Antisemitismo. Non possiamo dirci innocenti
Stiamo scendendo nell’abisso, senza sapere dove arriveremo, fino a quando cammineremo nel buio. Dobbiamo cominciare a domandarci dove porta e quando si fermerà questa mutazione in corso del nostro Paese, che dopo aver travolto il linguaggio e la coscienza civica sta attaccando lo spirito di convivenza fino ad alterare il carattere collettivo degli italiani, liberando forze sconosciute e inquietanti, in un’inversione morale della democrazia. Chi ignorava gli allarmi di questi ultimi anni, i richiami striscianti al fascismo, la ferocia del linguaggio, la brutalità della politica, e banalizzava ogni regressione azzerandone il significato, oggi si trova davanti un’immagine iconica dell’oscurità in cui stiamo precipitando.
Una stella di David e la scritta “Juden hier” (qui abita un ebreo) tracciate sulla porta di casa a Mondovì di Lidia Beccaria Rolfi, deportata a Ravensbrück perché staffetta partigiana, e nel campo testimone dell’Olocausto.
Guardiamo fino in fondo quel gesto. Qualcuno è uscito di casa nella notte come un ladro, con lo spray nero, con il proposito di imbrattare in anticipo il Giorno della Memoria, individuando come bersaglio una vittima del nazismo e scegliendo un rituale fascista, per replicarlo nel 2020, in un Paese democratico, nel cuore dell’Europa e in mezzo all’Occidente. Qualcuno tra i minimizzatori dirà adesso che si tratta di un gesto isolato: e ci mancherebbe altro. Ma la verità è che il contesto italiano rende plausibile quell’atto, certamente estremo e tuttavia non incoerente con il clima sociale, politico e culturale, di cui segna anzi il tracciato, spingendosi fino al confine. Si tratta dunque di leggere con attenzione i segni evidenti di questa trasformazione in corso.


