Archivi categoria: res publica

Quando a Conte apparve S. Eligio

di gianmarco pondrano altavilla

Il nostro premier Conte non lo sa, ma presto avrà una visione mistica. No, non gli parlerà S. Pio da Pietralcina, cui pure il primo ministro è devoto (come ha tenuto a spiegare a mezza Italia), ma un santo di recente più defilato, meno lumini e statuine, che pure – però -, il suo perché ce l’ha. Si tratta di S. Eligio. S. Eligio è aduso a queste missioni nei palazzi, a parlare col “potere” e da alcuni segni inconfutabili sembra proprio che il capo del governo italiano sarà il prossimo destinatario della sua pastorale angelica.

Legittimo potrà sorgere il dubbio nel lettore su chi ci dia tanta certezza, tanta sicumera, da spergiurare la prossima epifania palazzochigiana.

Per rispondere al suo legittimo quesito dovrà permetterci di fare un piccolo salto nel passato. Anni ’50, Firenze. A Palazzo Vecchio, il sindaco La Pira si è assopito, stremato dal lavoro. Sono giorni intensi: la fonderia Pignone, la “fabbrica di Firenze” non regge il mercato e deve chiudere. Il sindaco è dalla parte degli operai e tanto fa e tanto briga che alla fine i contribuenti, mercé l’AGIP salveranno l’azienda. Sì certo, ci sono sempre quei liberisti da salotto che sbraitano, quell’Einaudi, quel Rossi (diavolaccio) che scocciano. Ma alla fine tutto si aggiusta.

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IN DIFESA DEL PARLAMENTO

di pietro polito,  Direttore Centro studi Piero Gobetti

Il Referendum costituzionale sul taglio dei parlamentari del 20 e 21 settembre 2020 è (sarà) un passaggio importante per il futuro della democrazia rappresentativa in Italia. Per questa ragione occorre che si attivi un dibattito pubblico sul ruolo e le funzioni del Parlamento per “contrastare l’inquinamento dell’opinione pubblica, qualunque sia la risposta delle urne”[1]. Dall’una e dall’altra parte gioverebbe evitare sia la demonizzazione sia la ridicolizzazione dell’avversario. Se da un lato non spira aria di fascismo, dall’altro non tira “un’arietta da crociata, tra i santi soldati che innalzano gli stendardi dei No”[2]. Che senso ha, sia pure per ragioni polemiche, ridurre i fautori del No al livello di “tifosi” e o “vestali”?[3]. O addirittura, l’accusa, ingenerosa e irricevibile, viene rivolta a “certi intellettuali di finta sinistra” (Roberto Saviano e altri), a “complici della destra prefascista”  o “cretini”?[4]. Continua la lettura di IN DIFESA DEL PARLAMENTO

La riforma del Csm alla prova della Costituzione

di Angelo Perrone 

La riforma del Csm una necessità condivisa, ma quella proposta dal ministro 5Stelle Bonafede è la risposta della politica allo scandalo delle toghe, scoppiato con il “caso Palamara”. C’è il rischio di trascurare problemi di fondo per “spazzare le correnti”. In gioco è l’equilibrio tra politica e giustizia. L’indipendenza della magistratura non è privilegio dei singoli ma garanzia per ogni cittadino

Era allo studio da tempo la riforma del Consiglio superiore della magistratura, ora approvata dal governo su proposta del ministro della giustizia, il 5Stelle Alfonso Bonafede, non senza contrasti all’interno della maggioranza. Arrivare alle nuove regole però non sarà facile né rapido. Lo schema elaborato dovrà affrontare un percorso lungo, dall’esito incerto, come emerge dalle polemiche di questi giorni.

Colpisce l’intensità delle critiche. Sia tra le forze politiche sia all’interno della magistratura e dell’avvocatura. La strada sarà davvero complicata. Stavolta, accanto ai propositi mai sopiti di spingersi oltre il segno della Carta costituzionale, e dunque di alterare l’equilibrio dei poteri, è l’attualità ad offrire argomenti di rilievo al dibattito incandescente.

Il rischio è che le ragioni contingenti rendano torbida la discussione, distolgano dalle questioni essenziali, in nome della fretta e dell’emotività. Le soluzioni possono davvero diventare l’ennesimo problema. Sullo sfondo, il pericolo espresso senza mezzi termini dal vicepresidente del Csm David Ermini. Accanto alle tante cose indilazionabili, si delinea la minaccia di una (pericolosa) «riduzione della discrezionalità del Csm». Non una cosa di poco conto: l’alterazione del “volto” istituzionale del Consiglio in senso opposto al disegno costituzionale.

È evidente infatti che il progetto non risponde solo alla necessità di mettere mano ad una riforma radicale, dopo il fallimento di quella del 2006 (proponente Mastella che aveva fatto “tesoro” del lavoro del predecessore, il leghista Castelli). Piuttosto, è inevitabile leggere il testo come la risposta della politica allo scandalo delle toghe scoppiato ormai un anno fa con il “caso Palamara”, il magistrato al centro di intrighi di potere, e accusato di corruzione.

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I misteri irrisolti della strage di Bologna

di angelo perrone

Nel paese dei delitti senza colpevoli, la strage del 2 agosto 1980 ha la singolarità d’essere un evento sul quale molto si è indagato scoprendo esecutori e mandanti. Tuttavia rimane la convinzione che vi siano misteri irrisolti, legami con altre tragedie, come Ustica e il sequestro Moro. Soprattutto è inquietante che, pur a distanza di tanti anni, sia rimasto sconosciuto il movente di quel disegno terroristico

La strage di Bologna del 2 agosto 1980 fu il più grave atto di terrorismo verificatosi durante il dopoguerra nel mondo occidentale: 85 morti, circa 200 feriti. Dopo 40 anni, nonostante gli sforzi della giustizia, le sentenze definitive, le indagini in corso, permane la sensazione che ci siano dei misteri irrisolti, come del resto ha sottolineato anche il presidente Mattarella che – in occasione della ricorrenza – ha ribadito la necessità di “un impegno straordinario per l’accertamento della verità”. Mancano tasselli per capire quanto accadde quel sabato mattina?

Giovani e giovanissime erano in gran parte le vittime, ma ragazzi erano anche coloro che furono identificati come esecutori materiali della strage. Sembra quasi una “storia di ragazzi” dal volto tragico ed inquietante..

Circa la metà delle persone colpite aveva meno di trenta anni, erano giovani, giovanissimi, addirittura bambini.

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LA LEZIONE DI MACRON

di marco patricelli    [News List di Mario Sechi]

Mesdames et messieurs, giù il cappello di fronte a Emmanuel Macron.

Il presidente della Repubblica francese stavolta non le ha mandate a dire: «La Francia è ferma nel condannare il razzismo ma non cancellerà la sua storia, né abbatterà statue e monumenti». Forte e chiaro in diretta tv e doccia gelata sulle febbri della caccia al personaggio storico da gettare giù dal piedistallo nel tripudio di folla perché cento, duecento, trecento anni fa non solo non marciava contro il razzismo ma addirittura lo era, persino inconsapevolmente, perché così andava il mondo. Un mondo che non è mai stato perfetto, né allora né oggi, anche se oggi anche per presa di coscienza è probabilmente migliore di quello di allora.

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Caporetto in Lombardia – Ecco le tappe degli errori

di pino nicotri

Caporetto in Lombardia. I piani c’erano, come i cannoni. Ma nessuno li ha fatti funzionare. Incredibile, ma vero. Hanno sbagliato alla grande, lo hanno anche ammesso candidamente tutti. Eccetto uno che nega sfacciatamente l’evidenza. E un altro che alle parole “ho sbagliato” premette un coraggioso “forse”.

Ma nessuno tra i vari Attilio Fontana, presidente della Regione Lombardia, Giulio Gallera, assessore lombardo al Welfare, Giuseppe Sala, sindaco di Milano, Nicola Zingaretti, segretario nazionale del PD, Giorgio Gori, sindaco di Bergamo, Gian Piero Gasperini, responsabile tecnico dell’Atalanta, cioè della squadra di calcio di Bergamo, Stefano Scaglia, presidente della Confindustria di Bergamo, e Matteo Salvini, segretario della Lega (in realtà di Lega ce ne sono due, ma tralasciamo), nonostante la scia di morti e di danni disastrosi  pensa neppure lontanamente di tirarne le conseguenze. Cioè di dimettersi. Ma andiamo per ordine.

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FINO A CHE PUNTO ARRIVERÀ LA SFRONTATEZZA SFRENATA?

di  francesco pisarri

Spero che questa pandemia ci costringa a ripensare a come viviamo, che costringa gli uomini a cambiare strada e a riscoprire quei valori che abbiamo perso da tempo umiliati dalla volgarità e dalla stupidità che ci circonda.

Sarà dura ma cerchiamo di vedere il bicchiere mezzo pieno. Soffriremo in molti … ma speriamo che almeno ci aiuti a cambiare, a non tollerare più un mondo privo di compassione e sempre sull’orlo di inutili guerre, un mondo che non ha trovato mai le risorse per i deboli, i poveri, tutti quelli che vivono umilmente del proprio lavoro, che non sfruttano gli altri, non rapinano la terra.

Abbiamo tollerato anche troppo questo sistema, i suoi corifei, i suoi imbonitori, che hanno sempre fatto passare per nostri gli interessi e l’avidità di pochi. Abbiamo tollerato la stupidità, la volgarità, l’apparire, le menzogne, gl’inganni e le ipocrisie del potere per poi trovarci indifesi di fronte alle necessità primarie. Abbiamo tollerato un sistema produttivo che ha sfruttato il lavoro, il bisogno, la fame, la paura di tutti noi. Un sistema che ha violentato la terra, il clima, le altre specie viventi, virus compresi, che ha bruciato immense risorse naturali per costruire strumenti di morte, per produrre miliardi di tonnellate di merci inutili se non dannose. Un sistema che ha ridotto in povertà e miseria miliardi di persone o comunque ce le ha lasciate.

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TRA POCO SARA’ IL MOMENTO DI STARE DISCONNESSI, ORA BISOGNA PREPARARSI AL DOPODOMANI. LO SFOGO DI UNA MADRE

di candida d’aprile

I grandi dimenticati di questa esperienza sono i bambini e i ragazzi. Qualcuno lo dice, ma se ne continua a parlare poco, o meglio, se ne parla anche, ma finora si è fatto poco, anzi nulla.

Tutti noi abbiamo fatto delle rinunce in questi ultimi 3 mesi, ci siamo privati di questo e di quello. Ed ora abbiamo solo voglia di riprendere le nostre vite. Le vite dei bambini (dei minori in genere) invece, riprendono solo secondo il volere degli adulti, con modalità scelte dagli adulti.

In una società senza servizi tutto, proprio tutto, viene scaricato sulle famiglie, che spesso non sono in grado, non ce la possono proprio fare. Il problema è di carattere economico, organizzativo, sociale, ma anche e soprattutto generazionale e culturale.

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Odio online, per contrastarlo la Francia approva la peggiore legge possibile

di guido scorza   (da fatto.it blog)

Tutti – o, almeno, la maggior parte di noi – vorremmo vivere in un mondo più civile, in un mondo nel quale si ha più rispetto gli uni degli altri, in un mondo nel quale gli ultimi sono trattati come i primi, in un mondo nel quale non ci sono “diversi” e nessuno è discriminato per il suo aspetto fisico, per quello in cui crede, per le sue idee, per la sua condizione di salute o per le sue abitudini sessuali, in un mondo nel quale la violenza verbale, tutta, inclusa quella online, è sostituita dall’educazione.

E tutti i governi – o almeno la più parte – hanno, di conseguenza, l’ambizione, il compito, la funzione e la responsabilità di assumere decisioni e dettare regole capaci di dar corpo a questi aneliti.

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Carceri: la salute di Caino sotto il Covid-19

di  angelo perrone

Il coronavirus non poteva risparmiare le carceri, esposte più gravemente alla pandemia. Decessi di detenuti e personale, proteste contro il sovraffollamento e le condizioni sanitarie, scarcerazioni di boss eccellenti per ragioni di salute, lo scossone ai vertici dell’istituzione penitenziaria. Sono indispensabili cambiamenti radicali: serve un nuovo modello di carcere, che assicuri sicurezza, restituisca dignità alla detenzione, e sia attento ai processi di reinserimento sociale

Rivolte e proteste durante i mesi caldi del Covid-19, scarcerazioni eccellenti di mafiosi e narcotrafficanti. Poi l’inevitabile scossone al vertice dell’amministrazione penitenziaria, il ministro Bonafede nomina in gran fretta il nuovo capo del Dap, il magistrato Petralia, insieme al vice Tartaglia, per fronteggiare la situazione. Sono i passaggi più drammatici di questa fase di emergenza negli istituti di pena. Nella quale sono apparse evidenti la sottovalutazione dei problemi e l’impreparazione a fronteggiarli. Il coronavirus non poteva risparmiare proprio le carceri, istituzioni chiuse per eccellenza, sovraffollate all’impossibile, più esposte al virus. Così ne ha fatto saltare i fragili equilibri interni, mettendo allo scoperto i problemi irrisolti.

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LA STRANA CONVERSIONE ALL’ISLAM

La liberazione di Silvia Romano, la cooperante italiana sequestrata da terroristi 18 mesi fa, è stata segnata dalla notizia della conversione all’Islam durante la prigionia. E’ mancato, nella gioia per il ritorno a casa, un cenno all’affetto mostrato dagli italiani per la sua sorte e allo stesso sforzo compiuto dallo Stato. E rimane misterioso il corto circuito che può crearsi, in uno stato di angoscia e di smarrimento, tra la vittima e il carceriere, sino a spingere la prima ad abbracciare l’ideologia del carnefice

di angelo perrone *

Solo il tempo farà chiarezza, ci dirà qualcosa in più sulla “conversione” all’islamismo di Silvia Romano, la cooperante italiana liberata dietro il pagamento di un forte riscatto alla banda criminale jihadista di al-Shabaab che l’ha tenuta segregata per 18 mesi dal novembre 2018. E forse nemmeno quello, il tempo, lo renderà possibile a lei stessa prima che a noi, cioè al pubblico. Una conversione reale, oppure indotta? E quale la dinamica, durante l’abbrutimento della prigionia in mani tanto ostili?

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