di gian giacomo migone
LETTERA NON PUBBLICATA DA “REPUBBLICA”
Caro Direttore, sono da sempre convinto che una piena integrazione costituisca una condizione per la salvaguardia e lo sviluppo della democrazia europea e italiana in un mondo globalizzato; che l’euro sia una prerogativa di sovranità indispensabile, nei confronti di altri monete che lo contrastano – in primo luogo il dollaro – malgrado sia oggi uno degli strumenti sovranazionali a disposizione di una politica economica dei pochi ricchissimi a scapito di tutti gli altri.
Eppure non posso non considerare una vera e propria ferita alla democrazia e la violazione di una consolidata prassi costituzionale da parte del Presidente della Repubblica – se sono vere le cronache di tutti i giornali – l’accusa di diktat a chi oggi rappresenta la maggioranza del Parlamento la volontà di esercitare il sacrosanto diritto di scegliere un ministro dell’economia – ineccepibile sul piano etico e della competenza – corrispondente al proprio programma che pure chi scrive per ispirazione e per altri contenuti abborrisce.
Gian Giacomo Migone
Già presidente della commissione esteri del Senato (1994-2001).
Mettiamola cosi’. E’ stata una gara a chi si spezzava la schiena per primo (ricorda Migone il famoso “mi spezzo ma non mi piego”?). Oggi la schiena se la sono spezzata Di Maio e Salvini. Domani potremmo essere noi italiani. In ogni caso e’ un peccato che questi due non possano essere piu’ utilizzati nell’agricoltura. Schiene sottratte.
quanto di più superficiale e sbagliato il commento di Migone. Il Presidente della Repubblica nomina i ministri “su proposta” del PdC, ma può, ovviamente, anche non nominarli, cioé recusarli. Esistono chiari e noti precedenti, Scalfaro e Napolitano, nonchè altri casi, Pertini e Einaudi, meno pubblici. Salvini voleva utilizzare Savona per travolgere la Presidenza della Repubblica e stravolgere gli equilibri costituzionali. I critici di Mattarella non sono anime belle.