di enzo marzo
Non è un trasformista di giornata, Corrado Ocone. E’ da un po’ di tempo che dal liberalismo crociano ha traslocato nel comitato scientifico di una fondazione missina e, saltando a pie’ pari perfino Gentile, è approdato al melonismo più ridicolo e servile. Certo, arriveranno a frotte altri voltagabbana, più freschi ma non più disinvolti di questo Paolo Orano in sedicesimo.
Ocone oggi ci ha fatto prendere un colpo, dandoci una orrenda notizia: «Così Meloni ha distrutto l’egemonia culturale della sinistra». Oddio, ma quando è successo? Dove sono finite le rovine?: tutto il pensiero liberale, democratico e socialista «distrutto» in un giorno, con pochi «fendenti», e «argomenti inoppugnabili» assicura l’Ocone. «In un attimo» «i piedi d’argilla su cui quel colosso si reggeva si sgretolano».
In effetti ci eravamo già preoccupati quando questo “paglietta” (grande il nostro Salvemini!), dopo un bell’apprendistato di liberalismo presso le fonti genuine di Arcore, man mano che si spostava l’asse del potere verso l’estrema destra si lasciava scivolare fino a farsi dotto e appassionato esegeta del liberalismo purissimo di Lorenzo Fontana, tra Alba dorata e Forza nuova. Ma una manciata di giorni dopo ecco che arriva il (per noi) triste annuncio: l’egemonia (ahi ahi! Attento Corrado: è parola messa in auge proprio dalla sinistra comunista, provvedi a cancellarla dal tuo vocabolario, Guai se se ne accorge ) è crollata, anzi sgretolata. A Ocone fa piacere identificare tutta la cultura di sinistra democratica con Letta e Conte. Lasciamolo dire, sono confusioni che accadono quando i lecchini sono eccitati dal trionfo del liberalfascismo con Fiamma.
Eravamo, dunque, davvero avviliti, ma poi improvvisa è arrivata la consolazione. È arrivata la motivazione di tanto entusiasmo, ma non è un granché. Ocone ha la sua brava “pezza d’appoggio”. C’è stata una distruzione, ma non dell’”egemonia culturale” bensì della lingua italiana. In pompa magna Palazzo Chigi, di fronte a tutte le emergenze della “Nazione” italiana, ha debuttato massacrando proprio l’italiano e su carta intestata ha prescritto autoritariamente «l’appellativo da utilizzare per il Presidente del Consiglio dei Ministri è “il Signor Presidente del Consiglio dei Ministri, on. Giorgia Meloni”». Arriva la cultura nuova del Minculpop.
Noi, cittadini ligi, obbediamo, ma essendo anche devoti alla regola della concordanza, d’ora in poi chiameremo “il Signor Presidente del Consiglio”, Giorgio Meloni.