di andrea garibaldi
Giornalisti come riders? Editori come caporali della piana di Gioia Tauro?
Il paragone, evocato dal segretario della Fnsi, Raffaele Lorusso, è corretto. Lorusso ha anche ricordato l’inchiesta del tribunale di Milano che ha portato a commissariare Uber. Per caporalato.
Dopo una lunga cavalcata al fianco di medici, avvocati, architetti e notai, il giornalismo assimilato alle professioni liberali finisce qui. Il prestigio sociale, anche a causa di tante cialtronate dei giornalisti stessi, è finito da tempo. La dignità retributiva è all’ultimo miglio.
Dalle cabine di prima classe alla fame. Secondo le nuove tabelle preparate da Caltagirone Editore e inviate ai collaboratori del Messaggero, gli articoli sono pagati da zero a 7 euro, a 13, fino a 39 euro (ma solo oltre le 3500 battute e solo in cronaca nazionale). Ciascun collaboratore non può pubblicarne più di 30 al mese. Incassi ipotetici, quindi, che vanno da 210 a 1170 euro mensili (nel caso, assurdo, di 30 pezzi da oltre 3500 battute).
Naturalmente, lordi.
Il Gruppo Caltagirone ha, nell’insieme, un fatturato di 1,5 miliardi.
Caltagirone non è l’editore più cattivo. Le tariffe sono perfino più basse, in altri giornali. Caltagirone è soltanto il più esplicito, il padrone che non ha mai avuto ritegno di mostrarsi com’è. Nella lettera c’è un po’ di divisione in caste: i pezzi delle cronache locali pagati meno di quelli nazionali, quelli dell’online pagati meno di tutti. E c’è il ricatto: questi sono i prezzi, va firmata l’accettazione. Oppure, addio. Tempo per firmare fino al 16 luglio, ma già oggi ogni collaboratore, quando si collega al sistema del Messaggero, vede una schermata che insiste: ha accettato le nuove condizioni di collaborazione?
La lettera del Messaggero spa ai collaboratori è uscita dal palazzo di via del Tritone ed è diventata pubblica. C’è stata reazione, ma ancora non adeguata. I collaboratori stanno cercando una difficile unità, una possibile mobilitazione. L’organizzazione attuale della società, con lo smart working per di più, è impostata per l’isolamento delle persone, affinché ognuno si trovi solo a risolvere i propri problemi.
Esistono tuttavia ancora organismi collettivi. Il sindacato dei giornalisti, come ricordato all’inizio, ha scritto un comunicato duro su riders e caporalato, ma conclude dicendo che “sarà al fianco dei colleghi in ogni sede”. Potrebbe anche svolgere una funzione di guida.
L’Associazione Stampa Romana sostiene che si debba riaprire il dossier sull’equo compenso alla presidenza del Consiglio e l’appello è rivolto ala Fnsi, come sindacato nazionale.
Il cdr del Messaggero, dopo essersi dichiarato “allibito”, chiede all’azienda di “congelare i tagli per trovare una soluzione condivisa”. Potrebbe non bastare una richiesta, per smuovere Caltagirone.
Controcorrente Lazio, la sezione locale della componente sindacale che guida Ordine, Fnsi, Inpgi e Casagit, ha proposto con coraggio che un rappresentante dei collaboratori entri nei cdr e ha scritto un progetto per la tutela economica dei freelance. Avrebbe bisogno di un sostegno di Controcorrente nazionale e di azioni per far approvare le sue idee.
La materia dovrebbe interessare anche l’Ordine, titolare della dignità della professione. Ma il Consiglio nazionale è diviso, il presidente Verna si è allontanato dal gruppo che lo aveva eletto ed è da poco cominciata la campagna elettorale per il nuovo Consiglio. Si va incontra a nuovi scontri, mewntre una categoria all’angolo avrebbe bisogno soprattutto di unità.
Colpisce, infine, il silenzio dei direttori, che paiono spesso ombre alle spalle dei proprietari.
Questa battaglia sui miseri compensi dei collaboratori deve riguardare tutti i giornalisti, in particolare gli ultimi garantiti, i redattori articolo 1 dei grandi giornali. Credono di essere immuni da questa deriva, ma sbagliano. Come nella società, la proletarizzazione dei ceti intermedi, anche nel giornalismo, avanza. Dai piccoli diritti che vengono levati ai collaboratori, con un battere di ciglia, si passerà ai grandi diritti.
Il 7 dicembre 2018 Papa Francesco si recò in visita al Messaggero. Davanti a Francesco Gaetano Caltagirone, alla figlia Azzurra, amministratore delegato del giornale, al direttore Virman Cusenza, disse, fra l’altro, che al mattino l’unico giornale italiano che leggeva era il Messaggero. Avrà saputo con quale sudore viene prodotto?
[da professionereporter.eu]
Tema interessante, sbagliate le attribuzioni di responsabilità ai vari livelli.
Premesso che negli ultimi trenta anni l’espressione “proletarizzazione dei ceti medi” in lingua italiana si pronuncia “Unione Europea”, non vedo perché i giornalisti dovrebbero essere privati dei benefici della “libera” concorrenza da essi predicati agli altri ceti sociali in milioni di articoli di giornale. Forse che i giornalisti valgono di meno degli insegnati, dei medici, degli infermieri e, in generale, di tutti coloro che lavorano?
Così, quando per caso leggeranno il breve testo di tal Vetritto “Più Europa, subito” saranno in grado assaporarne la perentoria ingiunzione in tutte le sue sfumature.
Più Europa anche per voi, cari giornalisti. Subito, subito.