Quando la presidente Meloni che ora vota le autonomie differenziate di Calderoli era contraria a qualunque regionalismo…
Il 2 febbraio e il 16 marzo il Consiglio dei ministri ha approvato in via preliminare poi definitiva, il disegno di legge Calderoli, legge ordinaria , per l’attuazione della c.d. autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario.
I rappresentanti di Fratelli d’Italia nel governo hanno votato quel testo, smentendo decenni di posizioni ben diverse e contrarie, non solo alle autonomie regionali , ma al regionalismo in generale quale strumento di buona amministrazione.
Basta scorrere gli annali parlamentari anche recenti per scoprire che nella XII legislatura fu presentata il 15 gennaio 2014 alla Camera dei deputati una proposta di legge costituzionale firmata da Cirielli e da Giorgia Meloni intesa a ridisegnare profondamente il titolo V della seconda parte della Costituzione riformato nel 2001.
In che modo? In primo luogo, si legge nella relazione alla proposta, riducendo drasticamente la proliferazione degli enti territoriali intermedi. Il via alla cancellazione delle Province ( anticipando la “riforma” promossa da Renzi e bocciata dal corpo elettorale il 4 dicembre 2016).
Non basta: anche le Regioni attuali andavano soppresse per essere sostituite da 36 nuove Regioni per farle diventare “i centri propulsori della gestione amministrativa della cosa pubblica”; trasformate in enti intermedi di gestione tra Stato e Comuni privi di connotazioni politico-programmatiche.
In secondo luogo proponeva l’abrogazione dell’intero art. 116 della Costituzione, e quindi sia delle Regioni speciali (comma 1) e delle Province autonome di Trento e Bolzano (comma 2), sia dell’autonomia differenziata (comma 3 introdotto nel 2001), nella prospettiva che le nuove circoscrizioni regionali avrebbero dovuto esercitare le stesse funzioni.
A marzo 2015 a sostegno della proposta si tenne un convegno nazionale su iniziativa del gruppo alla Camera di Fratelli d’Italia-Alleanza nazionale, nel corso del quale il “presidente” Giorgia Meloni ebbe a dichiarare che serviva “una nuova architettura, perché il regionalismo è stato un fallimento e ha prodotto molto spesso solo corruzione e burocrazia”, aggiungendo che nel 1970 “Giorgio Almirante lo aveva ampiamente previsto e aveva annunciato che la spesa pubblica sarebbe andata fuori controllo”.
Il regionalismo all’italiana, come lo definì Almirante in un lungo intervento, oltre 9 ore, un record imbattuto di colui che venne definito al tempo “vescica di ferro”, aborrito al tempo in cui vennero introdotte le Regioni, fine anni 60.
Come mai la Meloni ha cambiato così drasticamente opinione fino al punto di diventare ultraregionalisti e favorevoli all’autonomia differenziata che certo accentuerebbe la “verticale caduta della coesione nazionale” lamentata nel convegno del 2015?
In barba tra l’altro all’art.5 della Costituzione per cui la Repubblica è una e indivisibile!
Alla faccia della coerenza e della continua esaltazione della Nazione e della Patria comune, sconcerta l’apertura alla prospettiva delle “Repubblichette” autonome e differenziate al limite della indipendenza!
Cambiate le condizioni e i presupposti?
No grazie; 20 anni di regionalismo sanitario fatto di dissipazione e disgregazione del servizio sanitario nazionale e le varie rimborsopoli bastano e avanzano per affermare che il regionalismo all’italiana e per di più differenziato può rovinarci, distruggendo anche i conti pubblici, anticamera della fine del welfare!
Anche la scelta politica è conseguenza della struttura psicologica. Tutti i “destri” hanno personalità schizoidi, per sopravvivere con un padre (o madre) autoritario e castrante.