di antonio caputo
Non è proprio il caso di dire ti do “10 giorni di tempo” e poi faremo da soli” (che cosa?). Oggi c’è da rabbrividire. L’Europa può finire. Ci giunge alto e forte un monito. Sono parole solenni che scendono dal Colle. Dimostrano che, nel silenzio apparentemente statico della quarantena, molto si muove nelle coscienze, nella percezione stessa del nostro destino, nei suoi possibili e contrapposti esiti: il trionfo catastrofico dei nazionalismi o l’imporsi di una nuova prospettiva sovranazionale.
Da San Pietro, davanti al grande sagrato vuoto, il Pontefice parla al mondo e ammonisce: “nessuno si salva da solo”.
È un generale richiamo comunitario che ci suggerisce che nessun paese può salvarsi da solo. Attenzione al catastrofismo anche degli europeisti.
Quando si dice che l’ Europa è finita occorre avere ben chiaro che stiamo assistendo allo sgretolamento della finta Europa. E che dalle sue ceneri dovrà sorgere la vera Europa, l’Europa politica sognata da Altiero Spinelli, Ernesto Rossi, Eugenio Colorni nel “confino” di Ventotene negli anni più bui del secolo breve.
Occorrerà ripartire dal fare piazza pulita del Consiglio europeo costituito dai capi di governo. Una dannosa camera di compensazione dei nazionalismi, degli egoismi degli Stati. Il vero tarlo che sta sgretolando l’edificio europeo è proprio il suo nazionalismo interno. E quindi continuiamo a ragionare sul filo delle intuizioni e degli ammonimenti che, a partire dalla tragedia greca moderna, hanno accompagnato alcuni di noi prima della pandemia.
Europa utopia necessaria.