di vittorio coletti
Si possono capire quelli di Portofino. Desiderano intitolare le loro strade ai paperoni del mondo, in segno di gratitudine per il contributo che hanno dato alla crescita del valore immobiliare delle loro case. Basta che siano morti da almeno dieci anni e possono offrigli il nome di un caruggio, memori delle loro palanche. Ma ha fatto male il prefetto di Genova a concedere loro di intitolare una strada a Silvio Berlusconi, morto troppo fresco per salire agli onori toponomastici, visto che la legge non consente titolazioni di vie e luoghi pubblici a chi non è morto da almeno dieci anni, salvo deroga del prefetto ”per casi eccezionali, quando si tratti di persone che abbiano benemeritato della nazione” (legge 1188 del 1927). E qui sta il punto. Berlusconi ha “ben meritato della nazione” (non, si badi, di Portofino)? Alcuni milioni di italiani, che sono sicuro di rappresentare, ne dubitano e sono inclini a pensare che il Defunto abbia fatto più male che bene al nostro Paese, specie se si considera il bene che poteva fargli e che invece non gli ha fatto. Questi italiani hanno disapprovato le sue scelte politiche, hanno detestato il suo stile, lo sdoganamento della destra fascistoide, il fastidio per quella davvero liberale, l’abbassamento brutale del linguaggio politico.
È vero che, con la sua insopportabile invadenza politico-mediatica, Berlusconi ha fatto anche una cosa buona per la nazione: ha contribuito alla temporanea unione dei suoi oppositori, moderati e cattolici, laici e radicali, socialcomunisti e democristiani, che infatti, morto lui, si sono affrettati a separarsi di nuovo. Quello sì è stato un vero, l’unico miracolo, causato dall’insopportabilità del personaggio e del linguaggio da lui imposto a suon di milioni alla politica italiana. Ora, a parte che la targa dovrebbero, eventualmente, dedicargliela i nostalgici dell’Ulivo e del Pd prodiano, viene da chiedere al Prefetto: ma che bene ha fatto all’Italia Silvio Berlusconi? Vogliamo ricordare i suoi pregi? Non dubito che ne avrà avuto. Che molte persone abbiano beneficiato della sua personale generosità, e non solo le fidanzate o le olgettine, è indubbio, ma resta nella misura del privato. La nazione, la collettività che bene hanno ricevuto da lui, che l’ha divise come nessun altro? Che cosa ha donato agli italiani Silvio Berlusconi, oltre quello che loro gli hanno già pagato in milioni di euro comperando i suoi programmi televisivi e facendone uno degli uomini più ricchi del mondo? Una persona, per aver ben meritato di una nazione, non deve essere stata divisiva, invisa a una metà di essa e osannata dall’altra; se non lodata, deve essere stata almeno stimata da tutti. Questo non è stato il caso di Silvio Berlusconi. Lo si può escludere. Se Portofino vuole reclamizzare sé stessa regalando una strada a Berlusconi, con un gesto pubblicitario del quale effettivamente il deceduto è stato maestro, il Prefetto, che rappresenta lo Stato, non doveva permetterlo prima del tempo per tangibile mancanza dei requisiti di legge. Nel dubbio, poteva ripassarsi la storia italiana degli ultimi trent’anni. Forse non gli serviva nemmeno un libro. Bastava ricordarsela.
*Vittorio Coletti (Pontedassio IM, 1948).
Linguista e lessicografo. Docente di Storia della Lingua italiana, membro del consiglio direttivo dell’Accademia della Crusca, autore – tra le numerose pubblicazioni – con Francesco Sabatini di un importante Dizionario della Lingua italiana (appunto il Sabatini-Coletti).