non ci sono più scuse (dopo il flop referendario)

di raffaello morelli

Da martedì 10 giugno, i cittadini italiani realisti – non filo governativi ma neppure drogati dall’ideologismo della sinistra laica e cattolica schiacciata sul sentirsi predestinata a gestire il potere perduto ormai da un triennio – non possono eludere l’urgente problema di far maturare un’opposizione che sia davvero tale. E dunque rinunci alle sceneggiate dei riti passatisti in piazza confortate da gran parte degli organi di comunicazione tradizionali, e si manifesti in proposte e in comportamenti concreti atti a configurare una alternativa di governo coerente e credibile.

Imboccare la strada della maturazione implica innanzitutto, lavorare al far dimenticare presto che non vi è stato alcuno spunto autocritico sull’aver promosso i referendum e che le giustificazioni della sconfitta date da Landini e dalla Schlein sono imbarazzanti. Non ci si è pentiti di aver promosso né referendum frettolosi contro norme decise dai propri governi né un referendum sbrigativo per mutare i delicati criteri di cittadinanza preferendo l’onda emotiva popolare ai rappresentanti eletti. Quanto alle giustificazioni, per Landini il flop è una evidente crisi democratica (quindi la democrazia esisterebbe solo quando vince lui). Per la Schlein il voto del 30% degli aventi diritto, è un buon punto di partenza perché più alto dei voti di FdI nel ‘22 e perché avvicina l’alternativa (quindi la Schlein confonde le politiche con i referendum, il settembre 2022 con il giugno 2025, i voti con i bagagli spostabili senza tener conto delle esigenze dei cittadini votanti, e riduce l’alternativa ad uno slogan).

Con giustificazioni del genere non si costruisce l’alternativa. Si persiste nel celebrare una cultura politica nei fatti dimostratasi incapace di governare in modo aperto per sciogliere i principali nodi del convivere. Soprattutto perché, invece di riflettere sul come sciogliere i nodi concreti, si crogiola nella suggestione di essere l’unica, in quanto avversaria di Meloni e della sua nuova destra, a poter risolvere i problemi italiani. Dopo il flop dei referendum, questa suggestione non ha più spazio. Fondare l’agognato campo largo sulla contrarietà al melonismo è largamente minoritario perché non affronta i temi reali. L’alternativa non nasce dagli anatemi ma dalle proposte operative. E di proposte operative non c’è traccia nell’ideologismo dell’attuale sinistra laica e cattolica.

Ne sono una riprova perfino i contenuti dei quesiti referendari. I quattro referendum sul lavoro non coglievano affatto – lo hanno scritto gli esperti in materia – le vere questioni calde nei rapporti di lavoro. Il quinto referendum sulla cittadinanza era una soluzione sui termini per darla, concepita da teorici dell’imporre il politicamente corretto, disattenti in pieno ai tempi del processo per farla maturare tra i cittadini. Così hanno portato al risultato che sul quinto referendum ha detto NO un terzo della minoranza votante, in pratica cinque milioni di elettori (indicando intorno al solo 20% degli aventi diritto la percentuale degli italiani favorevoli).

Una alternativa di governo coerente e credibile parte dalle idee, si sostanzia in proposte su punti specifici e si prefigge di attirare i cittadini non per mettere insieme un partito unico di potere incline ai propri interessi più che a quelli dei cittadini, bensì per far vivere un’alleanza tra diversi che costruisca la soluzione dei problemi civili e tenga conto dei risultati via via raggiunti.

Ne consegue che il PD deve spogliarsi delle abituali propensioni egemoniche al risucchiare gli alleati; l’arcipelago della sinistra rinunciare ad un sinistrismo teorico indirizzato a soddisfare i compagni più che a risolvere i problemi; quel che resta del mondo dei 5stelle riprendere l’impostazione originaria avversa al conformismo elitario.

E siccome la natura dell’alternativa di governo credibile è fisiologicamente ispirata al metodo liberale, promotore del cambiamento affidato ai cittadini, anche il mondo dei liberali deve fare la propria parte. La presunzione mostrata dall’Istituto Cattaneo che , nel commentare il voto referendario, ha indicato l’area liberale tra i votanti SI, non è frutto della scienza bensì il pregiudizio dei non liberali su quello che secondo loro dovrebbe essere il liberalismo, visto quale aggettivo asservito agli ideologismi. Il liberalismo pensato dai non liberali non esiste. Ma i liberali veraci in coerenza non debbono stare alla finestra magari lamentando tempi passati. E per dare il loro contributo alla costruzione di un’alternativa di governo efficace devono martellare sul loro metodo di osservare sempre la realtà delle cose senza pregiudizi di schieramento, di inventare volta volta soluzioni ai nodi civili imperniate sul conflitto democratico, di affidarsi di continuo e invariabilmente alle scelte e alle iniziative dei cittadini nella loro singolare diversità.

Se ciascuno dei vari soggetti svolgerà il proprio compito, l’alternativa di governo potrà prendere davvero corpo e tra 27 mesi le nuove politiche potranno essere un successo , evitando un’evoluzione non liberale. 

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