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le mille facce di Meloni: il regionalismo

Quando  la presidente Meloni che ora vota le autonomie  differenziate  di Calderoli  era contraria a qualunque regionalismo…

Il  2 febbraio e il 16 marzo il Consiglio dei ministri ha approvato in via preliminare poi definitiva, il disegno di legge Calderoli, legge ordinaria ,  per l’attuazione della c.d. autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario.

I rappresentanti di Fratelli d’Italia nel governo hanno votato quel testo, smentendo decenni di posizioni ben diverse e contrarie, non solo alle autonomie regionali , ma al regionalismo in generale quale strumento di buona amministrazione.

Basta scorrere gli annali parlamentari anche recenti  per scoprire che nella XII legislatura fu presentata il 15 gennaio 2014 alla Camera dei deputati una proposta di legge costituzionale firmata da Cirielli e da Giorgia Meloni intesa a  ridisegnare profondamente il titolo V della seconda parte della Costituzione riformato nel 2001.

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un no al regionalismo all’italiana con uno sfondo (a)democratico

di antonio caputo
Dopo il flop dell’affluenza alle urne in Lombardia e nel Lazio, un paese serio metterebbe in discussione l’intero regionalismo all’italiana partitocratico e dilapidatorio esasperato dell’infausto e infelice titolo V.. Che ha accompagnato la dissoluzione servizio sanitario nazionale. Nessuno dei partiti che si sono presentati alle regionali ha messo al primo punto di un programma che per altro nessuno ha presentato una seria e radicale riforma per superare il dissennato regionalismo sanitario ripristinando in toto un servizio
sanitario nazionale universale che non ha bisogno di Lep definiti dal governo o con le autonomie differenziate addirittura da un atto amministrativo unipersonale, il dpcm. Ma è tutela concreta di qualunque malato se malato con mezzi e adeguate dotazioni ovvero in aderenza alle prescrizioni e indicazioni dei medici e del personale sanitario in tutto
il paese. Ci manca solo essere o meno curati e come solo in forza della decisione del presidente del consiglio con dpcm casomai in diretta Facebook. Il giorno prima di tirare le cuoia in attesa della diretta. Con il necessario decentramento sul territorio a fini e solo a fini di gestione. Questo regionalismo partitocratico non è quello di Cattaneo e nemmeno quello di Miglio . Un ibrido alimentato dal denaro pubblico e dalla pessima deforma del titolo V del 2001. Il risultato del voto in Lombardia e nel Lazio certifica ora: Continua la lettura di un no al regionalismo all’italiana con uno sfondo (a)democratico