di pierfranco pellizzetti
Il professor Montanari insiste e raddoppia.
Nelle sue ultime comparsate televisive sembrava aver incassato le dure repliche della realtà e – quindi – dava vaghi segni di aver iniziato a tenere a freno il suo perfettismo cattolico applicato alla tragedia ucraina. La protervia ammantata da ansia di martirio priva di rischi effettivi.
Falsa impressione, perché oggi sul “Fatto Quotidiano” ritorna alle posizioni di partenza. Ossia la predicazione di un pacifismo unilaterale come forma superiore di realismo, promossa dalla superiorità morale dello spirito credente. Per cui “il pacifista da tinello” se la prende con “i guerrafondai da divano” che pretenderebbero di far continuare la carneficina”, per cui «arrivati a questo punto, l’unica posizione morale per noi occidentali è la più forte pressione possibile per un cessate il fuoco immediato, per un tavolo della pace dove Ucraina e Russia trovino un accordo. Un accordo che sarebbe comunque meglio della continuazione di questa carneficina senza senso». Scelta morale o non piuttosto la pretesa di sovrapporre alla realtà il proprio dottrinarismo, come viatico sicuro per il paradiso del politicamente corretto. Anche perché la condizione primaria per arrivare all’annunciato accordo è che entrambi i contendenti manifestino la benché minima intenzione di arrivare a tale accordo. Condizione inesistente se la parte putiniana dichiara di infischiarsene della realtà nel palleggiamento derisorio di due tesi: “in questo momento non ci sono invasioni in atto” (linea Ladrov), “l’Ucraina non esiste e deve tornare a far parte della Russia” (linea Putin).
Il Professor Montanari può insistere nel sovrapporre la propria fede incrollabile circondandosi di tonache immacolate – da papa Bergoglio a Don Milani – gente che (come diceva un suo concittadino che non ospiterei mai nel pantheon dei miei eroi) può illudersi di governare le faccende del mondo mediante i pater noster.
Resta il fatto che la loro perseveranza continua a creare le premesse di quei massacri che pretenderebbero di evitare. Dalle crociate dei bambini innocenti per la riconquista del Santo Sepolcro, al disarmo unilaterale (guarda caso promosso proprio dai gesuiti) degli indios amazzonici, ammansiti e ammassati nelle “reducciones” – gli evangelici villaggi utopici del Paraguay – in cui vennero consegnati inermi agli schiavisti e ai massacratori portoghesi e spagnoli.
Se qualcuno ha voglia di ripassare l’istruttiva lezione può rivedersi quel documento straordinario che è il film Mission con Bob De Niro e Jeremy Irons.
Allora forse perfino Montanari riuscirebbe a capire che uno stop all’orrore in atto è strettamente dipendente, non tanto dalle ipocrite e ponziopilatesche sanzioni di un Occidente dalla coda di paglia lunga chilometri, quanto dall’imprevista e soprattutto eroica resistenza del popolo ucraino, che ha mandato in tilt la presunta guerra lampo del Cremlino e messo in crisi l’ignobile macchina del fango russa; la tragica barzelletta secondo cui in Ucraina imperava il Nazismo. Peggio: che Zelensky stesse utilizzando i suoi cittadini “come scudi umani”. Mentre – nel frattempo – posti in salvo vecchi e bambini, i civili ucraini corrono alle armi a difendere la loro Patria. E magari ci sono ventimila occidentali che accorrono a Kiev per dare una mano alla Resistenza, a prezzo della loro vita. Anche questi, “guerrafondai da divano”?
Annegare questa vicenda nella melassa di un pacifismo imbelle (sempre a sospetto di uso improprio al servizio dell’eccezionalismo etico di chi lo promuove) suona a intollerabile denigrazione nei confronti di chi è pronto a sacrificare la vita per la propria legittima causa.
Così come risulta intollerabile la predicazione astratta mentre le vittime muoiono (magari puerpere e bimbi nel bombardamento criminale degli ospedali); mentre chi reagisce non ha bisogno degli incoraggiamenti ad arrendersi. Visto che una possibile pace può nascere solo dall’aver sconfitto le premesse ideologiche di questa guerra.
Se nella vicenda c’è una parte per cui parteggiare, quella è il popolo ucraino.
Pellizzetti, non sei ancora partito?
Allora non credi in quello che dici.