di enzo marzo
Fino a poco tempo fa la lettura dei giornalacci-trash di destra, assunta masochisticamente per volontario obbligo di conoscenza, mi amareggiava la giornata. Le sconcezze di Vittorio Feltri e di Sgarbi, le turpitudini di Borgonuovo, il servilismo di Giordano, le rocambolesche avventure rossobrune di Sansonetti, l’immarcescibile inciucismo verdiniano del “Foglio” mi mettevano di cattivo umore, perché vi vedevo le prove più degradate della disfatta del giornalismo nostrano. Mi chiedevo: possibile che non si possa leggere una sana opinione di destra? Adesso mi sono arreso: la risposta è no, non è possibile, e non resta che prenderla sul ridere. D’altra parte, mi piace questa concorrenza senza freni tra fogli più o meno leghisti e berlusconiani, ma col cuore meloniano, che non sanno più a chi obbedire e si scontrano tra di loro. Belpietro, stretto tra tanti concorrenti, per acciuffare qualche copia tra i militanti di Forza Nuova si è fatto tutto no-vax e no-greenpass. Preso dalla disperazione presto si assesterà su posizioni tolemaiche. Sallusti, che qualche mese fa scriveva col pennino intinto nello sdegno contro il ridicolo golpe dei trumpiani a Washington, e se la prendeva con i seguaci nostrani, ora si è riallineato con gli alleati di sempre. Immobile, stretto tra le nostalgie storaciane e il piduismo eterno di Bisignani, è invece “il Tempo” fermo al Regime.
Ma ora un punto li unisce: far finta di credere alla candidatura di Berlusconi al Quirinale.
E così non posso non passare dalla amarezza all’euforia da comica finale. Siamo al can can conclusivo della Seconda repubblica, anzi della Repubblica. Il paese è alle sue ultime fermate: è a pezzi sul piano economico, istituzionale, sociale e valoriale. Dappertutto esibisce sfacciatamente, come una vecchia puttana, le sue grazie secolari: opportunismo, ignoranza, trasformismo, fanatismo, corruzione, servilismo. Con un Governo con dentro (quasi) tutti, l’Italia è ancora quella di ottanta anni fa, “tagliata in due”.
A destra in massa si impegnano nell’ardua impresa di ripulire il Padrone per eccellenza. A sinistra regna il silenzio totale, non ce ne è uno che alzi il microfono per telefonare al 118. Un vecchio guru missiroliano preconizza che anche il Pd voterà per il disonore al Colle e quindi per la fine della Repubblica. E non ha nulla da eccepire. Tra gli entusiasti, primo fra tutti, ovviamente, è il “Giornale” minzoliano. Ce la mette tutta per servire il Padrone. E così ogni settimana imbandisce un articolo-saggio, scritto da chissà chi con la firma di Berlusca, che dà lezioni di liberalismo. Che nemmeno Berlin… E i giorni successivi giù interviste per lodare e chiosare i precetti del Grande Maestro. Si inginocchiano persino le Alte Gerarchie del Vaticano. Anziani professori del popolo eletto dei liberisti, che attendono da trenta anni la promessa Rivoluzione liberale, esultano sventolando il libro sacro “Perché non possiamo non dirci berlusconiani”. Incalliti pregiudicati progettano pellegrinaggi al Quirinale. Sansonetti, fervente rifondarolo ora arcorista, in questa corsa verso il santo Colle ci si è buttato a capofitto, dato che per lui il titolo di pregiudicato e avere otto tra prescrizioni e amnistie sono altrettante medaglie sul petto. Figuriamoci se non si ha “rispetto” per una banda di mafiosi, evasori e corruttori di giudici, avvocati, testimoni e parlamentari, che fondò Forza Italia. Invece la Gedi ancora sta sul “vorrei ma non vorrei”, e intanto ipotizza un governo militare…
Tutto questo ambaradan la dice lunga sulla serietà del nostro giornalismo e della nostra politica. E allora prendiamola a ridere. Abbiamo persino i nazisti che urlano contro la “dittatura”. Che vogliamo di più? Invece c’è un “più” intollerabile: anche solo partorire e prendere in considerazione l’ipotesi di Berlusca tra due corazzieri invece che tra due carabinieri è farsesca e disonorevole per il nostro paese.
Questa tragicommedia durerà finirà a febbraio. La seguiremo con la stessa attenzione con cui Zavoli narrava il Giro d’Italia.
14 settembre, il v.direttore di “Libero”, Fausto Carioti, ha risposto così a un lettore inorridito dalla notizia che alcuni avevano candidato Rosy Bindi per la Presidenza della Repubblica: «… Così le dico che l’idea stessa di candidarla dimostra cosa gira nella testa di quelle persone: la presunzione di essere i padroni del Paese, la cecità etica e intellettuale, la mancanza di senso del ridicolo. Per rappresentare uno Stato che è tuttora una potenza industriale e resta un caposaldo dell’Alleanza atlantica serve una statura internazionale dalla quale la signora dista qualche parsec, e per essere il presidente di tutti gli italiani occorrono senso delle istituzioni e la capacità di mettere il proprio ruolo al di sopra delle partigianerie bavose: qualità di cui la Bindi ha mostrato di essere geneticamente priva».
Ovvio, per “Libero” il Presidente della Repubblica deve avere «statura internazionale», «senso delle istituzioni», nessuna partigianeria. È il ritratto sputato di Berlusconi. Caffè pagato, Carioti, e continua a bacchettare chi dimostra «mancanza di senso del ridicolo».