di maurizio fumo
Stupor mundi et immutator mirabilis, così – come ognun sa – fu definito Federico II di Svevia, imperatore del Sacro Romano Impero e re di Sicilia e Puglia.
Così potremmo (dovremmo?) definire il Ministro di Giustizia, Carlo dott. Nordio. Dovremmo solo decidere se, nel suo caso, si tratti di un genitivo soggettivo, ovvero oggettivo. Per quel che riguarda Federico, era certamente soggettivo: era lui che stupiva il mondo; nel caso del Ministro, potrebbe essere oggettivo: probabilmente è lui che si stupisce del mondo. Del mondo del diritto, ovviamente, con il quale, a quanto pare, ha perso confidenza.
Fermiamoci oggi sugli agli ultimi (per ora) due episodi.
Il 27 giugno il Ministro, rispondendo a una interrogazione della deputata Ingrid Bisa (Lega-Salvini Premier) che chiedeva lumi sulle maggiori tutele da approntare ai rappresentanti delle Forze dell’ordine quando, per ragioni di servizio, usano le armi o, comunque, impiegano la forza fisica, ha, tra l’altro detto (riporto testualmente): “Basta con questa storia che non sei punibile cioè che hai fatto qualcosa di cattivo ma lo Stato è buono e ti perdona: bisogna eliminare la illiceità dalla struttura dello stesso reato; questo è un vasto programma che riguarda il Codice penale”. È evidente che ci troviamo in presenza di un caso di regressione semantica: il Ministro – nell’occasione – si esprime come un bambino di 5 anni (azione cattiva, Stato buono, concessione di un paternalistico perdono ecc.). Il Nostro in realtà voleva far riferimento a quelle che si chiamano cause di giustificazione o, anche, guarda caso, scriminanti, cioè – come sta a significare la stessa parola – mancanza ab origine della natura criminosa di una azione (esempio: la legittima difesa, lo stato di necessità, l’uso legittimo di armi ecc.). Come la dottrina, e, a rimorchio, la giurisprudenza, affermano da tempo immemore, si tratta di situazioni in cui l’antigiuridicità della condotta è esclusa in radice o perché quella condotta è obbligatoria o perché è consentita. Dunque non c’è uno Stato buono e un carabiniere un po’ birichino che usa le maniere forti per ammanettare un furfante che fa resistenza e, per queste sue intemperanze può essere perdonato dallo Stato-papà; anzi, se non lo arrestasse, sarebbe il carabiniere a commettere un reato. Se all’esame di diritto penale uno studente si esprimesse come ha fatto Nordio in Parlamento, il professore, a seconda del suo stato d’animo, potrebbe infuriarsi o mettersi a ridere. Certamente la bocciatura sarebbe garantita. Ora noi non sappiamo se il Ministro si è espresso così perché riteneva che, altrimenti, la sua interlocutrice non lo avrebbe compreso (ma sarebbe offensivo per l’onorevole Bisa), o perché un simile eloquio rispecchiava la sua intima convinzione. Il fatto è che, nell’un caso o nell’altro, siamo in presenza di un approccio superficiale, di una comunicazione involgarita, di un pensiero riduttivo e populista del diritto penale e della sua funzione.
La stessa postura il Ministro ha tenuto in quella che possiamo definire la querelle sul Massimario della Cassazione. Si è approcciato alla questione con enorme superficialità, ignorando (grave) o fingendo di ignorare (gravissimo) quali sono, nel nostro ordinamento, le funzioni di un ufficio centrale e determinante per l’attività del giudice di legittimità.
Infatti il Ministro si è detto stupito del fatto (genitivo oggettivo) che l’Ufficio del Massimario della Corte di cassazione avesse elaborato una relazione sul così detto “Decreto Sicurezza” (d.l. 11 aprile 2025, n. 48, convertito dalla legge 9 giugno 2025, n. 80), esprimendo sullo stesso, per altro, valutazioni prevalentemente critiche. Ciò costituirebbe, secondo Nordio (e i suoi seguaci), un’indebita invasione di campo, l’ennesimo straripamento del potere giudiziario nei confronti del legislativo. Ora, a parte il fatto che, semmai, lo straripamento è quello del potere esecutivo ai danni del legislativo, essendo stato trasformato in decreto legge quello che era un disegno di legge che il Parlamento stava discutendo, sta di fatto che l’Ufficio del Massimario (e del Ruolo, così si chiama!) è un organo interno della Suprema corte con funzioni di studio, approfondimento e segnalazione; esso dunque non incarna il potere giudiziario, ma, al più, è funzionale all’esercizio della giurisdizione. Tra i compiti del Massimario – illustrati sul sito della Cassazione e che dunque tutti (pure i Ministri) possono consultare – vi è (e vi era), tra gli altri, quello di predisporre relazioni tematiche e approfondimenti scientifici su novità legislative, “specie se di immediata incidenza sul giudizio di legittimità” (testuale). E tali relazioni, si badi bene, possono essere elaborate sia su richiesta dei presidenti delle varie sezioni della Corte, sia d’ufficio, vale a dire motu proprio ad opera del direttore e degli altri magistrati del Massimario. Numericamente le seconde (motu proprio) sono nettamente prevalenti sulle prime e infatti, nel corso degli anni, il laborioso organo interno della Corte ha prodotto decine e decine di relazioni sulle novità legislative (per tenerci alle ultime: sul codice rosso c.d. rafforzato, sulla riforma Cartabia, sugli incendi boschivi, sul patrimonio culturale, sulle misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e competitività economica ecc.), senza che nessuno avesse niente da obiettare. Anzi: poiché tali elaborati (in genere di notevole spessore scientifico) poi vengono resi pubblici, essi sono ben accetti da tutti i così detti operatori del diritto, compresi gli avvocati, anche quelli che siedono in Parlamento, magari militando nello stesso partito del Ministro. E però diversamente la pensa Nordio, disattento lettore (da ministro, ma forse anche da magistrato) delle elaborazioni della Cassazione e, evidentemente, inconsapevole dei meccanismi organizzativi che le rendono possibili. Secondo la sua fallace opinione, infatti, la competenza del Massimario sarebbe limitata alla raccolta (in realtà l’elaborazione) delle così dette “massime di giurisprudenza” (cioè i principi di diritto affermati nelle sentenze),”in modo da fornire anche ai giudici di merito un’adeguata informazione e un indirizzo possibilmente omogeneo”. Conclusione: “Questo è un oltraggio al Parlamento” (così il Nostro). Fatto sta però che solo ora il Parlamento (ma dovrebbe essere, più che altro, il Governo, visto che si è impadronito dell’articolato normativo “sulla sicurezza”) si è sentito leso nelle sue prerogative. Prima, ripeto, nessuno si era accorto di essere stato umiliato e offeso. Varrebbe poi la pena di chiedersi se eguale indignazione avrebbe provato il Ministro se il Massimario avesse positivamente valutato il famigerato decreto.
In soccorso dello spericolato Ministro è accorso il solito prof. Cassese (chi altri?) per il quale il Massimario ha solo perso tempo (e sprecato energie mentali e cartacee) dal momento che il Servizio Studi del Parlamento aveva già esaminato il provvedimento. Se poi qualcosa di incostituzionale esso dovesse prevedere, ci penserà – a suo tempo – la Consulta (che, ci avverte l’Emerito, ha un ottimo Ufficio Studi). Come dire: ma che vuole la Cassazione? Per il Parlamento era tutto in ordine (in realtà, come abbiamo visto, le Camere sono state scippate del provvedimento) e poi, se e quando qualcuno dovesse sospettare di incostituzionalità la nuova normativa, se ne occuperà la Corte costituzionale. Il fatto è che anche la Corte di cassazione ha un ottimo ufficio studi, il Massimario, appunto, il quale ha il compito (repetita juvant per i ministri distratti): 1) di “estrarre” i principi di diritto dalle sentenze che le varie sezioni e le sezioni unite emanano; non è dunque un’opera di materiale “raccolta”, quasi che le massime fossero belle e pronte nelle sentenze, 2) di segnalare gli eventuali contrasti di giurisprudenza, 3) di predisporre le relazioni per le udienze delle sezioni unite che, in genere, tali contrasti sono chiamate a risolvere 4) di compilare approfondite rassegne di giurisprudenza (anche costituzionale, a dispetto, evidentemente, del garrulo Cassese) e, infine (udite, udite!) 5) di preparare le relazioni di cui abbiamo appena scritto: quelle sulle novità legislative. Tutto ciò in base al potere di autorganizzazione della Cassazione che nessuno (fin a qualche giorno fa) aveva mai contestato. D’altra parte, come potrebbe il Massimario svolgere le funzioni sopra elencate (da 1 a 4), se non si dedicasse a uno studio sistematico anche delle nuove disposizioni di legge (5) che, oltre a dover trovare autonoma applicazione, ben possono interferire con le precedenti? È noto (e certamente non lo ignora Cassese e, si spera, non lo abbia dimenticato Nordio) che, di fronte a un nuovo testo di legge, una delle prime valutazioni che il giurista (teorico o pratico che sia) dovrebbe fare è quella di saggiarne la compatibilità costituzionale. Ed è esattamente ciò che, istituzionalmente, ha fatto l’Ufficio del Massimario e del Ruolo, che svolge un servizio di studio preventivo in favore dei giudici della Cassazione, i quali – è appena il caso di chiarirlo – non sono affatto vincolati dal parere, pur autorevole, espresso dal Massimario.
Per altro, come è suo costume, anche in questo caso “l’ufficio studi” della Suprema corte ha fatto continuo riferimento ai pareri (quasi tutti critici) già espressi da insigni penalisti e costituzionalisti. Chissà che per Nordio anche costoro non si siano resi responsabili di una sorta di crimen maiestatis nei confronti del Parlamento o, a scelta, del Governo, ovvero della maggioranza o, ancora, della Nazione intera.
A questo punto non mi stupirei se lo dicesse.