QUALE FESTA DEL LAVORO

di angelo perrone *

Tutto è cambiato, anche nelle manifestazioni che accompagnano la Festa del lavoro il 1 maggio. Non devono mancare però né la consapevolezza dei problemi che il Covid-19 ha reso più drammatici, né momenti di allegria e spensieratezza. Per dirci che, soprattutto nelle difficoltà, abbiamo bisogno di fiducia e tenacia.

La tela dipinta da Giuseppe Pellizza da Volpedo nel 1901 è l’immagine più iconica da associare alla Festa del lavoro, che si celebra il 1 maggio. Chi sono i soggetti ritratti ed elevati a simbolo della lotte operaie e contadine? «Son uomini, donne, vecchi, bambini: affamati tutti che vengono a reclamare ciò che è di diritto. Sereni e calmi, come chi sa di domandare né più né meno di quel che gli spetta», scrisse lo stesso autore. Un’immagine della sofferenza composta, dell’affermazione pacata ma vigorosa dei propri diritti, il desiderio del riscatto dopo una vita di sacrifici e talora di stenti. Una manifestazione di protesta, che si basa sulla compattezza, sulla comunione di intenti, sulla vicinanza delle sorti.

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LA APP PER LA FASE 2

di lorenzo sartori

Con la Fase 2 sarà fondamentale utilizzare una preziosissima App. Non parlo di Immuni, ma di un’app ben più potente e sicura, Neuroni.
Sviluppata da Madre Natura, Neuroni è un’app gratuita che non sfrutta la tecnologia Bluetooth, bensì la ben più collaudata tecnologia Sinapsi. Si tratta di una tecnologia per nulla invasiva della privacy e che rende l’app comunque utile anche quando il 60% della popolazione non ne fa uso.

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BUON PRIMO MAGGIO GOBETTIANO

di pietro polito

Silenzio, precisione, presenza continua; una psicologia nuova si tempra a questo ritmo di vita: il senso di tolleranza e di interdipendenza ne costituisce il fondo severo; mentre la sofferenza contenuta alimenta con l’esasperazione le virtù della lotta e l’istinto della difesa politica. Quando Mussolini venne a cercare il loro applauso, questi operai dovettero guardarlo con il muto disprezzo che leggo adesso nei loro occhi. Essi sanno far rispettare le distanze.

Piero Gobetti,

Visita alla Fiat, “Il Lavoro”, Genova, 15 dicembre 1923.

 

          Le vicende di questa terribile pandemia hanno portato a un effetto inaspettato e inimmaginabile fino a qualche mese fa: rendere di nuovo visibile ciò che era diventato invisibile, anzi, dicendolo meglio senza contare la mezza messa, veniva nascosto, contrastato, deriso, vilipeso, ritenuto sorpassato, superfluo, inutile: il lavoro operaio e più in generale il cosiddetto (in maniera impropria) lavoro dipendente. Chi firma un contratto di lavoro, a tempo determinato o indeterminato, o con una azienda privata o con lo stato o con un ente di terzo settore non sottoscrive certo la rinuncia alla propria autonomia personale.

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VISITA ALLA FIAT

di piero gobetti, 1923

Mussolini e il re del Belgio han messo di moda tra i torinesi le visite alla Fiat. Ci siamo stati tanti anni vicini e il pensarvi ci dava orgoglio e sicurezza; la vita nostra cittadina se ne ispirava così direttamente che era inutile toccar con mano e ci bastava il concetto dell’industria moderna e della nuova psicologia urbana, che nella mente si accompagnava alla figura di Agnelli.

La Fiat è alla periferia estrema di Torino: ci si va con un tram che attraversa tutta la città, senza passar nel centro, sempre per vie fuori mano, che per trovarle bisogna andarci apposta.

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COME VIOLENTARE IL GRECO

di paolo fai

DUE LETTERE NON PUBBLICATE su  un articolo di Gabriele Lavia sul teatro (il Fatto quotidiano, 23 aprile 2020)

Lettera del 25 aprile:

Dalla riflessione di Gabriele Lavia sul teatro si sprigiona lo stesso fascino, la stessa malia che dal canto delle Sirene. Che ottunde, come è noto, le capacità raziocinanti.

Chi è rimasto indenne dal fluido incantatorio e ha invece letto con la necessaria lucidità le poetiche variazioni di Lavia sul tema teatro, avrà subito notato madornali sfondoni in sede filologica.

Intanto, l’accostamento di théa, ‘visione’, ‘spettacolo’, con theá, ‘dea’, e con theós, ‘dio’, è insostenibile, poiché la prima parola e le altre due derivano da radici del tutto diverse. Sono persuaso che Lavia abbia fatto la sua lettura del fenomeno teatrale inforcando gli occhiali di Heidegger (la spia, eloquente, è il riferimento ad aletheia come ‘disvelamento’ – svelamento e svelatezza, scrive Lavia – che è l’interpretazione di Heidegger di quella parola generalmente tradotta verità). Ma forse Lavia ignora che Heidegger leggeva il greco violentandolo, per farlo rientrare nelle sue categorie filosofiche, e saltando a piè pari le insidie filologiche, in cui non di rado inciampano i filosofi digiuni di filologia.

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LA TRASFORMISTA INDECENTE MA COERENTE

Emma Bonino vota per le dimissioni del Ministro della Giustizia Bonafede con un discorso al Senato davvero spudorato e ipocrita. E’ la stessa Emma Bonino, iscritta al Gruppo di Forza Italia, che nel 1994 (se non fosse intervenuto all’ultimo momento il Presidente della Repubblica Scalfaro) avrebbe votato, assieme a tutti i radicali,  Cesare Previti come ministro della Giustizia  del primo Governo Berlusconi. Questa è vera coerenza per decenni.

la lepre marzolina – mercoledì 20 maggio 2020