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piccoli megalomani

Il boss di Washington, disprezzando tutto ciò che nella storia lo ha preceduto, cambia il nome al golfo del Messico, addirittura mettendo al bando la prima agenzia di stampa statunitense che si ostina a non chiamarlo golfo d’America (il Messico, come tutti sanno, non è in America. Povero Monroe, che si ostinò a pensarla diversamente, allargando alquanto i confini americani!) Megalomania.

Nel loro piccolo, i leghisti lombardi tornano a chiedere che i cartelli stradali, quindi i nomi geografici delle località, siano scritti nella “lingua lombarda”. Noi siamo i primi a riconoscere dignità di lingua ai dialetti e ci basta pensare a Carlo Porta. Solo che, in Lombardia, i dialetti o lingue che dir si voglia sono parecchi e non sempre assimilabili. Un contadino dell’alta Val Brembana capirebbe un milanese o viceversa? Chi scrive vive in una amena località dell’Oltrepò Pavese e, pur parlando un buon milanese, fatica a capire i locali quando si esprimono nel loro dialetto stretto.

La questione non è nuova, ma già una decina d’anni or sono il medesimo tentativo fu saggiamente (esistono o almeno esistevano anche leghisti saggi) sconfessato, ammettendo che una lingua lombarda semplicemente non esiste. Ora qualche leghista poco saggio ci riprova, suscitando però qualche ostilità dei compagni d’avventura. I fratelli italiani, infatti, non si percepiscono del tutto coincidenti coi fratelli lombardi, anche perché le loro sorelle hanno preferenze per dialetti più garbatelli.

Noi li lasciamo al loro dissidio. Quando torniamo a Milano, Milan l’è un gran Milan, ci piacerebbe non confondere la città una squadra di calcio, anche perché da settantacinque anni siamo interisti.    

valerio pocar – sabato 22 febbraio 2025