di lunga durata e addirittura un limite della scienza il non aver finora brillato per unanimismo (ignorando il concetto cardine comprovato, la scienza come falsificazione del finora conosciuto). Il mondo degli illiberali è impermeabile all’idea di probabilità e a quella del passar del tempo. Ed è semmai ben rappresentato dalla caricatura fattane mediante il gruppo NO-SEM , che unisce coloro che sentono la propria libertà di movimento minacciata dallo stop ai semafori.

Oggi, aderire ai tre punti espressi all’inizio (la conoscenza, lo sperimentare, l’individuo) comporta invece un altro tipo di riflessione su quanto sta accadendo. Vale a dire sull’incoerenza profonda con la logica della libertà individuale, che viene mostrata dal sostegno al vaccinarsi fatto sui mass media con modalità proprie dei sistemi della propaganda totalitaria di massa. Il sostegno al vaccinarsi dovrebbe improntarsi al diffondere lo spirito critico e antidogmatico della libertà individuale. Per cui  dovrebbe evitare di predicare il dovere morale e critico del vaccinarsi, che è un’espressione religiosa lontana dal metodo della libertà che esprime le proprie diversità per migliorare la convivenza e tutelare la salute.

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