di maurizio fumo
Partiamo dal presupposto che un governo e la sua maggioranza, fino a prova del contrario, non progettano riforme inutili. Ogni mutamento legislativo ha (o dovrebbe avere) una sua ratio: deve insomma mirare a uno scopo pratico da raggiungere, deve proporsi di ottenere un risultato; utile o dannoso, secondo i punti di vista.
Fatta questa premessa, appare lecito chiedersi quale sia la ragione per la quale si vuole separare la “carriera” del PM da quella del magistrato giudicante.
La domanda è tutt’altro che oziosa, dal momento che, con la c.d. “Riforma Cartabia”, è stata introdotta una separazione delle funzioni (giudicanti e requirenti) che rende di fatto quasi impossibile il passaggio di un magistrato da un ruolo all’altro. Infatti tale passaggio può avvenire una sola volta nel corso di tutta la vita professionale e comporta che chi cambia funzione debba cambiare anche corte di appello, il che, il più delle volte, determina anche che si debba andare ad abitare in altra regione (sono poche le regioni nei cui confini vi siano più corti di appello).
Continua la lettura di L’apartheid giudiziario di Mr. Nordio