di andrea costa, Presidente Comitato Roma 150
La Suprema Corte si è definitivamente pronunciata. Nello specifico dei casi esaminati, la banda Buzzi-Carminati non configura il 416 bis, e dunque non esiste la “quinta Mafia” italiana, caldeggiata soprattutto dalla grande stampa del Nord, ansiosa di “antropologizzare“ (dopo averla anche storicizzata) la sua atavica idiosincrasia per la Capitale e per i romani.
Si badi bene: NESSUNO SI SOGNI DI NEGARE L’ESISTENZA DELLE MAFIE A ROMA. A ROMA COME A MILANO. Città, parliamo del capoluogo meneghino, che considerata l’esigua estensione territoriale e l’elevata densità desterebbe, e non da oggi, ben più gravi allarmi. Di mafie, dicevamo, le cronache giudiziarie sono piene. Da quelle nostrane (mafia siciliana, ndrangheta, camorra) a quelle straniere cinesi, albanesi e, finalmente riconosciute, quelle nigeriana e Sinti. Mafie d‘importazione, orgogliose della loro specificità, riconoscibili, capaci di condizionare persino tipicità culinarie romane (ma da quando avete mai sentito i supplì alla N’duja?). Mafie la cui ”solare” esistenza nella città, anche in luoghi prossimi al potere, ci fa chiedere molte volte, scuorati, che lavoro svolga esattamente quella Direzione Investigativa Antimafia che ha la sua sede proprio nel centro di Roma, in Via Giulia.
A cadere è semmai quella mafia “romana” dei romani doc, con tanto di rituali simbolico-massonici o parareligiosi e affiliazioni “di sangue”. Cade quella “Mafia Capitale” che serve a far vendere libri a giallisti di successo, alcuni anche togati, ad alimentare la filiera di certo cinema e di sceneggiature “tarantiniane” evirate di ogni tentazione hollywoodiana moralistico-edificante, fatte esclusivamente di amletici banditi antieroi che insegnano ai nostri ragazzi, innanzitutto, come mal vestire, come mal parlare e mal comportarsi.
Cade, ruinante, quel cortocircuito politico-mediatico-giudiziario cominciato nel Pd ancora da “Renzizzare”, su cui, in primis, l’ex Presidente del Consiglio contro Roma e contro l’ex Sindaco Marino, costruì le fortune politiche della sua scalata al potere costi-quel-che costi. Compresi l’aver offerto al populismo grillino un’arma politica formidabile di consenso elettorale, immediatamente capitalizzato. Fu il grimaldello per commissariare in successione il Pd romano e poi tutta la città, assicurandosi la neutralizzazione della cordata degli ex FGCI romani…i perdenti, espressione del “modello Roma” Veltroni-Bettini a tutto vantaggio del nuovo asse Firenze- Milano (Carrai)…Ma questa, come è uso a dirsi, è un’altra storia.