di Nicoletta Agostino
Dimesse, sì. Nel senso di silenti, subalterne e sottomesse al capo. Zittite, con gli occhi bassi per quasi tutta la conferenza stampa a prendere appunti, per poi tacere. Renzi racconta del loro curriculum, di quello che hanno fatto in precedenza e durante il governo, di chi sono e di chi a breve non saranno più. Poi comunica le loro dimissioni. Lo fa lui al posto loro, spiegando bene cosa intendeva dire con quel “ritiro le mie ministre”.
La cosa che lascia sbigottiti è che una delle due donne dentro quel quadro fosse casualmente anche la ministra per le Pari Opportunità. Cioè quel ministero che tra le altre cose lavora per l’empowerment femminile, per l’autodeterminazione e l’accrescimento del valore individuale di persone e di donne, per l’autoefficacia. Possibile non abbia chiarito al suo capo che quello non era un reality e lui un conduttore televisivo lì per presentare due concorrenti e decretare la fine della loro partecipazione ai giochi? Possibile che non gli abbia spiegato che la comunicazione delle sue, delle loro dimissioni avrebbero dovuto farla loro, già che avevano una telecamera e un microfono accesi davanti alla bocca? Dovuto, sì. Perché non si sarebbe trattato di galanteria o concessione, da parte di Renzi, mettersi di lato, ma di rispetto per due rappresentanti delle istituzioni e in quel momento, ancora, del governo. E invece l’immagine plastica della conferenza stampa ha raccontato bene, stasera, qualora ce ne fosse ancora bisogno, chi c’era al centro della scena e per chi era stato allestito quel teatrino.
Dimesse, sì. Nel senso più degradante, per una donna. In politica e non solo.
[OLnews 13-1-2021]
Diciamocela tutta. Tra uomini e donne della politica e’ finalmente avvenuta una completa parificazione, verso il basso pero’. Prima di ora esisteva una discriminazione tra le donne e gli uomini, discriminazione nel senso che agli uomini veniva concesso di accedere al parterre della politica solo per il loro sesso, a prescindere dalla loro autonomia di pensiero, alle donne invece si chiedeva di essere dotate o di eccellenti curricula scolastici o professionali o di una non comune capacita’ critica. Ora non e’ piu’ cosi’. Anche loro hanno diritto di accedere agli alti scranni della politica purche’ siano in grado di imparare a memoria quattro scemenze – ma quattro, non di piu’ – che hanno avuto occasione di sentire proferite dai loro leader (ma anche dalle loro leader, vedi Meloni) in qualche riunione o talk show. A questo e’ ridotta la “nobile arte della politica”. Imparare la lezioncina e ripeterla piu’ e piu’ volte. Nel caso della Bellanova e della Bonetti, non hanno neppure dovuto sforzarsi in tal senso. E’ stato sufficiente ascoltare in totale e religioso silenzio il maschio alfa che parlava anche per loro.