di Marco Cianca
Vili, indifferenti, furbi, prudenti, cinici, scettici, rabbiosi, prepotenti, egoisti, cattivi, invidiosi, brutali, spietati, ignavi. Sono tante le sfumature dell’umana negatività. E vengono tutte in mente, spinte dall’orrore per la morte di Satnam Singh, buttato davanti casa dal padrone. Come un sacco dell’immondizia, lì, dissanguato, con accanto il braccio. Un fantoccio rotto, uno schiavo senza tempo. Succedeva migliaia di anni fa, succede oggi.
Perché meravigliarsi o indignarsi? Ipocrisia allo stato puro. Quando compriamo i pomodori al supermercato, magari cercando i prodotti in offerta, è ben chiaro che più il prezzo risulta basso, maggiore è il peso dello sfruttamento. Non fa una grinza. Risparmio per il consumatore, profitti comunque assicurati ai produttori, morte nei campi. In genere, prevale la dissociazione cognitiva, una sorta di rifiuto del problema. Come pagare in nero l’idraulico o il meccanico per non sobbarcarsi l’Iva, oppure acquistare ad un mercatino merce dalla dubbia provenienza.